Su Nòva del 16 marzo, l’allegato settimanale de Il Sole 24 Ore dedicato all’innovazione tecnologica, è apparso l’articolo di Giuseppe Caravita “Internet è ormai nelle cose“. L’articolo, che ha come sottotitolo “Quattro tecnologie convergono: Rfid, sensori, nanotech e wireless – Sarà una rivoluzione lunga, a patto però di regole equilibrate“, riguarda un ponderoso studio di 200
pagine rilasciato lo scorso autunno dall’International Telecommunications Union (ITU) di Ginevra dal titolo “L’internet delle cose“, cioè il trend verso l’interconnessione non solo degli esseri umani, ma di una crescente quantità di oggetti, disposivi, servizi. Si veda il sito World Summit on the Information Society.
Scrive Caravita:
‘Intorno a ogni essere umano, entro i prossimi cinquant’anni, potrebbero ruotare centinaia di cose interconnesse. Con vantaggi nella qualità della vita, sicurezza, uso dell’ambiente, sviluppo personale e collettivo. E con un ciclo di sviluppo da migliaia di miliardi di dollari. Capace di far impallidire la crescita del digitale negli scorsi decenni. Le tecnologie necessarie, secondo lo studio dell’ITU, già esistono (o sono alle viste).
[…]
Non solo: se si “incrociano” queste quattro frontiere con lo sviluppo delle reti radio wireless (che oggi servono oltre un miliardo e mezzo di abitanti del pianeta) e con la disponibilità dell’Internet protocollo versione sei (Ipv6) con i suoi innumerevoli (3,4 per 1O alla trentottesima potenza) indirizzi univoci diponibili, si ottiene un quadro d’assieme altamente suggestivo’.
Tuttavia nonostante la suggestione dell’interconnessione, il quadro delle relazioni fra cose, oggetti e persone deve misurarsi con il problemi della sensibilità sociale verso le applicazioni dell’innovazione.
‘Il problema [è] di applicazioni e di regole. Il trend è lento, per sua natura, perchè deve misurarsi con il mondo reale, con continui adattamenti, prove e errori, e miriadi di soluzioni provvisorie. Anche conflittuali. Gli Rfid diffusi, poi, hanno già portato a numerose proteste e persino rivolte in favore della privacy. Valgono i casi di una grande catena di supermercati tedeschi e persino della Benetton italiana: ambedue hanno dovuto cancellare progetti di inserimento dei chip nei beni di consumo. Essenziale, secondo l’ITU, trovare una legislazione di giusto equilibrio.’
Una legislazione che, però, deve essere sostenuta da nuovi princìpi:
‘La chiave, per i ricercatori dell’ITU, sta nella concezione della nuova fase come di un “ecosistema umanocentrico”, governato e puntato sulla persona e sui suoi reali bisogni. Già negli scorsi decenni il successo delle due maggiori tecnologie digitali, i personal computer e il cellulare, testimonia di questo approccio, che ha generato da sè accettazione sociale, regole condivise e auto-formazione’.
Nel Blog Kata Gene: altri articoli sulla Radio Frequency Identification.
In questa Rassegna: l’item dello scorso 2 marzo, che riporta anche un’intervista a Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità italiana Garante della privacy, e quelli dell’11 settembre 2005, del 18 novembre 2004 e del 30 maggio 2004.