‘Ci insegna McLuhan, difficilmente la tecnoÂlogia risulta neutra’
Nell’articolo apparso su Il Riformista dell’1 novembre “VeriChip: ecco l’uomo con etichetta incorporata” a firma Mattia Miani, da cui è stato tratto un brano come incipit di questo item della Rassegna, viene descritta l’applicazione di una tecnologia baÂsata su un sistema simile alle etichette Rfid (Radio Frequency Identification).
Al di là dei dettagli tecnici sul nuovo marchingegno, dalle dimensioni di un seme di riso che può essere inserito nel corpo umano con una iniezione sottocutanea e permette di identificare entro uno spazio limitato il codice del portatore, vorrei mettere in rilievo la preoccupazione di Miani per i possibili impieghi dei VeriChips (così si chiamano i microchips prodotti da un’azienda della Florida e recentemente approvati dalla Food and Drug Administration).
Infatti, se è vero che le applicazioni attuali sono innocue (impiego in un club vacanze) o utili in campo medico (di qui l’approvazione della FDA), in prospettiva:
‘qualche problemino con una trovata come questa c’è. Pensiamoci per un momento: un tag del genere è difficilmente indiÂviduabile e quasi impossibile da rimuovere. Probabilmente il prosÂsimo passo sarà utilizzarlo per la popolazione carceraria. Di lì ad impiantarlo anche a soldati, sportivi e dipendenti pubblici il pasÂsaggio sarebbe breve. In realtà, sistemi come i VeriÂChips sono di tipo passivo e non possono essere usati per tracciare il movimento di una persona via saÂtellite. Un po’ come accade anche con la maggior parte delle tecnoloÂgie Rfid che possono essere lette solo da appositi apparecchi e solo entro un perimetro limitato. AncoÂra una volta, però, bisogna stare alÂl’erta sugli immediati sviluppi’.
RFID – Identificazione automatica a radiofrequenza: impatto sulla privacy.
Nel Blog Kata Gene: altri articoli sulla Radio Frequency Identification.