RFID: uno studio italiano
Immagine da: Roy Want, Enabling Ubiquitous Sensing with RFID, IEEE Computer, April 2004
Si è tenuto recentemente a Firenze il convegno sui rischi della conservazione dei dati in era elettronica, già segnalato in un'altra rubrica del sito della Fondazione Bassetti.
In quest'occasione un'interessante rassegna delle applicazioni della telelocalizzazione è stata presentata dall'Ing. Gianni Bianchini, ricercatore universitario in Automatica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Siena.
Dato l'interesse dell'argomento e la tempestività dello studio, abbiamo concordato con l'autore di pubblicare i materiali presentati a Firenze sul nostro sito.
Potete leggere qui lo studio: "RFID. Identificazione automatica a radiofrequenza: impatto sulla privacy" di Gianni Bianchini e potete scaricarne qui una versione stampabile in formato PDF.
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RFID: l'EPC ("Electronic Product Code")
Sulle etichette a radiofrequenza la rivista Internet News ha pubblicato nel Giugno 2003 un esauriente articolo di Moreno Soppelsa che, tra l'altro, contiene un diagramma (copyright Xplane.com) che mostra tutti i possibili utilizzi di un'etichetta a radiofrequenza all'interno di un negozio al dettaglio.
(cliccare sull'immagine per visualizzarla ingrandita)
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Non voglio essere marchiato
Il filone aperto in questa rubrica sull'argomento della teleidentificazione ha già evidenziato come siano giustificate alcune preoccupazioni per la privacy. Tuttavia queste preoccupazioni non sarebbero più significative qualora fosse certa la delimitazione dell'ambito di uso dei radiochip (es.: "OK per il negozio, ma devi garantirmi che fuori viene spento" oppure "Tu non lo spengi ma mi dici dov'è ed io lo posso staccare dal prodotto").
Purtroppo uno dei primi esperimenti di adozione delle microetichette RFID nella grande distribuzione, quello della Gillette, ha creato un polverone e addirittura innescato una campagna di boicottaggio.
La gaffe della Gillette, che aveva annunciato l'acquisto di mezzo miliardo di microetichette, è consistita nello sperimentare dal vivo una discutibile applicazione di antifurto in cui ogni cliente che prendeva dallo scaffale un rasoio veniva a sua insaputa fotografato; al passaggio della cassa la foto veniva poi mostrata alla cassiera, che poteva quindi accorgersi se il prodotto veniva presentato per il pagamento oppure no.
Lo slogan della campagna anti-Gillette è stato "Piuttosto mi faccio crescere la barba" (I would rather grow a beard.).
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RFID: quali timori per la privacy?
I timori si appuntano, in particolare, sulla possibilità che questi dispositivi non si disattivino in modo automatico (o quasi) una volta che il cliente lasci il perimetro del negozio --come invece viene dichiarato dalle aziende che li producono. In tal caso, essi consentirebbero di tenere traccia degli spostamenti della persona, soprattutto se quest'ultima avesse utilizzato per l'acquisto una carta di credito o uno strumento analogo, che permetta di associare le informazioni identificative del singolo oggetto etichettato col radiochip a una persona determinata.
A me sembra che l'allarme per la privacy non dovrebbe più di tanto essere legato al fatto che si possa venire a sapere che cosa è stato acquistato da una certa persona, perchè il problema è analogo a quello che si pone in innumerevoli altri casi già presi in esame in diverse sedi: a partire dalla carta di credito stessa-- anche uno scontrino o un codice a barre lo permetterebbero.
Pertanto è senza alcun falso pudore che la VISA ha reso noto di volere servirsi dell'identificativo RFID come carta di credito.
Un problema di riservatezza che mi pare invece più consistente emerge in quella conseguenza dell'utilizzo dei radiochip che già fa intendere Bartoli col titolo del suo primo post in argomento: Sapranno dove sei. Infatti un radiochip è un tracciatore di un preciso prodotto che se associato a una determinata persona diviene tracciatore di quel ben preciso individuo, dei suoi spostamenti. Per associarlo a dati identificativi basta che il prodotto al quale esso è associato venga acquistato con un mezzo che implichi l'utilizzo di dati personali: per esempio una carta di credito o un bancomat.
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Timori da RFID
Una volta letti gli articoli su Punto Informatico e l'efficace sintesi su Quinto Stato, mi chiedo: ma cos'è esattamente che preoccupa?
In altre parole: che cos'è che ha di davvero diverso un'etichetta con l'RFID rispetto a una con soltanto un normale codice a barre?
Non è un interrogativo banale, perché non basta elencare le differenze tra l'RFID e il codice a barre per innescare immediatamente preoccupazioni di violazione della privacy.
Sembra quasi, cioè, che dietro all'allarme suscitato dall'RFID vi sia una sua applicazione non detta (o non detta con precisione), o una sua modalità d'uso non chiarita, o qualcos'altro che motiverebbe l'allarme delle associazioni di consumatori.
Per focalizzare la discussione, ho pensato di partire dal sito del Garante della privacy italiano. Infatti su di esso c'è un riferimento preciso: è il testo trascritto qui sotto (cliccare su "Leggi il resto di").
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Ancora RFID: la visione tecnologica
Continuiamo la discussione sulla teleidentificazione a radiofrequenza avviata nella nota Sapranno dove sei, per vederne gli aspetti positivi.
Il guru per eccellenza delle nuove tecnologie, Esther Dyson, sta dedicando molta attenzione all'argomento RFID nel suo nuovo blog personale e nella sua newsletter, sostenendo che si è raggiunta già la massa critica per avviare usi concreti.
Già da anni è operante un consorzio, l'Auto-ID Center formato da cinque università di quattro continenti guidate dall'MIT e da un centinaio di imprese multinazionali.
Obiettivo di tale consorzio è "progettare, costruire, testare e diffondere un'infrastruttura globale, come strato al di sopra dell'Internet, che renda possibile ai computer l'identificazione di qualunque oggetto in qualunque luogo del mondo istantaneamente."
La visione è centrata su una rivoluzione logistica: fine delle verifiche di inventario, fine delle spedizioni perdute o errate, fine delle stime imprecise dei materiali sulla catena di fornitura, fine delle stime di quanto materiale è sugli scaffali di un punto vendita.
Possiamo immaginare supermercati senza cassiere in cui il computer della cassa analizza a distanza il contenuto del carrello e si fa pagare con la strisciata del Bancomat, oppure scaffali intelligenti che sanno da soli quando si stanno svuotando ed emettono l'ordine per il fornitore, realizzando il perfetto just-in-time.
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Sapranno dove sei
Una famiglia va al supermercato e compra, fra l'altro, un rasoio Gillette Mach3.
Qualche giorno dopo, un membro maschile della famiglia ha il rasoio in valigia durante un viaggio che non richiede biglietto personale: es. treno o autostrada.
Nonostante la natura anonima dell'acquisto o del viaggio, quando costui passa in stazione o al casello, un dispositivo invisibile può informare la polizia di chi è e di dove si è recato.
Traduzione: addio privacy.
È una conseguenza già concretamente possibile dei nuovi utilizzi della tecnologia di RFID, ovvero l'identificazione a radiofrequenza, alla quale l'autorevole rivista IEEE Spectrum ha dedicato un approfondito articolo (Luglio 2003).
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Blog ospitato nel sito della Fondazione Giannino Bassetti