(Testo dell’intervento di Piero Bassetti pubblicato su Il Corriere della Sera del 13 novembre — grassetti miei)
‘Nell’articolo “Ma i focus group non sono istituzioni” [vedi item Rassegna stampa precedente Dalla democrazia di Pericle ai “sondaggi deliberativi”], Renato Mannheimer critica le nuove forme di democrazia deliberativa e in particolare quella dei ‘deliberative polls’ proposta da James Fishkin (Corriere della Sera, 7 novembre).
Vi è tuttavia un certo equivoco – probabilmente anche da parte dello stesso Fishkin – nel ritenere che l’impatto più significativo di tali modalità sia sul merito delle decisioni. Ovvero che le forme di democrazia deliberativa portino seriamente a decisioni più giuste poiché praticate da cittadini più informati. L’importanza e la legittimazione di tutte le forme democratiche risiede però – piaccia o non piaccia – a livello procedurale; ciò che conta non è tanto prendere la decisione migliore, ma prenderla secondo una procedura che tutti, compreso chi dissente dalla decisione presa, riconosce come legittima. E questo è anche il senso di altre iniziative in materia di democrazia deliberativa che sono emerse negli ultimi anni.
Si prendano ad esempio i sempre più numerosi temi di rilievo pubblico emergenti in materia di ricerca scientifica e innovazione tecnologica. Su questi temi, per varie ragioni, i cittadini ormai non si sentono sufficientemente rappresentati dai tradizionali processi che legano esperti scientifici e decisori politici. Tanto che in alcune situazioni hanno deciso di occupare il centro della scena: è il caso delle associazioni di pazienti che in Francia non solo raccolgono fondi per la ricerca, ma reclutano ricercatori e ne definiscono le priorità. Per intercettare questa domanda di coinvolgimento, sono nate in vari Paesi numerose iniziative che discendono più o meno direttamente dal modello danese della consensus conference: un gruppo di cittadini, sentiti una serie di esperti tali da rappresentare diverse posizioni, formula le proprie raccomandazioni in vista di una decisione politica. In vari Paesi questi modelli hanno consentito di superare o prevenire conflitti in materia di innovazione che avrebbero altrimenti rischiato di paralizzare l’agenda pubblica. La Regione Lombardia, in ottemperanza ad una Direttiva Ue riguardante gli Ogm, si accinge a sperimentarli in collaborazione con la nostra Fondazione. [ndr: si veda, in questo sito, il Call for Comments intitolato “Partecipazione pubblica e governance dell’innovazione“] Si tratta naturalmente di esperienze ancora agli inizi e con inevitabili limiti, alcuni del tutto simili a quelli giustamente evidenziati da Mannheimer per i ‘deliberative polls‘. Ma questo non rende meno reale il problema a cui tentano di rispondere: l’esigenza, soprattutto sui nuovi e profondi dilemmi posti dalla scienza, di trovare nuove procedure di decisione politiche che possano essere riconosciute dai cittadini come adeguate, accettabili e trasparenti.
– Piero Bassetti, Presidente Fondazione Giannino Bassetti – ‘
In argomento, si vedano, in questa Rassegna, anche in post precedenti (molti dei quali contengono citazioni al “metodo Fishkin”)”:
- Dalla democrazia di Pericle ai “sondaggi deliberativi”
- Per una maggior democrazia della scienza ?
- Democrazia deliberativa: Bosetti, Amato, Enzensberger, Lehmann
- Coinvolgere i non esperti?
- Scienza e tecnica : scissione o integrazione?
- Democrazia e sondaggi. Il “metodo Fishkin”
- Una “Camera Alta” per la responsabilità della scienza. La proposta di Veronesi e le osservazioni di Bassetti
- Piero Bassetti, servono regole per gestire il rischio