Possibili connessioni fra tesi di Giuseppe O. Longo e item del sito della Fondazione Bassetti

--- Documento di lavoro, 31 luglio 2002 ---


Sommario
A) Connessioni (generiche) fra tesi di Longo e item del sito FGB
B) Con riferimento al saggio "Tecnoscienza e globalizzazione":  connessioni
C) Ancora con riferimento al saggio "Tecnoscienza e globalizzazione": qualche appunto


A)
Connessioni (generiche) tra tesi di Longo e item del sito FGB

Nel sito della FGB, Giuseppe Longo venne citato per la prima volta il 4 novembre 2000, con riferimento ad un convegno che si tenne in quel periodo a Venezia, intitolato "Il futuro: previsione, pronostico e profezia" e organizzato dall'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Nel sito della FGB, le tesi sostenute da coloro che intervennero al convegno furono poste in relazione con la seguente frase di Galimberti:

«E' la tecnica a dischiudere lo scenario dell'imprevedibilità, imputabile, non come quella antica, a un difetto di conoscenza, ma a un eccesso del nostro potere di 'fare' enormemente maggiore del nostro potere di 'prevedere'». (U. Galimberti, Psiche e techne, Feltrinelli, 1999)

Tale item del 2000 venne riproposto nel novembre 2001. Cliccando nell'immagine sottostante si visualizza un estratto di quella che, allora, era la pagina d'ingresso al sito, dalla quale è possibile raggiungere anche i riferimenti a Galimberti (nell'immagine qui sotto, il punto in cui viene citato Longo è stato  evidenziato col cerchio rosso):

longo.jpg (257855 byte)

Del convegno intitolato "Il futuro: previsione, pronostico e profezia" parlò anche Francesco Dalmas su Avvenire del 19 ottobre 2000. Ecco il testo dell'articolo (Longo è in grassetto):

FRANCESCO DALMAS
MA IL FUTURO NON È DI MAGHI E COMPUTER

Fra pronostico e profezia: da oggi studiosi a confronto a Venezia
Scienziati, economisti ma anche teologi: ci si interroga su quello che accadrà e sulle possibilità di stabilirlo prima
Il massmediologo Longo: gli strumenti di previsione si sono evoluti poco
E' possibile navigare nel futuro? Certo che sì.
Imbarchiamoci su una macchina volante, e via. "Da Verne a Robida, da Graffigny a Grifoni, da Salgari a Yambo, la letteratura avventurosa del secolo del positivismo, da quella utopica a quella umoristica, offre esempi affascinanti e suggestivi di tutte la possibili variazioni sul tema - stimola la fantasia Paola Pallottino, dell'università di Macerata - dai promettenti nomi di Albatros, Sparviero, Croce del Sud, Fraccia, Gipaeto". Ma se restiamo con i piedi per terra, dobbiamo affidarci, magari, al calcolatore. E allora sono guai. O, per lo meno, tanta incertezza.
Perché i risultati di questo viaggio nel futuro sono talvolta deludenti, si fermano anzitempo, oppure arrivano a conclusioni che non avremmo mai immaginato. Il motivo? Cercheranno di stabilirlo gli studiosi che da quest'oggi s'interrogheranno su "Il futuro: previsione, pronostico e profezia", che l'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti tiene a Venezia. L'uomo ha cercato in ogni tempo di oltrepassare i limiti del presente. Nel campo delle scienze l'ha fatto dando larga fiducia alle previsioni basate sui modelli matematici di tipo predittivo. Il risultato? Tante di queste previsioni - dirà al convegno il presidente dell'istituto, Bruno Zanettin si sono rivelate poco affidabili. Il motivo? "Piccolissime imprecisioni sui dati concernenti la situazioni si traducono ben presto in inaccettabili incertezze sulla situazione futura". Aumenteranno le possibilità con i grandi elaboratori elettronici?
Crescerà la capacità - farà capire Antonio Lepsky, docente di controlli automatici all'Università di Padova - di prevedere gli effetti di certe azioni, in modo da facilitare la scelta di quella più conveniente. Per cercare di stabilire i "limiti dello sviluppo", ci si è serviti di modelli matematici che sono stati tarati su come sono andate le cose dal 1900 al 1970. Le previsioni hanno dato luogo a più di qualche perplessità, ciò non di meno - precisa Lepsky -i modelli adoperati, nel caso specifico quelli della System Dynamics di Jay Forrester, "si sono dimostrati utili perché hanno messo in evidenza la possibilità che certe politiche, scelte intuitivamente in base ai loro effetti immediati, si rivelino, nei tempi lunghi, controproducenti appunto per il carattere antiintuitivo del comportamento dei sistemi complessi". La capacità di intervenire è elevata, scarsa, invece, è quella di prevedere. Conferma Giuseppe Longo, docente di teoria dell'informazione all'università di Trieste: "Gli strumenti di previsione si sono evoluti meno degli strumenti di intervento, quindi siamo costretti a prendere decisioni poco informate che possono trasformare l'uomo ed il mondo in maniera irreversibile".
La consapevolezza di tutto questo rende drammatica, secondo Longo, la nozione di responsabilità verso coloro che non prendono parte alle decisioni: le popolazioni del terzo mondo, gli ampi strati esclusi dei paesi progrediti, le generazioni future. "La programmazione finalistica che anima lo sviluppo tecnico si scontra con la complessità ingovernabile del mondo, conferendo all'evoluzione biotecnologica una forte dose di aleatorietà". E che cosa accade nell'evoluzione economica? "L'economia sta di nuovo assumendo nei confronti del futuro un atteggiamento meno meccanico e più qualitativo - risponde Ignazio Musu, dell'università Ca' Foscari di Venezia -. Essa torna a guardare al futuro con una prospettiva di lungo periodo e si pone in un contesto nuovo gli stessi grandi problemi dei classici sul ruolo del progresso tecnologico nella sostenibilità e nella qualità dello sviluppo". Una novità, secondo Musu, è la maggiore attenzione al ruolo del disegno delle istituzioni economiche necessarie per fare del futuro una occasione di crescita di valori per le società e le persone che vi vivono. In questa navigazione, però, bisogna fare i conti anche con le nuove nozioni di tempo. Che, per aspetti, sembra essere quello delle "macchine volanti". "Il tempo quotidiano si fa multiplo e discontinuo - sottolinea Alberto Melucci, ordinario di Sociologia dei processi culturali all'Università di Milano -, perché implica il passaggio da un universo all'altro dell'esperienza: dall'una all'altra rete di appartenenza, dal linguaggio e dai codici di un certo territorio a spazi sociale semanticamente ed affettivamente distanti da esso".
Il tempo, dunque, sta perdendo la sua uniformità. Incombe pertanto, secondo Melucci, "il destino della scelta, la responsabilità umana sul futuro, fino a ridefinire il concetto stesso di previsione". Al futuro, d'altro canto, si svolge anche l'esperienza religiosa, in una prospettiva escatologica. Ma immaginare la fine, quando il mondo continua a proseguire nel suo corso, è operazione contraddistinta, per definizione, da una forte nota di provvisorietà ed ambiguità, mette subito le mani avanti Piero Stefani, dell'Istituto di studi ecumenici San Bernardino, di Venezia. "E', quindi, lecito affermare che tutte le figure si possono rovesciare nel loro contrario", aggiunge Stefani che al convegno proporrà le immagini della fine nell'escatologia cristiana, due in particolare, il libro e la tromba. "Il libro tenuto in mano dall'ultimo giudice può significare condanna, ma nella forma del libro della vita, esso rappresenta la definitiva salvezza. Le stesse trombe del giudizio non sono affatto solo tali: indicano anche la definitiva vittoria di Dio sull'ultimo nemico, la morte. L'ambivalenza maggiore la si ha dunque - secondo Stefani - a proposito della stessa risurrezione dei morti: l'apocalittica la considera una semplice precondizione per venire poi definitivamente giudicati, mentre il primitivo annuncio evangelico la giudica conrisorgere con Cristo facendola coincidere con la salvezza".

Le tesi di Longo su quelle che potremmo definire (anche se un po' sbrigativamente) come "tecnologie dell'artificiale" potrebbero inoltre essere poste in relazione con quelle di Bill Joy ( * ) e con quelle di Michael Dertouzos ( ** ).

Riferimento

right.gif (841 byte)I libri di Longo (su Internet Bookshop)

Di Longo potrebbero essere citati a riguardo numerosi saggi e libri. Qui ci limitiamo a fare riferimento a due recenti articoli di cui alla Rassegna stampa qui pubblicata di recente e intitolata "Post Human". Una rassegna di suoi articoli, a cura di Vittorio Bertolini, è inoltre presente sul Sito Web Italiano per la Filosofia.

Riferimenti

right.gif (841 byte)Bill Joy:
Scheda biografica sul sito della Sun
• "Why the future doesn't need us" (Wired, April 2000)

right.gif (841 byte)Michael Dertouzos:
• "Addio a Michael Dertouzos, saggio del Web" (sul sito di Mediamente)
• "La rivoluzione incompiuta", l'ultimo suo libro (sul sito della Apogeo)
• "L'informatica antropocentrica del tecnologo umanista", articolo di Bernardo Parrella sul sito "Incontrisulpianeta"

Richiami a Dertouzos e a Joy sono apparsi in questo sito in più occasioni: si faccia riferimento alle News del 23 luglio 2000 dell'8 settembre e del 9 ottobre 2001.

(*) Bill Joy è direttore della ricerca e vicepresidente della Sun Microsystems, che fondò insieme a Scott McNealy . Nel suo lungo articolo, di notevole impatto, intitolato "Why the future doesn't need us" (scritto per Wired, pubblicato nell'aprile 2000 e ripubblicato per estratti su diversi giornali) ha affrontato l'argomento dei rischi per l'uomo conseguenti allo smisurato sviluppo (per esempio, le caratteristiche di autopropagazione e autoriproduzione) della robotica, dell'ingegneria genetica e delle nanotecnologie.
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(**) Michael Dertouzos dal 1974 fino alla scomparsa (agosto 2001) è stato direttore del Laboratory for Computer Science del MIT. Inseguiva una visione precisa: la materializzazione dell'informatica antropocentrica, di un'informatica che si adatti agli esseri umani. Il suo punto di vista era divergente, se non opposto, rispetto a quello che Bill Joy ha espresso nell'articolo citato nella nota precedente. Sosteneva, infatti, che anche le più fosche previsioni sono frutto della stessa presunzione che ci conduce a credere di poter dominare il corso degli eventi, o di poterlo correggere affidandoci esclusivamente a valutazioni di ordine razionale.
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B)
Con riferimento al saggio "Tecnoscienza e globalizzazione": connessioni

Con specifico riferimento al saggio di Longo intitolato "Tecnoscienza e globalizzazione" (pubblicato su Nuova Civiltà delle Macchine, n. 2/2001) potrebbero essere rilevate le seguenti connessioni.

1. Con tesi di Galimberti (nesso già visto all'inizio di questo documento), per esempio quando Longo dice che:

«... per le limitazioni della nostra razionalità computante, i calcoli, le previsioni e le simulazioni che sostengono il finalismo cosciente possono illuminare gli scenari del futuro solo per breve tratto di tempo, mentre gli effetti delle decisioni possono essere durevoli e irreversibili.»

e che:

«La nostra capacità di agire, inducendo cambiamenti durevoli e talora irreversibili, è ormai molto più sviluppata della capacità di prevedere gli effetti dei nostri interventi.»

2. Con tesi esposta da Schmidt di Friedberg nello scritto "Spunti per un dibattito sull'innovazione":

Longo:

«Ecco perché la tecnologia è il destino dell'uomo, ecco perché l'uomo deve intervenire sul mondo e non può limitarsi a contemplarlo con la tranquilla neutralità degli altri animali.»

Le idee di Schmidt possono essere sintetizzate nel seguente schema:

3. Col recente Argomento qui intitolato "Post Human" (si veda l'item nella sezione Argomenti e, ivi, in particolare l'articolo "Post umani come angeli", di Andrea Lavazza, su Avvenire del 13 luglio 2002):

Longo:

«L’adattamento dell’uomo all’ambiente è imperfetto: l’uomo (con la sua inseparabile tecnologia) è una creatura in difetto, la sua attrezzatura mentale ne fa un essere più del desiderio che della necessità: immerso solo per metà nel contesto naturale, anela con l’altra metà a staccarsene e a spiccare il volo. Il disadattamento tra uomo e ambiente riflette quello già presente all’interno dell’uomo.»

Introduzione all'argomento "Post Human":

«L'anelito dell'uomo a superare quella che ha da sempre percepito come una propria incompletezza è tipico delle più profonde e fertili autorappresentazioni che egli ha della propria esistenza. "Post human" è una riflessione sulle trasformazioni a cui questo modello di esistenza va incontro.»

4. Col Workshop dell'Alz del '99 (si veda il verbale del workshop), quando Longo parla dei processi cognitivi umani: "conoscenza del corpo" e "conoscenza della mente":

Longo:

«... nell'era della lettura non basta leggere il manuale per imparare a usare un computer o un videoregistratore, anzi quasi nessuno parte dal manuale: di solito parte da un contatto diretto con lo strumento e da una serie di tentativi di cui si osservano gli esiti, scartando quelli negativi e rinforzando quelli positivi.»

Antonio De Maio, in Workshop dell'Alz:

«A mio avviso, alcune innovazioni tecnologiche stanno modificando radicalmente le modalità dei processi cognitivi umani. Gli adolescenti, per esempio, non leggono mai le istruzioni sul funzionamento di un apparecchio, ma provano immediatamente a farlo funzionare. E anche se ci riescono, non apprendono mai la totalità delle funzioni, ma si limitano a usarlo come gli è stato suggerito. Scompare così la capacità di criticare l'innovazione e le nuove tecnologie.»

5. Infine, con le tesi di Bateson:

Longo, nel saggio a cui stiamo facendo riferimento, cita Bateson in due occasioni, oltre che in Bibliografia. Nel sito della FGB, richiami a Bateson sono presenti in un item delle News del 21 luglio 2000 e in un item delle News del 7 settembre 2000:


C)
Ancora con riferimento al saggio "Tecnoscienza e globalizzazione":
qualche appunto

La tesi di Longo:

«Poiché, comunque, la tecnologia è il destino dell'uomo, più saggia e realistica appare la posizione di quanti invocano, pur con toni, motivazioni e ricette diverse, la necessità di un rallentamento della corsa tecnologica, senza tuttavia pretendere di interromperla.» (Longo)

«Bisogna accettare l'incertezza intrinseca del nostro rapporto col mondo e vivere nello stretto margine tra la rigidità e il caos, altrimenti il giudizio sulla tecnoscienza oscilla sterilmente tra perfezione e fallimento.» (Longo)

E' necessario spezzare la «preminenza assoluta della razionalità progettuale, dell'arbitrarietà finalistica» (peraltro in mano a pochi: v. qui oltre) respingendo le tentazioni della finalità consapevole e lineare (da porre in relazione con critica della finalità cosciente di Bateson)

Nuclei tematici presenti nel suo saggio e ricorrenti anche in altri suoi scritti (ricordiamo che è possibile leggere, sul Sito Web Italiano per la Filosofia, una rassegna di articoli a cura di Vittorio Bertolini):

«(...) la caduta dei confini mette a disposizione di ciascun processo non la scarsa energia ricavabile da una regione limitata, ma quella enorme prodotta dal globo intero. E i fenomeni vincenti, quelli che soppiantano gli altri e trionfano, diventano sempre più intensi e possono portare alla catastrofe.»

«Per effetto della globalizzazione, i fenomeni pericolosi si propagano con enorme rapidità e in aree sempre più vaste (mucca pazza, afta, aids...) invadendo le zone di rifugio.»

«Talora non bastano neanche gli strumenti dell'homo technologicus: la globalizzazione, l'accelerazione e la natura non lineare delle conseguenze dei costrutti e dei processi artificiali situano a volte i pericoli in un futuro inaccessibile anche alle tecniche di previsione più raffinate»

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