Tra l’1 e il 6 settembre 2011, presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, si è svolto il prestigioso convegno di Filosofia Analitica ECAP7 (Seventh European Congress of Analytic Philosophy).
Nel programma era inserita la lecture annuale della Fondazione Giannino Bassetti, quest’anno affidata al pensiero di Dan Sperber.
Anche per questo motivo nel giorno inaugurale del convegno, Piero Bassetti ha dato un saluto ai partecipanti.
Per l’evento abbiamo già pubblicato diverso materiale relativo al pensiero di Dan Sperber:
– presentazione del programma di ECAP7
– una introduzione al pensiero di Dan Sperber (anche in inglese)
– un articolo di Angela Simone (anche in inglese)
– l’intervista di Margherita Fronte a Dan Sperber
– le fotografie dell’evento (in Flickr)
Dell’ECAP7, inoltre, abbiamo evidenziato il workshop “Ethics, Human Enhancement and Genetics” del quale abbiamo fatto presentazione e di cui presto pubblicheremo fotografie e video.
A seguire i video della lecture di Dan Sperber, titolata “The deconstruction of social unreality” e il testo dei saluti di Piero Bassetti ai partecipanti al convegno ECAP7.
The deconstruction of social unreality
lecture by Dan Sperber
I saluti di Piero Bassetti al convegno ECAP7
(…)
La Fondazione Bassetti, organizzazione non-profit, nuota da molti anni in quello che, credo, è il vostro stesso mare: è nata per promuovere la responsabilità dell’innovazione, onorando il ricordo dell’imprenditore da cui prende il nome e valorizzando la consapevolezza, che fu sua, del contesto morale nel quale si compiono le scelte imprenditoriali: «To innovate is to have a special kind of power and, in an ideal world, power goes hand in hand with responsibility».
Lungo quello che può sembrare (ed è stato definito da chi ha voluto osservare la Fondazione) un percorso «originale ed eretico» (Bucchi, originalità e eresia della Fondazione Giannino Bassetti) registriamo ormai l’allargamento della platea sensibile al tema; abbiamo scoperto che sull’isola ci sono altri, come documenta il recente convegno internazionale – finanziato dal governo olandese – intitolato proprio Responsible Innovation Conference.
Strada facendo abbiamo constatato che entrambe le problematiche – la responsabilità, l’innovazione – sono sature di implicazioni che non esiterei a riportare alle frontiere, continuamente mobili, della vostra disciplina.
Cito alcuni temi che ci sono cari per affrontare i quali, di recente, abbiamo sentito l’esigenza di attingere alla strumentazione concettuale dei filosofi, grazie alla collaborazione con l’istituzione che ospita il Congresso e con il Professor Michele Di Francesco, che intendo ringraziare per averci coinvolto: la riflessione sulla natura del potere come atto di decisione, la natura della conoscenza dei sistemi complessi e il decision making in regime di rischio.
Dunque, da un lato il vostro Congresso ci fornisce l’occasione per contribuire al felice sviluppo di un evento importante: eccoci promuovere la lecture che il professor Dan Sperber terrà sabato 3 settembre, sul tema The deconstruction of social unreality.
Guardiamo a Sperber per il suo percorso di studio dei rapporti tra individuo e società (spazio entro il quale, riteniamo, si esercita la categoria di responsabilità) e per il cimento nel coniugare filosofia e scienze sociali; dall’altro lato, la speranza è che le risultanze del Congresso aiutino la Fondazione a servire con più consapevolezza (e quindi con maggiore nitidezza ed efficacia) la propria mission: coinvolgere cultura, scienza, potere su un terreno comune il cui fine è apprendere come vivere in modo più responsabile.
L’articolo 2 del nostro statuto, che mi permetto di citarvi, spiega infatti che la Fondazione Bassetti intende «contribuire a rendere consapevoli delle conseguenze e responsabili del proprio ruolo tutti gli attori che, a vario titolo, partecipano a decisioni innovative, sia in campo imprenditoriale, che tecnologico o scientifico».
Permettetemi di porre l’accento sulla convinzione che, se responsabilizzare l’innovazione significa, di fatto, riproporre il tema del potere, allora occorre rivolgersi alla filosofia, perchè essa ha gli strumenti per maneggiare gli atteggiamenti intenzionali, «il pensare per fini e non per leggi fisiche».
Sappiamo infatti che l’uso congiunto della conoscenza e del potere di inverarla cambia la storia. Ma quando gli uomini sanno e possono di più, subito si scatena la lotta per stabilire verso quali fini il supplemento di potere così acquisito debba essere utilizzato. È pericoloso non preoccuparsi di come l’innovazione è oggi creata e finalizzata. Chi la indirizza? Chi la gestisce? Chi ne ha la responsabilità?
Io credo che la politica sia l’esercizio della consapevolezza escatologica – finalistica – di una società; ma so che non basta.
Penso dunque alle attinenze della nostra mission con il percorso filosofico e storico riassunto in un libro di Salvatore Veca: da Weber, nei due famosi testi su scienza e politica come vocazione, «in cui si distingue tra l’etica della responsabilità, che considera le conseguenze, e l’etica della convinzione, che ne prescinde»; al Principio Responsabilità di Hans Jonas, che propone un’etica per l’età della tecnologia; al Principio Speranza di Bloch, e oltre, fino a Nozick (Spiegazioni filosofiche), secondo il quale l’attuale dominio delle scienze porta al risultato paradossale di una immagine rimpicciolita dell’uomo, «trastullo patetico e meschino di forze sottratte al suo controllo» che «… non lascia spazio nemmeno ai creatori della scienza stessa».
Non è necessario – e del resto ne parlerete in queste sei giornate – che insista su quanto le tecnoscienze sfidino il pensiero dei nostri contemporanei. Voglio invece concludere tornando ai fini e citando, in luogo di un filosofo, l’astronomo reale di Cambridge nonchè ex presidente della Royal Academy, Martin Rees: «la prospettiva cosmica dell’astronomo, misurata in bilioni di anni, non mi allontana affatto dai problemi di oggi. Al contrario, mi rende ancor più consapevole del fatto che certe decisioni che prendiamo oggi influenzeranno la vita futura dell’intero pianeta. Occorrerebbe uno sguardo lungo (…) Il ruolo dello scienziato è difficile, ma mi creda, oggi è infinitamente più difficile quello del politico».
Sono certo che momenti di confronto internazionale come quello che stiamo inaugurando siano insostibuili per affrontare problemi così vasti alla giusta altezza.
(…)
(lo stesso documento si trova anche pubblicato nel nostro account in Issuu, completo di riferimenti bibliografici. Vedi qui sotto.)
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(Foto: Dan Sperber di tomcorsan dall’account FGB in Flickr)