Nei precedenti item di questa Rassegna dedicati alla creatività (vedi “Il valore della creazione“, “Una biologia per la creatività” e “Il genio creativo soffocato in azienda“) si è accennato a come la creatività possa anche essere il risultato di un sistema di relazioni sociali adeguato. Questa tesi viene svolta in due articoli di Richard Florida “Ecco come muta la geografia dei talenti” e di Salvo Mizzi “Come rifondare la cultura del prodotto” sul Sole 24 Ore del 1° dicembre.
In particolare Florida si sofferma sul fatto che l’innovazione e la creatività si concentrano in particolari luoghi:
‘Con l’aiuto di Tim Golden, geografo dell’Università del Maryland a College Park, ho rilevato come l’enorme numero di brevetti che esiste su scala mondiale di fatto venga alla luce in poche dozzine fra città, regioni e località: Tokyo, San Francisco, Berlino, Parigi, New York e Taipei’.
Questa concentrazione di talenti:
‘sono secoli che si avvera, da Atene a New York, alcune città si sono storicamente trasformate in crogioli dell’innovazione. Fondamentali sono le forze sociali ed economiche che incanalano questo flusso: quando i talenti confluiscono in una collettività, la loro forza creativa non è più un semplice insieme di forze individuali, ma trae impulso produttivo dalla loro interazione’.
Da notare anche le condizioni sociali che consentono l’afflusso e l’insediamento di talenti creativi:
‘I ricercatori hanno riscontrato una correlazione molto marcata da un lato tra l’apertura di una città agli immigrati, l’assenza di segregazione razziale e etnica, l’accettazione della popolazione omosessuale, l’entusiasmo per gli artisti e dall’altro la sua capacità di attrarre gruppi, che siano ricettacolo di creatività tecnologica e scientifica, al fine di trasformare il tutto in una tangibile ricchezza economica. Una recente statistica della Gallup conferma che i rappresentati di ogni gruppo razziale e sciale apprezzano le città che sono aperte e tolleranti alle diverse fasce di popolazione. Oltre al lavoro e alle entrate pecuniarie, gli abitanti si aspettano altre cose meno tangibili come l’estetica urbana in legame col luogo e l’esposizione a idee nuove’.
Per Mizzi, occorre superare una concezione che vede la creatività come correlata quasi a un genius loci, o come un prodotto della causalità:
‘La Serendipity, oltre che piacevolissima e affascinante, è una delle pietre angolari su cui è costruita la nostra sensibilità contemporanea verso la scoperta, la creazione, l’innovazione sia tecnologia sia scientifica, e sul modo in cui cerchiamo di “venderla” al mondo esterno. Digerita in maniera superficiale, questa rappresentazione comporta però i rischi che oggi conosciamo del nostro sistema paese. Per esempio, l’idea che l’innovazione sia opera casuale del nostro innato genio nazionale. La persuasione che dato il suo carattere individuale, la creatività sia una risorsa spontanea. L’ostinazione a rifiutare gli aspetti di pianificazione, e gli investimenti necessari perché creatività e innovazione siano coltivati e tutelati come fattori produttivi strategici’.
‘E’ invece evidente che per dotare stabilmente un paese di innovazione e creatività reali, sono necessari investimenti a medio termine, visione del futuro, organizzazione sociale e formazione scolastica “lunga” e dedicata’.