(Update: il post è stato arricchito dalla sintesi a cura di Anna Pellizzone.)
La medicina di precisione è tra le innovazioni che più profondamente incideranno sul concetto di cura e sulle responsabilità dei decisori.
Con il ciclo di incontri “La medicina di precisione: opportunità terapeutiche e responsabilità pubblica” abbiamo coinvolto importanti personalità che si sono rese disponibili sia in veste di relatori, sia ponendo domande durante tutti gli appuntamenti.
Cinque momenti pensati insieme all’Università di Pavia, nei quali abbiamo toccato i punti che ci espongono alle scelte più difficili (sostenibilità delle cure, uso dei dati genetici, ruolo del paziente).
Un confronto che crediamo aiuti ad affrontare la complessità del tema, considerando che chi opera nel settore – in quello medico, in quello della ricerca e in quello della governance – non può ignorare che la medicina di precisione pone in forma nuova il problema di innovare responsabilmente.
(Come nostra abitudine, di ciascun incontro abbiamo condiviso i materiali video, le slide, le foto e alcune note di sintesi. In questo modo vogliamo dare continuità al dialogo rendendo possibile memoria e approfondimento.)
Indice della pagina:
- Riprese integrali dell’incontro con link alle slide
- La sintesi dell’incontro (a cura di Anna Pellizzone)
- Il podcast sia in versione integrale che suddiviso in parti.
- le fotografie dell’evento
L’ultimo appuntamento del ciclo, dal titolo “La sostenibilità economica della medicina di precisione” si è tenuto agli inizi di giugno 2018 e ha visto come relatori:
- Piero Bassetti, Presidente della Fondazione Giannino Bassetti (parte uno, 17’34”)
- Chiara Demartini, Università di Pavia e Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo (parte due, 28’06”). Qui le slide.
- Pier Paolo Di Fiore ,IEO – Istituto Europeo di Oncologia (parte tre, 26’25”). Qui le slide.
- Rosaria Iardino, presidente Fondazione The Bridge (parte quattro, 17’33”). Qui le slide.
- Gianfelice Rocca, vicepresidente Fondazione Giannino Bassetti e presidente Istituto Clinico Humanitas, in un intenso dibattito (parte cinque, 30’04”).
Sintesi dell’incontro
Il ciclo di incontri sulle opportunità terapeutiche e la responsabilità pubblica nell’ambito della medicina di precisione – pensato e disegnato da Fondazione Bassetti insieme a Università di Pavia – si è concluso con l’appuntamento “La sostenibilità economica della medicina di precisione”, tenutosi lo scorso giugno presso la sede di via Barozzi.
Ultimo atto di un’opera articolata che ha esplorato le opportunità e le sfide della medicina di precisione a tutto tondo – dal ruolo dei pazienti alla convergenza tra settori e tecnologie, come la medicina, il big data e il machine learning, incluso un approfondimento sulla cardiologia – il seminario si è concentrato su uno degli aspetti più controversi sollevati dalla medicina di precisione, quello della sostenibilità economica.
Come ha evidenziato Piero Bassetti nella sua introduzione ha descritto la complessità del tema discusso: la medicina è un luogo di fortissima innovazione e innegabilmente un luogo di responsabilità; ma la responsabilità è un concetto che la dinamica innovativa mette spesso in crisi e la medicina solleva importanti questioni su più livelli: dal micro al macro, dal locale al globale, dalla sostenibilità per i singoli alla sostenibilità per la società e per il globo. Non è un caso – ricorda Bassetti – che un recente numero dell’Economist aveva in copertina la proposta di mondializzare il tema della sanità.
Se una delle domande chiave della sostenibilità è “chi sostiene?”, è significativo che, secondo il rapporto Censis-Rbn Assicurazione Salute presentato al Welfare Day 2018, in Italia 7 milioni di persone si siano indebitate e 2,8 milioni abbiano dovuto ricorrere al ricavato della vendita di una casa o svincolare risparmi per coprire le proprie spese per la salute nell’ultimo anno. «La spesa sanitaria privata degli italiani – si legge sul Corriere della Sera in un articolo del 6 giugno 2018 – toccherà il valore record di 40 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 37,3 miliardi dello scorso anno». E ancora: «nell’ultimo anno sono stati 44 milioni gli italiani (più di 2 su 3) che hanno speso soldi di tasca propria per pagare prestazioni sanitarie per intero o in parte con il ticket».
Quello che emerge quindi è che il nostro sistema sanitario è sottodimensionato rispetto a quello che dovrebbe essere nella sua filosofia, aprendo interrogativi di straordinaria portata rispetto a temi come la sostenibilità egualitaria e la giustizia distributiva (a questo proposito vedi anche il materiale sulla lecture di Daniel Callahan).
In che modo dunque la responsabilità entra in gioco nella sfida della sostenibilità in medicina?
La domanda va assunta nella società pubblica, per la società, sia nella sua dimensione quantitativa, sia nella sua dimensione qualitativa. Che è anche etica e sociale.
Il primo intervento a nutrire la discussione è stato quello della Prof.ssa Chiara Demartini, Università di Pavia e Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, che ha esaminato la questione oggetto dell’incontro attraverso una duplice prospettiva: da un lato come l’economia possa stimolare la medicina di precisione, dall’altro come la medicina di precisione possa avere effetti sul mercato e quindi sull’economia.
Grazie anche a una panoramica sui più grandi player del settore – che non a caso si collocano quasi tutti al di sopra dell’equatore – Chiara Demartini ha fornito una mappa per la discussione, descrivendo i quattro pilastri fondamentali che possono stimolare iniziative di precision medicine a livello internazionale (incentivi all’innovazione; biomarcatori e diagnostica; prezzo; accesso), a cui la Professoressa dell’Università di Pavia propone di aggiungerne uno: quello della sostenibilità.
Pier Paolo Di Fiore (IEO – Istituto Europeo di Oncologia, Direttore dell’Unità di ricerca di biologia cellulare e carcinogenesi molecolare) ha aperto il suo intervento descrivendo la medicina di precisione come una sorta di sistema chiuso, composto di una sostenibilità economica, etica, sociale e scientifica, in cui ogni componente si ripercuote sulle altre. Grazie a una serie di esempi molto concreti, Pier Paolo di Fiore ha spiegato come anche la medicina e la ricerca contribuiscano all’insostenibilità della medicina di precisione.
Nel caso del test del PSA (il test dell’antigene prostatico specifico) siamo di fronte a quello che secondo Di Fiore è un tipico esempio di quando la medicina “mette il carro davanti ai buoi”, ovvero di quando “la nostra capacità di fare è maggiore della nostra capacità di capire quello che stiamo facendo”. La diagnosi anticipata del tumore alla prostata è fondata sul fatto che siamo in grado di rilevare qualcosa di molto piccolo, ma allo stesso tempo dà per scontato che ciò che è piccolo diventerà grande. Assunzione non sempre corretta, perché oggi noi sappiamo che ci sono tumori molto aggressivi e altri che crescono in modo molto lento, che di fatto non arrivano mai all’evidenza clinica e in questi casi quello che avviene è che si muore “col tumore” e non “per il tumore”. Per esempio, il 100% degli ultranovantenni che muore per morti traumatiche ha un tumore alla prostata e questo significa che quando rimuoviamo un tumore estremamente piccolo alla prostata spesso facciamo qualcosa che non è necessario.
Ma non è tutto, perché storicamente il test del PSA era stato introdotto per monitorare la malattia conclamata e per questo scopo il test funziona. Quello che è avvenuto è che sulla base di un unico studio clinico, nel 1994 l’FDA ha approvato il PSA come marcatore per la diagnosi precoce e negli USA il test si è diffuso in modo capillare. Ma dati 1000 uomini che si sottopongono al test e dati 1000 uomini che non lo fanno, ci sono 7 uomini che muoiono per tumore della prostata in entrambi i gruppi. E perlomeno 20 uomini saranno trattati per qualcosa di non necessario, causando magari impotenza e incontinenza urinaria.
Adesso che però il test è entrato a far parte della nostra cultura, abbiamo innescato una bomba che è difficile disinnescare. Nel 2010 nei soli USA 30 milioni di uomini si sono sottoposti al test, per un totale di 3 miliardi di dollari, solo per il test. Come ha dichiarato lo stesso Ablin, scopritore del PSA:
«The test popularity has led to a hugely expensive public health disaster. […] So why is it still used? Because drug companies continue peddling the tests and advocacy groups push “prostate cancer awareness” by encouraging men to get screened».
Dopo un secondo esempio sulle targeted drugs e il “problema del P < 0.005" , il Direttore ha ribadito come lo sviluppo di tutti i farmaci rappresenti "la ciliegina su una torta che poggia su migliaia di miliardi di ricerca di base", finanziata dal pubblico. Qual è dunque il dividendo sociale per chi ha pagato le tasse negli ultimi 20 anni? «Penso - ha concluso - che esista un costo scientifico perché lo stress sull'applicazione distoglie risorse dalla ricerca di base. E fare prima di capire porta danni. Anche dal punto di vista economico, come nel caso del PSA». Per evitare questo, c'è bisogno della conoscenza che deriva dalla ricerca di base, senza la quale non c'è reale progresso. Il terzo intervento è stato quello di Rosaria Iardino, presidente di Fondazione The Bridge, che ha sottolineato come non sia possibile separare il ragionamento sulla sostenibilità economica dal ragionamento sugli aspetti etici della medicina, contribuendo con una serie di dati e di esempi a descrivere lo stato attuale del sistema sanitario nazionale e tendando una previsione per il futuro prossimo. Nel 2017 – ha spiegato Iardino – la spesa out of pocket è stata sostenuta da 2 italiani su 3 (44,1 milioni di persone), per un totale di 37,7 miliardi di euro, con un’incidenza trasversale alle Regioni (80,1% Nord Ovest, 86,9% Nord Est, 89,1% Centro, 89% Sud). Tale spesa, incide soprattutto sui redditi più bassi (il 47% degli italiani ha tagliato altri consumi per pagare spese sanitarie, 7 milioni si sono indebitati e 2,8 milioni hanno venduto immobili o liquidato investimenti).
La salute, si è affermato durante la discussione, è un problema sociale. Ad esempio, con la prevenzione – guadagnando peso forma, modificando le nostre abitudini di esposizione ai raggi UV, alle infezioni – il 16/17% di tutti i tumori sarebbe evitabile a costo zero.
L’incontro si è concluso con gli interventi dal pubblico. Un contributo fondamentale è arrivato Gianfelice Rocca, Vicepresidente di Fondazione Giannino Bassetti, che ha evidenziato due questioni centrali: 1) il fatto che oggi la medicina sia concentrata sul curare la morte e cioè sul vendere δ di vita e non qualità della vita.
2) Il secondo nodo è l’ecosistema. Oggi come oggi il 15% dell’investimento è ricerca base; l’85% è sviluppo, fatto di investimenti di big pharma e, oggi molto più di una volta, da biotech. Rocca ha quindi portato all’attenzione il deficit di traduzione della conoscenza in cure per i pazienti, sottolineando la qualità della ricerca di base, ad esempio in Italia, che ha un deficit nella dimensione traslazionale.
Come ha sottolineato un ricercatore dal pubblico, in Italia abbiamo poche industrie farmaceutiche, ma grandissimi ospedali. «I clinici italiani – ha affermato – sono seduti su una miniera di diamanti: si potrebbe incentivare la ricerca negli ospedali e non più nell’industria farmaceutica».
Alle questioni già citate, si aggiungono molte altre tematiche, come la necessità di fare sistema per trasferire la ricerca, la scarsa qualità dell’informazione, l’uso improprio delle cure (ad esempio l’esperienza olandese dice che l’uso improprio di cure per gli anziani si può ridurre del 60%). Proprio oggi, un momento storico in cui, più che mai, c’è bisogno di migliorare le politiche in ambito medico, gli attori lavorano in modo frammentato, assumendo “atteggiamenti tattici” e manca una simulazione di sistema che sia in grado di aiutare la politica nel prendere una decisione. Per questo, c’è un drammatico bisogno di creare spazi di discussione come quello organizzato grazie alla collaborazione tra Fondazione Giannino Bassetti e Università di Pavia.
———–