di Leone Montagnini (aggiornata al 30 luglio 2003)
Indice
Presentazione della bibliografia
Percorso guidato
Elenco dei libri
Metabibliografia
PRESENTAZIONE DELLA BIBLIOGRAFIA
Tema
Questa è una bibliografia guidata e ragionata, con struttura ipertestuale, che offre una scelta della produzione letteraria, italiana e straniera, riguardante il nesso tra processi di innovazione tecnologica, scientifica e imprenditoriale e le questioni etiche e socio-economiche, con particolare attenzione al contesto della Information Society.Si tratta di uno strumento informativo curato scientificamente e orientato ad un utilizzo a fini di ricerca da parte dello studioso, nonché rivolto a tutti coloro che in qualità di decisori a vari livelli (imprenditori, politici, cittadini) hanno la necessità di documentarsi e aggiornarsi sulle tematiche in oggetto.
Ulteriori criteri di selezione dei testi
Genere delle pubblicazioni: soprattutto testi a stampa di saggistica, in forma di monografia o di articolo di periodico specializzato. Non sono escluse a priori alcune opere di narrativa.
Limiti cronologici: non sono posti limiti cronologici, ma una preferenza è stata accordata ai testi scritti dopo la Seconda guerra mondiale e soprattutto a quelli più recenti, specialmente a quelli usciti tra il 2000 e il 2003.
Limiti geografici: non sono posti limiti geografici rispetto al luogo di pubblicazione, sebbene una particolare attenzione vada all’Italia, agli altri paesi europei e agli USA.
Lingue: italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo.
Selettività/Esaustività: nei limiti del possibile, è presentata una scelta delle opere maggiormente significative per le tematiche in oggetto, senza tralasciare l’esigenza di una rappresentazione equilibrata e imparziale di tutte le posizioni teoriche.
Formati adottati
La struttura ipertestuale della bibliografia fa sì che, mediante l’utilizzo di numerosi rinvii, sia possibile usufruire delle informazioni bibliografiche in due modi indipendenti e autosufficienti:
1) Un "Percorso guidato", attraverso il quale il curatore della bibliografia dà ragione delle proprie scelte e conduce il lettore da un libro all’altro imbastendo un proprio discorso personale.
2) Un "Elenco dei libri", in ordine alfabetico per autore. Ogni record bibliografico è costituito da un identificativo comprendente il cognome dell’autore (o del curatore, nel caso si tratti di più di 3 autori) e l’indicazione dell’anno della prima edizione originale (in taluni rari casi è stato necessario adottare l’anno dell’edizione italiana; nel caso delle edizioni postume si è adottato l’anno della prima edizione postuma). Seguono la stringa bibliografica relativa alla prima edizione in lingua originale (solo in rarissimi casi ciò non stato possibile) e quella della traduzione italiana, se esistente. Nella maggior parte dei casi il curatore della bibliografia ha creato un abstract più o meno lungo del libro. Talvolta sono stati effettuati rimandi a commenti di autori presentati nella stessa bibliografia e/o link a recensioni o abstract presenti in altri siti web.
In appendice, infine, presentiamo una "Metabibliografia", un elenco delle bibliografie presenti in questo sito e alcune di altri siti.
Sommario
Dalla società dell’informazione alla società del rischio
Le metamorfosi della "società dell’informazione"
Società dell’informazione e innovazione
I primi teorizzatori della società dell’informazione
La rivoluzione cibernetica di Norbert Wiener
L’informazione disincarnata
La società postindustriale
La "società globale dell’informazione" come progetto
L’eclissi di Platone?
Le Science Wars
La società creativa
La società del rischio
La società dell’incertezza
La società del Golem
Il controllo democratico
Dalla società dell’informazione alla società del rischio
Nel progetto iniziale, come evidenziato nella Presentazione, questa bibliografia si è prefissa di presentare il panorama delle riflessioni su innovazione e responsabilità non in astratto, ma in relazione alle specifiche dinamiche della società attuale, riletta soprattutto come "Società dell’informazione". Si riteneva e si ritiene, infatti, che il riferimento alle Information technologies e alla rivoluzione tecnologica ad esse corrispondenti (da cui la denominazione di "Società dell’informazione"), costituisca uno dei modi migliori per definire il mondo attuale quando lo si voglia ritrarre non soltanto in negativo attraverso dei "post" o degli aggettivi ordinali (come quando si parla di "Società postmoderna" o di "Seconda modernità"). Va detto, tuttavia, che oggi tale espressione non sembra più godere della fortuna che ebbe negli anni Novanta, quando venne in primo piano come categoria della Zeitdiagnostik sociologica, ma anche della progettualità politica, nei programmi di governi e di organismi internazionali.
Tale fortuna sembra essere andata di pari passo con le alterne vicende della new economy e gli entusiasmi per la globalizzazione, nonché della strategia del soft power delle leadership statunitensi. Forse ha ragione Marcello Veneziani quando scrive che ‘le uniche ‘ideologie’ rimaste in piedi dopo la disfatta delle idee sono il pessimismo e l’ottimismo’ (VENEZIANI 2003, p. 12). E’ certo comunque che, come scrive Dahrendorf, ‘dopo un periodo di quasi esagerato ottimismo, in molti paesi ha preso a diffondersi la paura’ (DAHRENDORF 2003, p. V). ‘La società del sapere – nota ancora Dahrendorf – non colma il vuoto dell’anomia che la dissolta società del lavoro si lascia dietro’ (DAHRENDORF 2003, p. 56).
Negli anni Novanta le posizioni critiche nei riguardi della "rivoluzione digitale" erano minoritarie e timorose. ‘Io sono profondamente convinto – scriveva Tomás Maldonado nel 1997 – che le tecnologie, se si vuole tutelare la loro carica innovativa, devono restare sempre aperte al dibattito delle idee. Disposte a esaminare (e riesaminare) non solo i loro presupposti fondativi, ma anche, e forse in primo luogo, i loro rapporti con le dinamiche della società. Ma tutto ciò, si sa, cozza apertamente con gli interessi di coloro che non vogliono turbare la quiete del giardino informatico. Chi non è a favore, sentenziano i ciberpoliziotti del pensiero, deve tacere’ (MALDONADO 1997, p. 7).
Oggi assistiamo ad un ampio processo di ripensamento circa la tecnologia, la quale non solo si rivela impotente ma persino foriera di minacciose eterogenesi dei fini: ‘Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001’ – scrive Francis Fukuyama – evidenziano ‘il fatto che la scienza e la tecnologia, a cui il mondo moderno deve la propria esistenza, sono anche all’origine dei maggiori pericoli che minacciano la nostra civiltà. Aeroplani, grattacieli e laboratori di biologia, simboli della modernità, sono stati trasformati in armi da un colpo di genio malefico’ (FUKUYAMA 2002, p. 5).
Negli ultimi tempi assistiamo all’affermarsi prepotente di un’altra ermeneutica del presente che sembra scalzare quella della "società dell’informazione", cioè la "società mondiale del rischio", l’idea cioè di una società del rischio e del pericolo per antonomasia, in cui rischio e pericolo sono – si noti – "conseguenze secondarie" della stessa modernizzazione; l’idea lanciata quasi vent’anni fa da Ulrich Beck in una prospettiva legata all’ambientalismo (BECK 1986) diventa un nuovo paradigma per la lettura del presente comprendendo tutte le situazioni di crisi, ‘le crisi ecologiche, le crisi finanziarie mondiali e infine, dopo l’11 settembre, le reti terroristiche transnazionali’ (BECK 2002, p. 12).
Ci si trova così di fronte ad un quadro "macrosociale" in cui l’innovazione e la responsabilità costituiscono molto di più che due aspetti interessanti da trattare, ma sembrerebbero rappresentare le stesse strutture portanti di significato della società attuale, la quale da un lato resta senza dubbio una società dell’innovazione e, sotto tale rispetto, ancora una "Società globale dell’informazione" (è esattamente con la locuzione di "Global society of information" che i paesi del G7 a Bruxelles nel febbraio 1995 denominano il progetto di liberalizzare il mercato delle telecomunicazioni; cfr. MATTELART 1991, p. 111 e BOLOGNANI-GARIBALDO 1996, p. 14); dall’altro si presenta come un mondo rischioso, a causa dei processi innovativi che essa stessa mette in atto ed è perciò una "società globale del rischio", per la quale la dimensione della responsabilità è altrettanto essenziale, in cui "governare l’innovazione" diviene imperativo.
A partire da questa constatazione emersa – lo si confessa – in maniera almeno in parte inaspettata nel corso della ricerca bibliografica, è sorta l’idea di evitare il classico metodo della classificazione per argomento (innovazione, responsabilità, innovazione & responsabilità ecc.), applicato con indubbia utilità in altre bibliografie (cfr. Metabibliografia) e di adottarne uno forse più "rischioso", che pretende di trattare dell’innovazione e della responsabilità col semplice fatto di presentare il modo in cui gli autori discutono oggi della società attuale.
Le metamorfosi della "società dell’informazione"
Quando comincia l’era o la società dell’informazione? Per James Beniger, anche se si inizia a parlare di essa solo negli anni Cinquanta, occorre tornare alla metà dell’Ottocento per rintracciare le origini della rivoluzione del controllo (BENIGER 1986). Manuel Castells (CASTELLS 2000) è più propenso a fissarne le origini intorno al 1980, quando l’informatica distribuita prende il posto del mainframe. Per Mario Bolognani e Francesco Garibaldo (BOLOGNANI-GARIBALDO 1996) e per David Lyon (LYON 1988) la società dell’informazione – almeno in parte – deve ancora nascere, in quanto essi discutono di tale termine soprattutto nell’uso di pianificazione socio-economica che ne hanno fatto governi e organismi internazionali, come G7 e Consiglio Europeo. Questa "elasticità" cronologica dipende in parte dalla diversa enfasi che ciascuno degli autori (e gli esempi potrebbero essere molti di più) pone su un particolare aspetto di un processo complesso, in parte proprio dal difficile rapporto col tempo storico che si instaura nella seconda modernità (cfr. GIOVAGNOLI 2003). Perciò è stremamente utile il lavoro di Armand Mattelart che ricostruisce l’evoluzione del concetto (MATTELART 2001), nonché le relazioni tra di esso e le teorie della globalizzazione (MATTELART 1996 e MATTELART 2000).
Società dell’informazione e innovazione
Anche se non si può certamente affermare che le ITTs (Information Telecommunication Technologies) siano state trascurate dalla letteratura sull’innovazione industriale, non sembrerebbe si possa sostenere che in tale letteratura sia stata dedicata la dovuta attenzione alle relazioni tra innovazione e società dell’informazione. Questa situazione discende dall’impostazione metodologica di tali studi, i quali tendono ad offrire una teoria generale delle innovazione e della sua evoluzione che in qualche modo prescinde dalla storia (cfr. BIJKER-HUGHES-PINCH 1989; FLICHY 1995; UTTERBACK 1996; TIDD-BESSANT-PAVITT 1997). Un prezioso lavoro di saldatura tra l’universo di discorso dei teorici dell’innovazione e dei teorici della società dell’informazione si può rinvenire in BOLOGNANI-GARIBALDO 1996.
I primi teorizzatori della società dell’informazione
In realtà il discorso sulla società dell’informazione matura in un contesto epistemologico di storia della tecnologia che generalmente viene, a torto, definito come di "determinismo tecnologico". Lewis Mumford, sulla scorta del suo maestro Geddes (BRANFORD-GEDDES 1917), negli anni Trenta vede sorgere una società "neotecnica" basata sul motore elettrico con la conseguente dislocazione industriale e lo sviluppo delle telecomunicazioni (MUMFORD 1934). Certamente più noto è McLuhan col suo concetto di "villaggio globale" (McLUHAN 1962), a sua volta allievo di un altro studioso della tecnologia, Harold Innis (INNIS 1950; INNIS 1951). Paolo Sylos Labini qualche anno fa ha richiamato la nozione di "ciclo Kondratieff", introdotta da Schumpeter (SCHUMPETER 1939 e SCHUMPETER 1912), una successione di cicli innovativi di durata semisecolare, avviati da una innovazione rivoluzionaria. In particolare, secondo Sylos Labini, il periodo successivo alla Seconda guerra mondiale si potrebbe considerare come un quarto ciclo Kondratieff dominato dall’elettronica (cfr. SYLOS LABINI 1989).
La rivoluzione cibernetica di Norbert Wiener
Il sociologo francese Philippe Breton (BRETON 1993) ha richiamato l’attenzione su Norbert Wiener, un matematico e filosofo, attivo all’MIT tra il 1919 e il 1959, come colui che prima di McLuhan avrebbe introdotto l’utopia della comunicazione, l’idea di una società incentrantesi intorno alla comunicazione. Ma il ruolo di Wiener è ancora maggiore. Sostengono Bolognani e Garibaldo: ‘Un’attenta lettura di Wiener rende chiaro quanto poi è emerso successivamente, e cioè che se alla base della precedente rivoluzione c’erano la matematica e la fisica, alla base della nuova ci sono la cibernetica e le scienze biologiche e umane che affrontano sia il problema dell’organizzazione, regolazione e funzionamento di sistemi complessi, che quelli dell’interazione sociale’. (BOLOGNANI-GARIBALDO 1996).
L’aspetto fondamentale della riflessione di Wiener (WIENER 1948 e WIENER 1950) è la previsione del passaggio da un’epoca che si incentra sulla energia e la materia, ad una che si impernia sull’informazione (‘l’informazione è informazione, non materia o energia’, scrive perentoriamente); un’epoca simboleggiata dal computer quanto la precedente lo era dalla macchina a vapore. Ma l”innovazione rivoluzionaria’ indicata da Wiener va oltre l’elettronica: la cibernetica è una tecnologia della manipolazione delle informazioni, indipendentemente dal fatto che si tratti di segnali elettrici, movimenti meccanici, impulsi nervosi (cfr. MONTAGNINI 2001-2002).
Come scrive la filosofa della scienza Evelyn Fox Keller: ‘A metà del XX secolo una nuova tecnologia, il computer, ha sostituito il telegrafo e il significato di molti termini – messaggio, informazione, organizzazione e perfino organismo – si è trasformato in pochi decenni. […] La cyberscienza, quindi si è sviluppata per trattare la confusa complessità del mondo postmoderno’ (FOX KELLER 1995, p. 87).
Dal tempo di Wiener la nozione di informazione fuori del contesto tecnico continua a restare opaca. Su questo concetto un’utilissima panoramica ci è data da CONTINENZA-GAGLIASSO 1998. L’opposizione di Nicholas Negroponte "bit contro atomi" è riduttiva rispetto a quella di Wiener (in quanto viene escluso l’aspetto analogico dell’informazione), ma almeno ha il pregio di evidenziare come la nostra cultura resti inadeguata a trattare qualcosa come l’informazione, che non soggiace alle logiche della quantità di materia o d’energia (NEGROPONTE 1995). Di tale differenza radicale è da tempo consapevolissimo Giuseppe O. Longo, il quale scrive: ‘accanto al mondo della fisica esiste un altro universo, retto da leggi molto diverse e a volte in apparenza addirittura paradossali: il mondo della comunicazione e dell’informazione’; ed aggiunge: ‘tanto per citare un fatto a tutta prima sorprendente, nell’universo della comunicazione non vale un principio di conservazione dell’informazione’ (ARDIGO’-MAZZOLI 1990, p. 41). Tuttavia, come la colomba di Kant che vedendo l’aria opporsi al proprio moto riteneva avrebbe volato meglio senza di essa, così gli entusiasti dell’informazione hanno corso il rischio di credere che per essa la materia e l’energia formino solo un inutile ingombro. Quello di ritenere possibile un’intelligenza senza corpo è a ben vedere un vizio cartesiano che permane dentro la cultura postmoderna su cui si interroga a fondo G.O. Longo (LONGO 1998; LONGO 2001; LONGO 2003). Incontriamo qui le questioni legate a reale e virtuale (LEVY 1995) e quelle connesse al postumano (MARCHESINI 2002) (HARAWAY 1991), che fuoriescono dalla discussione sulle tecnologie dell’informazione e investono quelle sulla manipolazione genetica (FUKUYAMA 2002; HABERMAS 2001).
Wiener, introducendo la nozione di cibernetica (scienza del controllo e della comunicazione nell’animale e nella macchina), nel 1948 prevede l’avvento della fabbrica automatica e la conseguente estinzione della classica figura dell’operaio (WIENER 1948, WIENER 1950). Tale previsione è stata confermata dai teorici della società postindustriale (DE MASI 1986) e recentemente Giddens ha rilevato come "Marx credeva che la classe operaia potesse scavare la fossa al capitalismo, ma si è dimostrato che il capitalismo ha scavato la fossa alla classe operaia" (HUTTON-GIDDENS 2000). Va detto che gli ideologi di Stalin si resero conto per tempo dei pericoli che la profezia di Wiener comportava per il socialismo e ne misero all’indice le opere (DECHERT 1966). Vedi anche in proposito le riflessioni di Günther Anders sulla "ummanned factory" (ANDERS 1980).
Anche la crisi della grande industria italiana è forse un frutto fisiologico del processo di postindustrializzazione della società; non mancano però pareri allarmanti come quelli espressi da uno dei massimi sociologi italiani come Luciano Gallino (GALLINO 2003) e dal giornalista Massimo Mucchetti (MUCCHETTI 2003).
Va ancora notato che la postindustrializzazione non è conseguenza soltanto dell’automazione industriale, ma anche della cosiddetta delocalizzazione, cioè della tendenza a spostare gli impianti verso aree del pianeta con un basso costo del lavoro e normative più permissive (KLEIN 2000).
La "società globale dell’informazione" come progetto
L’idea di una società dell’informazione e di una società globale dell’informazione ha anche una valenza fortemente progettuale che è stata elaborata da studiosi ai quali spesso i loro governi hanno consegnato le chiavi della politica. E’ il caso per Stati Uniti di Zbigniew Brzezinski, consigliere della sicurezza nazionale di Carter, principale teorizzatore della globalizzazione (BRZEZINSKI 1969); di Daniel Bell, principale teorico della società postindustriale (BELL 1973), di Ithiel de Sola Pool, teorico del free flow of information (SOLA POOL 1983), di Robert Reich, teorico della National Information Infrastructure (REICH 1991). Per quanto riguarda il Giappone occorre ricordare Yoneji Masuda, protagonista del progetto JACUDI 1971 (MASUDA 1981). Per quanto riguarda la Francia, ricordiamo Simon Nora e Alain Minc, autori del rapporto sull’informatizzazione per il presidente (NORA-MINC 1978).
Recentemente Marcello Veneziani ha scritto un intelligente saggio in cui si constata la fine delle idee (VENEZIANI 2003). Sembra trattarsi della verifica della profezia sull’eclissi dell’intellettuale espressa quasi quarant’anni fa da Elemire Zolla (ZOLLA 1965). Ma gli autori sopra ricordati non sono intellettuali? Zolla chiariva che ad eclissarsi era il modello di intellettuale tradizionale caro all’idealismo; liquidava forse troppo frettolosamente l’altro paradigma di intellettuale di cui aveva parlato Antonio Gramsci (GRAMSCI 1971). L’intellettuale organico non è necessariamente organico al partito comunista, né privo di senso critico. Può essere un figlio e portavoce della modernità, anche suo critico al bisogno. Gramsci scorgeva negli USA la patria di simili uomini. Posner, però, recentemente sembra cogliere un fenomeno di declino anche negli USA (POSNER 2002).
Un altro famoso rapporto sul sapere nella società dell’informazione, questa volta scritto per il governo del Québec, è stato La condition postmoderne di Jean-François Lyotard, un filosofo di estrazione decostruzionista (LYOTARD 1979). Incuriosce, rileggendo quelle pagine, la sostanziale convergenza con le cose che va scrivendo recentemente Giuseppe O. Longo, teorico dell’informazione (LONGO 1998; LONGO 2001; LONGO 2003). Secondo Longo l’informatica è diventata il paradigma di una tecnologia che ha preso congedo dalla teoria e procede artigianalmente attraverso bricolage; Lyotard sostiene che alle "metanarrazioni" subentra "la paralogia dell’inventore", cioè qualcosa che non è una giustificazione de jure, ma solo de facto: "l’espediente funziona".
Dalla riflessione del postmodernismo è nata in Inghilterra una interessante sociologia detta "teoria della cultura" (cfr. FEATHERSTONE 1990; FEATHERSTONE 1996; FEATHERSTONE 1998), dotata anche di una notevole carica di critica sociale. Tale filone ha dato un importante contributo allo studio dei processi culturali nella società globalizzata, elaborando tra l’altro la nozione di glocale (ROBERTSON 1992 e APPADURAI 2001).
Il neuroscienziato Alberto Oliverio (OLIVERIO 2003) ha dato da poco alle stampe un prezioso volumetto che ci permette di conoscere le discussioni sulla scienza negli ultimi anni, specialmente negli Stati Uniti. Tra le altre cose presenta un resoconto delle cosiddette "Science Wars", una disputa che ha visto giungere persino sulla CNN le discussioni tra costruttivisti e difensori di una razionalità scientifica di tipo classico. Di questa polemica, che trova i principali rappresentanti nel francese Bruno Latour (LATOUR 1987; LATOUR 1991) e nell’americano Gerald Holton (HOLTON 1993), si registra una propaggine anche nel recente Contare e raccontare del fisico Carlo Bernardini e del linguista Tullio De Mauro (BERNARDINI-DE MAURO 2003), che la ritraducono nei tradizionali termini italiani della disputa tra le "due culture". Sembrerebbe quasi intervenire nella discussione Achille Ardigò, che in un saggio di ormai quindici anni fa scriveva: "Uno dei tratti salienti della cosiddetta società post-industriale è il passaggio dalla separazione tra le ‘due culture’, quella scientifico-naturalista e quella umanistica […], ad un’unica cultura artificiale del modello, del design, ad una conoscenza per lo più condotta su oggetti e fenomeni artificiali" (ARDIGO’ 1988, p. 87). Nel periodo in cui scriveva Ardigò, il filosofo della scienza Paolo Rossi (ROSSI 1989) interveniva vigorosamente contro i fautori del postmodernismo e del pensiero debole, richiamando il fatto che, nella storia del pensiero moderno, al filone dei difensori di una razionalità forte ha sempre fatto da contraltare una corrente critica e scettica (pensiamo a Hume). Se questa precisazione è corretta non si possono però ignorare le novità che la scienza nella società dell’informazione porta con sé. Il fisico Marcello Cini ha giustamente sottolineato un passaggio da una scienza classica galileiana intenta a cogliere il semplice nel complesso ad una scienza attuale che tenta di recuperare alla scienza la stessa descrizione della complessità (CINI 1994). Questa nuova epistemologia in qualche modo si può indicare con il termine di sistemica (TELFENER-CASADIO 2003).
Domenico De Masi, un sociologo del lavoro che ha avviato da tempo una ricerca sui gruppi creativi (DE MASI 2001), ci offre una brillante e vasta panoramica della storia della creatività umana e delle riflessioni sulla creatività (DE MASI 2003). A suo parere ‘ci troviamo a vivere un’epoca esaltante, segnata dalla lotta tra la società esecutiva che muore e la società creativa che si afferma’ (DE MASI 2003, p. 363). L’epistemologo Massimo Baldini ci presenta una serie di riflessioni in cui le acquisizioni dell’epistemologia che si occupa della scoperta aiutano ed entrano in risonanza con le riflessioni degli economisti dell’innovazione (BALDINI 2003). Un capitolo della ricerca di Baldini è dedicata alla nozione di "serendipità", quel tipo di intelligenza che permette di scoprire qualcosa di prezioso che non si sta cercando. Alla storia di questo concetto è dedicato un ampio saggio scritto molti anni fa dal sociologo Robert Merton in collaborazione con una storica delle idee (MERTON-BARBER 1992). Anche dalle carte di Norbert Wiener è emerso un libro scritto negli anni cinquanta e mai pubblicato sull’invenzione (WIENER 1993). Infine si segnala il lavoro sul pensiero creativo di un intellettuale complesso come George Steiner (STEINER 2001). Colpisce l’apertura di Steiner alle teorie di coloro che sostengono che le nuove tecnologie dell’informazione possono essere foriere di creatività. Alcuni autori hanno sostenuto l’idea che la rete stessa può produrre una intelligenza collettiva di tipo nuovo (LEVY 1994, cfr. anche i già citati LONGO 1998; LONGO 2001; LONGO 2003). Va ricordato che già Carlo Cattaneo parlava di una "intelligenza collettiva" (CATTANEO 1925). Questa intelligenza collettiva è data dalla possibilità di comunicare, ricordare, fare esperienze "collettivamente" che è tipica della specie umana. Da ciò e non dalla razza nasce il "genio" occidentale, sostiene questo lombardo dell’Ottocento. Ma nella misura in cui l’uomo non è solo il risultato della propria psicologia individuale, ma figlio di questa psicologia collettiva, si comprende quanto in profondità vadano ad incidere i processi della società dell’informazione.
Nel breve e denso lavoro di Baldini c’è un punto che colpisce. Da buon studioso di Karl Popper egli insiste sull’importanza dell’errore per la scoperta e sull’utilità di riflettere su di esso. Baldini richiama in particolare un lavoro di Popper sull’errore nella pratica medica (McINTYRE-POPPER 1983) ed altri lavori sullo stesso argomento. Ciò mostra come la riflessione sulla creatività, la scoperta e l’innovazione sia intrecciata in maniera complessa con quella sul rischio e la responsabilità.
Come già accennato, l’idea della società del rischio lanciata dal sociologo tedesco Ulrich Beck (BECK 1986) sta diventando un nuovo paradigma per la lettura del presente. Perciò ci è sembrato utile soffermarci a lungo su questo autore (BECK-GIDDENS-LASH 1994; BECK 1995; BECK 1997; BECK 1999, BECK 2002). Tuttavia è sembrato interessante richiamare anche altri autori, forse meno noti, che hanno utilizzato la categoria di rischio in maniera non convenzionale, ancora con l’esigenza di rileggere con essa il nostro presente, come nel caso del sociologo francese Denis Duclos (DUCLOS 1989). L’etnologa Mary Douglas (DOUGLAS-WILDAWSKY 1982; DOUGLAS 1985; DOUGLAS 1989; DOUGLAS 1990; DOUGLAS-CALVEZ 1990; DOUGLAS 1992), invece, ha studiato a lungo i modi in cui le nozioni di rischio e di attribuzione di responsabilità nella società occidentale siano, analogamente a ciò che avviene nelle società tradizionali, il frutto di costruzione sociale e di complesse procedure di negoziazione.
Altrettanto utile ci sembra richiamare autori che più tradizionalmente hanno trattato il rischio nel contesto della sociologia dell’ambiente (SCHWARZ-THOMPSON 1990; per una panoramica cfr. BEATO 2002). Proponiamo inoltre un libro dell’antropologa Gioia Di Cristoforo Longo frutto di una serie di ricerche sulla cultura del rischio tra i giovani, in particolare in relazione alla sicurezza stradale (DI CRISTOFARO LONGO 2002) ed uno sul rischio nucleare nel periodo immediatamente successivo al disastro di Chernobil scritto da un ingegnere e filosofo della scienza (CALIMANI 1987).
Alcuni anni fa il filosofo italiano Marcello Pera ha curato un libro dal titolo Un mondo incerto (PERA 1994), testo che testimoniava come in larghi settori dell’intellettualità italiana vi fosse la coscienza di una dimensione complessa e incerta, al di là dell’euforia per il crollo dell’URSS celebrata da Francis Fukuyama con la profezia sulla fine della storia (FUKUYAMA 1993) e di quella per la rivoluzione digitale. Questa consapevolezza circa la carenza di certezze è oggi molto radicata nella sociologia contemporanea. Secondo il sociologo inglese Anthony Giddens, la caratteristica centrale della tarda modernità, cioè del nostro tempo, è di avere completato il progetto della modernità, che consisteva nel superamento della tradizione: viviamo in una società post-tradizionale (cfr. BECK-GIDDENS-LASH 1994; GIDDENS 1990; GIDDENS 1999); secondo il sociologo tedesco Zygmunt Bauman il mondo attuale è caratterizzato dal crollo delle istituzioni che producevano il controllo sociale nella prima modernità, innanzitutto la fabbrica e l’esercito (BAUMAN 1999; BAUMAN 2000); ed è molto interessante che il sociologo e politologo Ralf Dahrendorf nelle sue lezioni su "un mondo instabile" abbia recuperato la categoria durkheimiana dell”anomia’, dell’assenza di norme (DAHRENDORF 2003).
Il tempo che segue la Seconda guerra mondiale vive sotto la coscienza inaudita della potenza che l’uomo è riuscito a strappare alla natura ed insieme alla consapevolezza di quanto ciò sia foriero di dolore. Proprio dal dolore inizia una riflessione che Emanuele Severino ha dato di recente alle stampe. Severino collega l’unica filosofia che oggi resiste, il relativismo gnoseologico, alla questione della tecnica: la negazione di ogni verità assoluta è a suo parere il fondamento della potenza della tecnica oggi, tecnica che è animata da una forza invincibile (SEVERINO 2003). Sembra interessante accostare questo discorso a quello di Günther Anders, non solo alle più note riflessioni di Anders sull’uomo nell’era atomica, un uomo la cui ora è segnata in quanto la tecnica quando c’è va usata e se l’arma atomica che distruggerà l’umanità esiste allora ciò vuol dire che il destino dell’uomo è ormai irrimediabilemnte segnato (ANDERS 1956); ma soprattutto a quelle di Anders sulla "terza rivoluzione industriale" (ANDERS 1980), sulle macchine che si aggregano costituendo una megamacchina; riflessioni a cui è utile associare anche quelle di Neil Postman sulla "idolatria del silicio" (POSTMAN 1993; cfr. anche POSTMAN 2002). André Neher ha fatto notare che nel 1947 rinascono insieme due miti con cui noi oggi conviviamo: quello di Faust, l’uomo moderno, sottoscrittore di un patto demoniaco; quello del Golem, l’automa che si rivolta contro il suo costruttore (NEHER 1987). Ricompare ancora qui la figura di Norbert Wiener del quale, curiosamente, né Heidegger, né Jonas compresero il prendere le distanze dalla scienza/tecnica emersa dalla Seconda guerra mondiale (HEIDEGGER 1984; JONAS 1966). Eppure nelle riflessioni di Wiener sul Golem (WIENER 1964) c’è, altrettanto che in quelle di Jonas sul principio responsabilità (JONAS 1979), un’urgenza di introdurre nella tecnologia un supplemento d’anima.
Come declinare nel concreto l’etica della responsabilità? La parola con cui molti rispondono è: politica; una politica "cosmopolitica", sostengono in particolare Beck (BECK 2002) e Dahrendorf (DAHRENDORF 2003). Tradizionalmente, almeno da quando gli scienziati atomici presero le distanze dalla scelta dei militari statunitensi di usare le atomiche sul Giappone, uno dei punti fermi circa il controllo della tecnica resta quello di creare una coscienza democratica consapevole verso il largo pubblico. L’idea che la consultazione della volontà popolare circa il rischio tecnologico debba essere preceduta da un’opera di sensibilizzazione e da una vera e propria preparazione a decidere è stata teorizzata ed addirittura brevettata da James S. Fishkin che attaverso il Deliberative Polling ® (FISHKIN 1995; FISHKIN 2002a; FISHKIN 2002b). Accostiamo a queste considerazioni il libro di Sara Bentivegna che esamina le teorie e la realtà su come le nuove tecnologie di comunicazione quali internet, influiscono sulla comunicazione politica (BENTIVEGNA 2002). Anche in questo caso vediamo come il discorso assuma il volto di un Giano bifronte: da un lato c’è l’aspetto del controllo democratico sulla tecnologia, dall’altro quello della tecnologia che può consentire questo controllo. La società globale dell’informazione sembra avere in sé gli antidoti per rispondere alle "conseguenze collaterali" da essa stessa prodotte e che la fanno essere una "società globale del rischio"; non è detto che sia così, però a molti sembra possibile.
ANDERS, Günther, Die Antiquierheit des Menschen. I. über die Seele im Zeiltalter der zweiten industriellen Revolution, München, Beck, 1956; tr.it: ID., L’uomo è antiquato. Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale, Milano, Il Saggiatore, 1963.
ANDERS, Günther, Die Antiquierheit des Menschen. II. über die Zerstörung des Lebens im Zeiltalter der dritten industriellen Revolution, München, Beck, 1980; tr.it: ID., L’uomo è antiquato. Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale,Torino, Bollati Boringhieri, 1992.
Come il primo volume (ANDERS 1956), anche questo è "un’antropologia filosofica nell’èra della tecnocrazia", cioè in cui la tecnica domina e diviene il soggetto della storia. Nella terza rivoluzione industriale, l’uomo crea nuova natura (non più solo homo faber ma anche homo creator), in chimica come in biologia. C’è un "trend" che rende l’uomo superfluo, in quanto il suo lavoro viene sostituito con l’automatismo fino ad arrivare alla ummanned factory (fabbrica priva di equipaggiamento umano; ma suona un po’ come fabbrica "disumanata"). Le macchine, quasi animate da volontà di potenza, si espandono, divenendo pezzi di una megamacchina: il funzionamento del tutto dipende da ogni singola parte e viceversa e ciò accresce il pericolo che il sistema o la singola parte vadano in panne.
APPADURAI, Arjun, Modernità in polvere, Roma, Meltemi, 2001.
ARDIGO’, Achille, Per una sociologia oltre il postmoderno, Roma-Bari, Laterza, 1988.
ARDIGO’, Achille – MAZZOLI, Graziella (cur.), L’ipercomplessità tra socio-sistemica e cibernetiche, Milano, FrancoAngeli, 1990.
BALDINI, Massimo, Popper e Benetton. Epistemologia per gli imprenditori e gli economisti, Roma, Armando, 2003.
Il libro, breve ma molto documentato, parte dalla constatazione delle analogie tra l’attività creativa dello scienziato e quella dell’imprenditore, da cui l’utilità di adattare al secondo la riflessione epistemologica nata per comprendere l’attività del primo; riflessione che riguarda quella parte della filosofia della scienza che si occupa del contesto della scoperta. L’attenzione dell’autore si concentra a lungo sul concetto di errore come fonte di conoscenza, con richiamo a Popper e soprattutto alle ricerche sugli errori nella pratica medica. Si occupa poi della nozione di serendipità (cfr. qui MERTON-BARBER 1992) e del ruolo del caso nella scienza e nel mercato, nonché della teoria della conoscenza personale di Michael Polanyi. Il discorso va anche però in senso inverso e si discutono alcune teorie di economisti che si sono interessati in vario modo dell’innovazione: dalla classica teoria dell’imprenditore-innovatore di Schumpeter, al ruolo creativo della concorrenza in von Hayek, al ruolo dell’ignoranza nelle decisioni imprenditoriali in Kirzner.
Recensioni: ReS.
BAUMAN, Zygmunt, La società dell’incertezza, copyright dell’autore 1999; Bologna, Il Mulino, Laterza, 1999.
La modernità può essere vista come una lunga risposta al terrore di fronte all’incertezza generata dal crollo dell’ancien régime. L’ordine, prima semplice dato di fatto, ora diviene un progetto da perseguire con la "regolamentazione" e la "sorveglianza". Ciò avviene attraverso scuole, ospedali, carceri ecc. ma soprattutto con la fabbrica e l’esercito. Con la postmodernità si assiste ad un processo di deistituzionalizzazione: il corpo plasmato e regolamentato del moderno lavoratore/soldato lascia il posto al corpo assimilatore di sensazioni. Fitness, zapping, turismo ecc. sono tutti modi per fuggire l’incertezza di fondo della condizione postmoderna.
BAUMAN, Zygmunt, Liquid Modernity, Cambridge, Polity Press – Oxford, Blackwell Publishers, 2000; tr.it: ID., Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002.
BEATO, Fulvio, Rischio e mutamento ambientale globale. Percorsi di sociologia dell’ambiente, Milano, Angeli, 2002.
BECK, Ulrich, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1986; tr.it.: ID., La società del rischio. Verso una seconda modernità, ed.it. a cura di Walter Privitera, Roma, Carocci, 2000 (Contiene "Postfazione alla società del rischio. Teoria, politica, critiche e programmi di ricerca", 1999)
Alla prima fase della società moderna, incentrata sulla penuria di risorse, segue la modernità avanzata o "Risikogesellschaft" (Società del rischio) dominata dalle questioni del rischio. Ciò avviene perché i bisogni primari non sono più così impellenti, "grazie al livello raggiunto di produttività umana e tecnologica e di sicurezza e regolazione giuridica e sociale", mentre "nella crescita esponenziale delle forze produttive si liberano rischi e potenziali autodistruttivi in dimensioni fino ad oggi sconosciute". Se la società precedente era intenta a considerare come prioritario lo sfruttamento della natura o la liberazione dai vincoli della tradizione tipici della società preindustriale, ora si è alle prese con i problemi risultanti dal processo di modernizzazione stesso, e in questo senso la modernità diviene "riflessiva" (cfr. BECK-GIDDENS-LASH 1994). Nella postfazione si insiste sulla dimensione globale di quella che è una "Società mondiale del rischio" e sull’ottimismo critico che vede in essa "l’utopia di una modernità responsabile". Un breve ma utile commento alla teoria sociologica del rischio di Beck si trova in DOUGLAS 1989, p. 164.
BECK, Ulrich – GIDDENS, Anthony – LASH, Scott, Reflexive Modernization, Cambridge, Polity Press, 1994; il testo di Beck è stato riscritto nell’ed. ted.: ID., Reflexive Modernisierung, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1996; tr.it.: ID., Modernizzazione riflessiva: politica, tradizione ed estetica nell’ordine sociale della modernità, Trieste, Asterios, 1999.
Il libro contiene tre saggi in cui Beck, Giddens e Lash presentano la teoria della modernizzazione riflessiva ciascuno dal suo punto di vista. In una seconda parte, ogni autore discute le differenze tra le tre posizioni. Beck vede la seconda modernità come "epoca delle conseguenze secondarie", dove la pluralizzazione dei rischi mette in questione la razionalità dei calcoli del rischio; cosicché non la razionalità orientata a uno scopo, secondo la visione di Max Weber, ma le imprevedibili conseguenze secondarie diventano il motore della storia; così per Beck tale modernizzazione è riflessiva con riferimento ai "riflessi" dei processi di modernizzazione sulla società. Per Giddens, la tarda modernità assume le sembianze di una "società post-tradizionale", considerato che nella prima modernità la tradizione era comunque sopravvissuta. Ciò è stato possibile finché la modernità ha coinciso con l’Occidente, ma oggi, con la sua diffusione mondiale, essa è posta di fronte a se stessa. Nella prima modernità si poteva ritenere possibile la colonizzazione del futuro attraverso il calcolo razionale del rischio, in realtà, solo perché resistevano molti dati stabili, inclusa la natura e la tradizione; nel momento in cui la natura è invasa e la tradizione si dissolve, però, emergono nuove forme di incalcolabilità. Il discorso di Giddens confluisce così su ciò che Beck chiama "modernizzazione riflessiva". Scott Lash innesta in tale contesto temi della sociologia inglese della cultura e distingue tra riflessione cognitiva, morale ed estetica; per lui, inoltre, questa è una società della scienza, della comunicazione e dell’informatica che produce una nuova forma di esclusi: i tagliati fuori dal sapere. Notevoli sono le analisi di Beck sulla "Democrazia riflessiva e sulla "politicizzazione della razionalità aziendale".
BECK, Ulrich, "Kinder der Freiheit" in ID., Die Feindlose Demokratie, Stuttgart, Reclam, 1995; tr.it. ID., I rischi della libertà. L’individuo nell’era della globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2000.
Con la caduta dei valori si esaurisce l’ortodossia collettiva dell’azione politica tipica della "modernità semplice", ma non finisce l’azione politica in quanto, con la "modernità riflessiva", sorge un "repubblicanesimo cosmopolitico" al cui centro sta la libertà dell’individuo.
(BECK 1997)
BECK, Ulrich, Was ist Globalisierung? Irrtümer des Globalismus. Antworten auf Globalisierung, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1997; tr.it.: ID.: Che cos’ è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria, Roma, Carocci, 1999.
Beck distingue tra un "globalismo", approccio che è certamente da rifiutare, il quale elimina la differenza fondamentale nella prima modernità tra politica ed economia in favore di un imperialismo dell’economico; una "globalità", che è la realtà di una società mondiale "riflessiva" in cui viviamo da tempo; e "globalizzazione", "processo attraverso il quale gli Stati nazionali vengono condizionati e connessi trasversalmente da attori transnazionali, dalle loro chances di potere, dai loro orientamenti, identità e reti. Questo processo si presenta su vari piani: tecnico-comunicativo, ecologico, economico, culturale e dell’organizzazione del lavoro, che l’autore analizza facendo riferimento a diverse impostazioni teoriche. Particolare attenzione Beck presta all’aspetto culturale, studiato soprattutto dagli esponenti della sociologia inglese della cultura come Robertson (ROBERTSON 1992) e Appadurai (APPADURAI 2001), i quali sviluppano la nozione di "glocale".
BECK, Ulrich, World risk society, copyright dell’autore 1999; tr.it.: ID., La società globale del rischio, Trieste, Asterios, 2001.
In questo agile saggio, le tesi di Beck circa la "società del rischio" (cfr. BECK 1986) e la "modernizzazione riflessiva" (cfr. BECK-GIDDENS-LASH 1994) assumono una particolare chiarezza. E’ ribadita e sviluppata la dimensione "globale" della seconda mondernità (cfr. BECK 1997), come pure è chiaro l’"ottimismo critico" che anima tutta la teorizzazione di Beck. Alla globalizzazione non corrisponde una eclissi della politica, ma una metamorfosi (cfr. BECK 1995).
BECK, Ulrich, Das Schweigen der Wörter. über Terror und Krieg, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 2002; tr.it., ID., Un mondo a rischio, Torino, Einaudi, 2003.
Questo breve saggio è un discorso tenuto alla Duma di Mosca nel novembre 2001. Si tratta di una serrata riflessione in cui la teorizzazione sociologica e politica cui finora Beck è pervenuto si confronta con i tragici fatti dell’11 settembre 2001. In particolare nella società mondiale del rischio si possono distinguere ora tre tipi di pericoli: crisi ecologiche, crisi finanziarie mondiali, reti terroristiche transnazionali. La politica nell’era della globalizzazione non può non coincidere con il multilateralismo, in una prospettiva di cosmopolitismo.
BELL, Daniel, The Coming of Post-Industrial Society. A Venture in Social Forecasting, New York, Basic Books, 1973.
La società postindustriale di cui si pronostica l’avvento sarà sottoposta a cinque mutazioni: passaggio da economia di produzione a economia di servizi; preminenza della classe dei professionisti e tecnico impiegatizia; centralità del sapere teorico come fonte di innovazione e formulazione di politiche pubbliche; necessità di anticipare il futuro; nuove tecnologie intellettuali finalizzate a una logica decisionale (programmazione lineare, teoria dell’informazione, cibernetica, teorie della decisione, teoria dei giochi, teoria del’utilità ecc.). (cfr. MATTELART 2001, pp. 70 e 73-74)
BENIGER, James R., The Control Revolution. Technological and Economic Origins of the Information Society, Cambridge, Harvard University Press, 1986; tr.it.: ID., Le origini della società dell’informazione, Prefazione di Chiara Ottaviano Torino, UTET, 1995.
Il termine "società dell’informazione" compare, secondo l’autore, per la prima volta nelle opere di Fritz Maclup (cfr. MACLUP 1962 e MACLUP 1980), economista che negli anni ‘50 studiò quei settori dell’economia USA aventi a che fare con produzione e distribuzione della conoscenza. In realtà, però, secondo Beniger, la società dell’informazione a sua volta è figlia di una "rivoluzione del controllo", intesa come rivoluzione della possibilità di raggiungere i fini prestabiliti del sistema, che trae origine, nell’Ottocento, dalla necessità del sistema industriale di controllare una produzione materiale potenzialmente illimitata e da un mercato sempre più lontano dalla produzione, che sollecita l’introduzione di tecnologie di elaborazione delle informazioni e di comunicazione.
BENTIVEGNA, Sara, Politica e nuove tecnologie della comunicazione, Roma-Bari, Laterza, 2002.
BERGER, René, Il nuovo Golem, Televisione e media tra simulacri e simulazione. Presentazione di Vittorio Fagone. Postfazione di Jacques Monnier-Raball, Milano, Raffaello Cortina, 1992.
BERNARDINI, Carlo – DE MAURO, Tullio, Contare e raccontare. Dialogo sulle due culture, Roma-Bari, Laterza, 2003.
Recensioni: ReS
BIJKER, Wiebe – HUGHES, Thomas – PINCH, Trevor (cur.), The social construction of Technological system, Cambridge, Mass., MIT Press, 1989.
BOLOGNANI, Mario – GARIBALDO, Francesco, La società dell’informazione. Le nuove frontiere dell’informatica e delle telecomunicazioni, Roma, Donzelli, 1996.
Il libro associa le letture tecnologiche della società dell’informazione ai progetti di pianificazione sociale che vanno sotto l’etichetta di società dell’informazione. Una attenzione particolare e prestata ai progetti in ambito UE e G7. Connettono le ricerche economiche sull’innovazione alle riflessioni sulla società dell’informazione. Per quanto riguarda la situazione italiana raccomandano un intervento dello Stato non soltanto nel "liberare le forze di mercato", ma nel "costruire un mercato", con regolamentazione dei diritti ecc.
BRANFORD, V. – GEDDES, Patrick, The coming polity, London, Williams & Norgate, 1917.
BRETON, Philippe, Histoire de l’informatique, Paris, La Découverte, 1987; tr.it.: ID., La storia dell’informatica, Bologna, Cappelli, 1992.
BRETON, Philippe, L’ utopie de la communication. Le mythe du village planetaire, Paris, La Decouverte, 1993; tr.it.: ID., L’utopia della comunicazione. Il mito del villaggio planetario, con pref. di Paolo Fabbri, Torino, UTET, 1995.
Breton sostiene che l’ideologia della comunicazione che si diffonde nella seconda metà del Novecento è introdotta da Norbert Wiener come risposta utopica (l’utopia di un "anarchismo razionale" dell’uomo comunicante) all’esperienza dei campi di sterminio e della bomba atomica.
BRZEZINSKI, Zbigniew, Between Two Ages. America’s Role in the Technetronic Era, New York, Viking Press, 1969.
L’autore è un teorico della politica alla Columbia University di New York, che sotto la presidenza Carter (1976-1989) sarà Consigliere alla Sicurezza Nazionale. Nel libro si interroga sulle conseguenze in politica internazionale dell’era e della società "tecnetronica", una società che sul piano culturale, psicologico, sociale ed economico è determinata dalla tecnologia, in particolare dall’informatica e dalle telecomunicazioni. Si rifa a Teilhard de Chardin per giustificare l’idea di una nuova coscienza planetaria, una "città globale". Introduce l’idea di una "diplomazia delle reti" che deve sostituire la "diplomazia della forza" (cfr. MATTELART 2001, pp. 83-87).
CALIMANI, Riccardo, Energia e informazione, Contributi di Antonio A.Semi, Sergio Los, Giuseppe O. Longo, Padova, Muzzio, 1987.
All’indomani di Chernobil, una documentatissima riflessione da parte di un ingegnere e filosofo della scienza sullo sfruttamento delle fonti energiche tra cui il nucleare.
CASTELLS, Manuel, The information Age: Economy, Society and Culture. 3 voll.: 1. The Rise of Network Society; 2. The Power of Identity; 3. End of Millennium; Blackwell, London, 2000 (tr.it. del primo volume: ID., La nascita della società in rete, con intr. di Guido Martinotti, Milano, Università Bocconi, 2002).
Il libro è uscito in tre grandi volumi separati, tra il 1996 e il 1998, poi riuniti e rielaborati nel 2000 (edizione sulla quale è stata eseguita la traduzione italiana del primo volume). L’autore fissa negli anni Ottanta la nascita di un "capitalismo informazionale", quando si passa dal mainframe centralizzato a un sistema informativo aperto e acefalo dotato di infinite possibilità di accesso.
Scrive di questo libro Dahrendorf: "Per Manuel Castells, […], la nuova economia dell’informazione è la soluzione di tutti i classici problemi delle classi e delle loro lotte, e in generale della diseguaglianza, anzi del potere. La società dell’informazione è alla base della network society, in cui i circuiti elettronici e non il potere determinano non soltanto le strutture sociali ma anche l’identità dell’io. L’informazione è dunque la nuova forza produttiva, e non già come strumento di applicazione, bensì come fonte di nuova informazione." (DAHRENDORF 2003, pp. 53-54)
CATTANEO, Carlo, Psicologia delle menti associate, introduzione di Girolamo de Liguori, Roma, Editori Riuniti, 2000 (5 lezioni tenute tra il 1859 e il 1866 presso il Regio Instituto Lombardo di Scienze lettere ed arti dal 1859 al 1866, pubblicate integralmente per la prima volta in ID., Opere edite e inedite, a cura di A. Ghisleri, 1925-1926)
L’autore contesta la teoria "scientifica" razzista della genesi del "genio scientifico" fondata sulla pretesa superiorità di "certe stirpi": "E’ chiaro – scrive – che, ciò pensando, ogni popolo tende ad adular sé stesso. E’ una forma di boria delle nazioni (Vico)". E non è escluso che dietro vi siano interessi coloniali: "è noto quali conseguenze traessero i fautori della schiavitù dei Negri dalla scoperta d’una costante differenza nell’angolo facciale tra i Negri e i Bianchi, onde avere argumento che quella stirpe fosse inetta ad ogni alto pensiero e predestinata a vegetare in perpetua puerizia e in tutela necessaria de’ suoi nemici". Ma se costoro avessero ragione non si spiegherebbe come "una progenie per molti secoli gloriosa nelle scienze" abbia potuto "ad un tratto ricadere nella più profonda impotenza mentale" del medioevo. No, perché nascesse il "genio scientifico" "fu necessario che la scienza divenisse una tradizione in seno ad una stabile società". Perciò Cattaneo ritiene necessario edificare, accanto alla psicologia individuale, una "psicologia delle scienze" come "psicologia delle menti associate", che tenga conto della capacità sociale della specie umana, della sua capacità di comunicare e di creare parole nuove, di partecipare alle sensazioni di altri e di creare nuove sensazioni attraverso gli strumenti sperimentali e le invenzioni, di sviluppare una "memoria collettiva".
CINI, Marcello, Un paradiso perduto. Dall’universo delle leggi naturali al mondo dei processi evolutivi, Milano, Feltrinelli, 1994.
Tratteggia in maniera chiara e accessibile anche ai non addetti ai lavori il processo che vede un mutamento di razionalità nella scienza: dalla scienza galileiana, intenta a cogliere il semplice nel complesso, alla scienza contemporanea intenta a recuperare alla scienza anche quella dimensione complessa che la scienza galileiana aveva scartato.
CONTINENZA, Barbara – GAGLIASSO, Elena (cur.), L’informazione nelle scienze della vita, Milano, FrancoAngeli, 1998.
Raccolta di contribuiti esito di una ricerca maturata nell’ambito del Gruppo di filosofie della biologia della SILFS (Società italiana di logica e filosofia della scienza). Nonostante l’interesse predominante per il ruolo dell’ "informazione" nelle scienze della vita, il libro costituisce un prezioso compendio a largo spettro delle riflessioni su questo concetto.
DAHRENDORF, Ralf, Auf der Suche nach einer neuen Ordnung. Vorlesungen zur Politik der Freiheit im 21. Jahrhundert, München, Beck, 2003; tr.it.: ID., Libertà attiva. Sei lezioni su un mondo instabile, Roma-Bari, Laterza, 2003. (Si tratta delle "Lezioni Krupp" sulla storia e la politica tenute, tra la fine del 2001 e gli inizi del 2002, al "Kulturwissenschaftliches Institut" nel centro scientifico Nordrhein-Westfalen di Essen).
Per l’autore di queste lezioni, tenute nel clima che seguì immediatamente l’11 settembre 2001, il mondo della globalizzazione appare come un mondo senza stabilità e regole, "anomico", con nuove diseguaglianze, conflitti, minacce, dove però la ricostituzione della convinvenza umana non può prescindere dalla libertà: la responsabilità (i doveri) non può essere barattata con la libertà. Agli entusiasti della globalizzazione e della information age, Dahrendorf preferisce coloro che scorgono un mondo più ibrido, "glocale", complesso, per concludere con l’affermazione di una visione cosmopolitica.
DE MASI, Domenico (cur.), L’avvento post-industriale, Milano, Angeli, 1986.
DE MASI, Domenico, L’emozione e la regola. I gruppi creativi in Europa dal 1850 al 1950, Roma-Bari, Laterza, 2001.
Ricerca sociologica sulla creatività di gruppo svolta analizzando numerosi casi di gruppi di artisti, stilisti, scienziati (medici francesi, fisici italiani, biologi inglesi) tra il 1850 e il 1950.
DE MASI, Domenico, La fantasia e la concretezza. Creatività individuale e di gruppo, Milano, Rizzoli, 2003.
Il denso volume è dedicato alla creatività umana. Si articola in due parti: nella prima, "Scoperta e invenzione", si fa una storia della creatività umana, dall’invenzione di agricoltura, scrittura e Stato, fino all’età postindustriale, concepita come il tempo della creatività per antonomasia. Nella seconda parte, "Fantasia e concretezza", si passano in rassegna le teorie della creatività nelle diverse discipline che se ne sono occupate: neuroscienze, psicanalisi e psicologia, epistemologia e sociologia. Una particolare attenzione va ai processi di creatività di gruppo.
DECHERT, Charles R. (cur.), The social Impact of Cybernetics, New York, Simon and Schuster, 1966; tr.it. Cibernetica e società, Milano, Etas Kompass, 1968.
Una raccolta di testi scritti nell’epoca di un moderato disgelo tra USA e URSS, in cui scienziati sociali ed esperti di teoria dell’organizzazione dei due paesi si interrogano sugli impatti dell’automazione (allora si preferiva parlare di cibernetica) sulla società. Tra i testi di maggior rilievo, soprattutto uno di McLUHAN su "Cibernazione e cultura" (pp. 68-76), in cui si propone di considerare le macchine elettroniche come produttrici di un nuovo ambiente mentale, che producono una "cibernazione" della società; accanto ad esso vi sono alcuni scritti di scienziati sociali sovietici che testimoniano come gli ideologi di Stalin avessero in precedenza messo all’indice i libri di Wiener e con essi tutta la cibernetica, considerata come una scienza pericolosa per il socialismo, subdolo tentativo del capitalismo di sostituire il proletariato in lotta con docili robot. Nel tempo in cui scrivono i nostri autori la cibernetica era stata riabilitata da Krushev in persona ed adottata per tentare di migliorare le performance dei piani quinquennali, dopo essere stata opportunamente depurata degli aspetti "idealistici" ideologicamente ostici, come l’insistenza wieneriana sull’informazione e la comunicazione.
DI CRISTOFARO LONGO, Gioia, Il sorpasso. Dal mito del rischio alla cultura della sicurezza, Milano, Guerini e Associati, 2002.
DOUGLAS, Mary – WILDAWSKY, Aaron, Risk and Culture. An Essay on the Selection of Environmental and Technological Dangers, Berkeley, California University Press, 1982.
Si tratta del libro che segna una svolta nella ricerca della Douglas. Si presenta una teoria forense del pericolo in cui si tratta congiuntamente delle tribù tradizionali e delle società moderne.
DOUGLAS, Mary, Risk accettability according to the social sciences, Russel Sage Foundation, 1985; tr.it.: ID., Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio, Milano, Feltrinelli, 1991.
DOUGLAS, Mary, Risk and Danger, conferenza tenuta presso l’ISPRA di Varese, 1989; tr. it.: "Rischio e pericolo" in ID., Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio, Milano, Feltrinelli, 1991, pp. 155-174.
DOUGLAS, Mary, Risk as Forensic Resource, in ‘Daedalus’, 119/4(1990), volume monografico sul rischio; tr. it.: ID., "Il rischio: una risorsa dialettica" in ID., Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio, Milano, Feltrinelli, 1991, pp. 197-214.
DOUGLAS, Mary – CALVEZ, Marcel, The idea of a self as a Risk Taker, in ‘British Society Review’ giugno (1990); tr.it.: ID., "Il rischio: una risorsa dialettica" in ID., Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio, Milano, Feltrinelli, 1991, pp. 175-196.
DOUGLAS, Mary, Risk and Blame, London-New York, Routledge, 1992; tr.it.: ID., Rischio e colpa, presentazione di Alessandro Dal Lago, Bologna, Il Mulino, 1996. L’ed. orig. inglese contiene scritti elaborati tra il 1988 e il 1991.
DUCLOS, Denis, La peur et le savoir: La société face à la science, la technique et leurs dangers, Paris, La Découverte, 1989.
FEATHERSTONE, Mike, Consumer Culture and Postmodernism, London, Sage Publications, 1990; tr.it.: ID., Cultura del consumo e postmodernismo, Roma, Seam, 1994.
FEATHERSTONE, Mike, Cultura globale: nazionalismo, globalizzazione e modernità, premessa di Massimo Canevacci, Roma, Seam, 1996.
FEATHERSTONE, Mike, La cultura dislocata: globalizzazione, postmodernismo, identità, Roma, Seam, 1998.
FERRAROTTI, Franco, La perfezione del nulla. Promesse e problemi della rivoluzione digitale, Roma-Bari, Laterza, 1997.
FERRAROTTI, Franco, L’ultima lezione. Critica della sociologia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1999.
FISHKIN, James S., The Voice of the People. Public Opinion & Democracy, Yale University, 1995; tr.it. parz. in: ID., La nostra voce. Opinione pubblica & democrazia, una proposta, intr. di Giuliano Amato, Venezia, 2003. (I capitoli dell’ed. orig. 1. "Introduction"; 2. "Who speaks for the people?" e 5. "Giving the people voice", corrispondono ai capitoli : "Introduzione", pp. 15-35; "Chi parla per noi?", pp. 36-98; "Il modello deliberativo", pp. 99-155)
FISHKIN, James S., Beyond Referendum Democracy, in ABRAMS, Elliott (cur.), Democracy How Direcy? Views from the Founding Era and the Polling Era, Washington, Ethics and Public Policy Center and Rowman & Littlefield, 2002; tr.it.: "Concezioni contrapposte dell’opinione pubblica", capitolo quarto di FISHKIN, James S., La nostra voce. Opinione pubblica & democrazia, una proposta, intr. di Giuliano Amato, Venezia, 2003.
FISHKIN, James S., Deliberative Polling ®: Toward a Better-Informed Democracy, The Center for Deliberative Polling TM, University of Texas at Austin, 2002; tr.it. parziale in FISHKIN, James S., La nostra voce. Opinione pubblica & democrazia, una proposta, introduzione di Giuliano Amato, Venezia, 2003. (i due capitoli "Deliberative Polling ®" e "Results of Deliberative Polls. 1994-2002" dell’ed. orig. sono confluiti nell’ultimo capitolo "Un nuovo tipo di sondaggio", pp. 180-196)
FLICHY, Patrice, Une histoire de la communication moderne. Espace public et vie privée, Paris, La Découverte, 1991; tr.it.: ID., Storia della comunicazione moderna. Sfera pubblica e dimensione privata, Milano, Feltrinelli, 1994.
Quasi a verificare in anticipo la teoria del processo dell’innovazione che esporrà in FLICHY 1995, l’autore ripercorre l’evoluzione dei moderni sistemi di comunicazione (in tre periodi: 1790-1870, che vede l’introduzione dell’elettricità, della nozione di rete, della registrazione dell’immagine; 1870-1930, con lo sviluppo delle tecniche elettriche e la scoperta delle onde radio; 1930-1990, epoca dell’introduzione dell’elettronica), in relazione al contesto sociale nel quale l’innovazione coevolve.
FLICHY, Patrice, L’innovation technique, Paris, La Découverte, 1995; tr.it.: ID., L’innovazione tecnologica. Le teorie dell’innovazione di fronte alla rivoluzione digitale, Milano, Feltrinelli, 1996.
Vengono ripercorse le teorie sull’innovazione tecnologica nell’ambito delle scienze sociali, sia quelle classiche come l’economia e la storia, che le "nuove" come psicologia sociale, antropologia culturale e sociologia, con una speciale predilezione per gli approcci costruzionistici (cfr. in particolare BIJKER-HUGHES-PINCH 1989). Piuttosto che come risultato di un processo tecno-scientifico unilineare, l’innovazione è vista come prodotto di interazioni continue e aperte tra diversi attori sociali. Se è vero che il "quadro di funzionamento" di una tecnologia si elabora in seno alla comunità dei ricercatori, il suo "quadro d’uso" mobilita attori diversificati come letterati, romanzieri, volgarizzatori, giornalisti ecc. L’immaginario collettivo, come utopia tecnologica, costituisce un orizzonte immaginativo indispensabile per l’attività dell’inventore.
FOX KELLER, Evelyn, Refiguring Life, New York, Columbia University Press, 1995; tr.it.: ID, Vita, scienza & cyberscienza, Milano, Garzanti, 1996. (Versione rivista e ampliata di una conferenza Tanner su "Rethinking the Meaning of Genetic Determinism", tenuta all’Università dello Utah il 18 febbraio 1993.
FUKUYAMA, Francis, The End of History and the Last Man, New York, Avon Books, 1993; tr.it.: ID., La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, Rizzoli, 1996.
FUKUYAMA, Francis, Our Posthuman Future. Consequences of the biotechnology revolution, New York, Farrar, Straus and Giroux, 2002; tr.it.: ID., L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica, Milano, Mondadori, 2002.
GALLINO, Luciano, La scomparsa dell’Italia Industriale, Torino, Einaudi, 2003.
GIDDENS, Anthony, The consequences of Modernity, Cambridge, 1990; tr.it.: ID., Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, Bologna, 1994.
GIDDENS, Anthony, 1999; tr.it.: ID., Il mondo che cambia: come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Bologna, Il Mulino, 2000.
GIOVAGNOLI, Agostino, Storia e globalizzazione, Roma-Bari, Laterza, 2003.
Il libro è l’incursione di uno storico in un campo, le teorie della globalizzazione e della postmodernità, che sono state terreno principale di indagine del filosofo ma soprattutto del sociologo entro quadri teorici sincronici e atemporali, se non addirittura teorizzanti la "fine della storia". Ne risulta una panoramica della società attuale in cui alle più note teorie sulla "seconda modernità" vengono accostate le discussioni degli storici su cosa è stato il Novecento. Con caparbietà e con un frequente richiamo a profonde analisi di studiosi quali Paul Ricoeur (cfr. Tempo e racconto, soprattutto il 3° volume della trilogia, su Tempo raccontato), l’autore rimette in gioco le categorie del tempo e della memoria. Nel complesso, risultano incrinati certi luoghi comuni sulla globalizzazione letta come una progressiva internazionalizzazione del mondo e come processo di radicale contrapposizione di nazionalismo e internazionalismo. Le riflessioni dello storico confluiscono in maniera imprevista nella prospettiva "glocale" introdotta dai teorici del postmodernismo.
GRAMSCI, Antonio, Gl’intellettuali e l’organizzazione della cultura, Roma, Editori Riuniti, 1971 (Testo tratto dai quaderni scritti nel corso del confino cui l’autore fu costretto durante il ventennio fascista).
Ogni gruppo sociale "si crea insieme organicamente uno o più ceti intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico". Questa dipendenza organica non è percepita chiaramente dal "tipo rurale" di intellettuale, che in forza della continuità con la tradizione si ritiene "indipendente". Al contrario, con la rivoluzione industriale sorge un altro tipo di intellettuale, l’"intellettuale cittadino", che è ben consapevole della propria organicità agli interessi dell’industria. Gramsci ne delinea il volto in maniera inaspettatamente schumpeteriana: "l’imprenditore capitalistico crea con sé il tecnico dell’industria, lo scienziato dell’economia politica, l’organizzatore di una nuova cultura, di un nuovo diritto" ed egli stesso "deve avere una certa capacità tecnica, […] deve essere un organizzatore di masse d’uomini; […] un organizzatore della "fiducia" dei risparmiatori nella sua azienda, dei compratori della sua merce ecc." anzi, se non tutti gli imprenditori, almeno una élite di essi "deve avere una capacità di organizzatore della società in generale, in tutto il suo complesso organismo di servizi, fino all’organismo statale, per la necessità di creare le condizioni più favorevoli all’espansione della propria classe".
HABERMAS, Jürgen, Der philosphische Diskurs der Moderne. Zwölf Vorlesungen, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1985; tr.it.: ID., Il discorso filosofico della modernità. Dodici Lezioni, Roma-Bari, Laterza, 1987.
HABERMAS, Jürgen, Die Zukunft der menschlichen Natur. Auf dem Wege zur liberalen Eugenetik?, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 2001; tr.it.: ID., Il futuro della natura umana. I rischi di una eugenetica liberale, Torino, Einaudi, 2002.
HALDANE, John B.S., Daedalus, or, Science and the Future, Londra, Kegan Paul, Trench, Treubner & Co., 1924; in tr.it. HALDANE, John B.S. – RUSSELL, Bertrand, Dedalo, o La scienza e il futuro / Icaro, o Il futuro della scienza; a cura di Michela Nacci, Torino, Bollati Boringhieri, 1991.
HARAWAY, Donna, Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, London, Free Association, 1991; tr.it: ID., Manifesto cyborg: donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Milano, Feltrinelli, 1995.
HEIDEGGER, Martin, Zur Frage nach der Bestimmung der Sache des Denkens, St. Gallen, Erker Ferlag, 1984; tr.it.: ID., Filosofia e cibernetica, cur. Adriano Fabris, Pisa, ETS, 1988.
HOLTON, Gerald, Science and anti-science, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1993; tr.it.: ID, Le responsabilità della scienza, introduzione dell’autore per l’ed.it., Roma-Bari, Laterza, 1993. Raccolta di contributi usciti tra il 1973 e il 1992.
Fisico e filosofo della scienza, Holton discute a lungo i tentativi di "delegittimare la scienza". Da chi la vuole ridurre a utile mito, abolendo la distinzione tra science e fiction (cfr. LATOUR 1987), a chi la attacca in maniera esasperata come Arthur Koestler, ai mistici delle new age, a chi considera la scienza come scadente modello di "razionalità androcentrica". Vi sono fattori sociali reali che provocano questo indebolimento: l’"attacco localizzato all’ecosistema può produrre effetti ampiamente ‘sottovento’", vi sono le ripercussioni climatiche della deforestazione, la pioggia radioattiva, l’effetto serra ecc. Inoltre c’è un clima di generale caduta del principio di autorità e ciò coinvolge "gli eredi della fede nel progresso". Tuttavia la scienza resta una visione del mondo legata contraddistinta da obiettivismo, universalismo e spersonalizzazione tanto lontana dalla visione premoderna quanto l’astronomia lo è dall’astrologia.
HUTTON, Will – GIDDENS, Anthony (cur.), On the Edge, London 2000
Dialogo tra il sociologo Giddens e l’economista Hutton. Giddens sostiene: "Marx credeva che la classe operaia potesse scavare la fossa al capitalismo, ma si è dimostrato che il capitalismo ha scavato la fossa alla classe operaia". "L’informazione e il sapere sono oggi diventati mezzi di produzione , che sostituiscono molti tipi di attività manuale" (si cita a nostra volta da DAHRENDORF 2003, pp. 53-54)
INNIS, Harold, Empire of Communications, Oxford, Clarendon Press, 1950.
INNIS, Harold, The Bias of Communication, Toronto, University of Toronto Press, 1951; tr.it.: ID., Le tendenze della comunicazione, Milano, 1982.
JAPAN COMPUTER USAGE DEVELOPMENT INSTITUTE (JACUDI), The plan for the information society: a national goal towards the year 2000, Tokyo, 1971.
Progetto di pianificazione sociale giapponese per una società dell’informazione; si tratta del primo progetto di questo tipo. Ad esso ha dato un fondamentale contributo Masuda Yoneji (MASUDA 1981). Al centro è il MITI, superministero del commercio internazionale e dell’industria. La società del futuro è Computepolis, la città interamente cablata, con terminali domestici, traffico gestito in maniera automatizzata, ferrovie computerizzate, supermarket senza personale e col pagamento affidato ad una carta magnetica, climatizzazione computerizzata; al centro di Tokyo una torre con tutti i laboratori nazionali per le idee, una banca dati centrale, assistenza sanitaria a distanza, insegnamento programmato ecc.
JONAS, Hans, Cybernetics and Purpose. A Critique, in The phenomenon of life, 1966; tr.it parziale La cibernetica e lo scopo. Una critica, introduzione di A.M.Iacono. Nota al testo di Marzia Campanelli, Pisa, ETS, 1999. (Conferenza del 1953 tenuta presso la New York School for Social Research, poi inserita nell’appendice su "Materialism, determinism and mind" del saggio The phenomenon of life, 1966)
La teoria cibernetica del comportamento teleologico riposa sul fraintendimento tra "servire a uno scopo" e "avere uno scopo". Secondo Jonas la vita ha in sé una finalità precisa, continuare l’esistenza. Il modello cibernetico riduce la natura animale a due termini: sentire e movimento, mentre i termini sono tre: "percezione, facoltà di movimento ed emozione". "In base a quello che affermano i cibernetici, la società è una struttura comunicativa per la trasmissione, lo scambio e l’accumulo delle informazioni, e sono queste che di fatto la tengono insieme. Mai prima è stata proposta una nozione di società più vuota di questa."
JONAS, Hans, Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die Technologische Zivilization, Frankfurt am Main, Insel Verlag, 1979; tr.it.: ID., Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, A cura di Pierpaolo Portinaro. Intr. di Pierpaolo Portinaro, Torino, Einaudi, 1993.
L’uomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto non lo fosse un tempo la natura per lui. Di fronte a questa minaccia, che riguarda la natura ma che implica l’esistenza e la dignità dell’uomo e che ha dimensioni planetarie ed effetti di lunga durata, non sono sufficienti le etiche tradizionali, nate per un ambito spazio-temporale ristretto. Quest’etica si può basare su due postulati (la struttura teleologica dell’essere vivente e la superiorità di ciò che è dotato di scopo su ciò che ne è privo) da cui discende un’obbligazione nei confronti della conservazione della vita e della sua integrità: il principio di responsabilità, una responsabilità come "principio ecologico", che obbliga ciascuno verso le future generazioni e verso la biosfera. Esso si può esprimere in forma di imperativo categorico: "agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la continuazione di un’autentica vita umana sulla terra". Si tratta di un’etica della moderazione, della cautela, dell’autolimitazione che si pone come via intermedia tra tecnoentusiasmo irresponsabile e tecnoscetticismo disperato. (cfr. anche le approfondite riflessioni sul libro di Jonas da parte di LONGO 2003, pp. 207-212).
KLEIN, Naomi, No logo, 2000; tr.it.: ID., No Logo. Economia globale e nuova contestazione, Milano, Baldini & Castoldi, 2001.
A metà degli anni ‘80 viene introdotta l’idea che le "grandi aziende devono produrre principalmente marchi e non prodotti". "Da allora, un gruppo selezionato di grandi aziende ha tentato di svincolarsi dal mondo materiale delle merci, della produzione e dei prodotti per esistere su un altro piano. Chiunque – sostengono – può produrre una merce […]. Tali umili compiti, pertanto, possono e devono essere affidati ad appaltatori e subappaltatori, la cui unica preoccupazione è quella di evadere l’ordine nel minor tempo e al minor costo possibile (preferibilmente nel Terzo Mondo, dove il lavoro ha un prezzo bassissimo, le leggi e il fisco sono permissivi). Così, i quartieri generali sono liberi di concentrarsi sulla questione che più conta: creare una mitologia aziendale sufficientemente potente da infondere significato agli oggetti apponendovi semplicemente il proprio nome".
LATOUR, Bruno, Science in Action. How to Follow Scientists and Engineers through Society, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1987; tr.it.: ID., La scienza in azione. Introduzione alla sociologia della scienza, Torino, Edizioni di Comunità, 1998.
Generalmente la scienza vista dall’esterno appare come un ordinato modello di razionalità scientifica. "Scoperchiata la scatola nera", però, ci si rende conto che la "scienza in azione", cioè le pratiche della scienza come sono descritte da storici, economisti, sociologi, antropologi e psicologi, è molto diversa. Così non si prende il computer, l’impianto nucleare, la teoria cosmologica, la doppia elica, le pillole anticoncezionali, il modello economico come prodotti finiti, ma nel loro farsi. Ne emerge un quadro molto meno lineare: espedienti retorici i più vari, dall’appello agli amici al principio di autorità ecc.
LATOUR, Bruno, Nous n’avons jamais étés modernes. Essai d’anthropologie symétrique, Paris, La Découverte, 1991; tr.it.: ID., Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica, Milano, Eleuthera, 1995.
Secondo Beck è "una delle opere più eccezionali e stimolanti che siano mai apparse negli ultimi anni nel campo della sociologia della tecnica" (BECK 1999, p. 38, n. 7). L’autore vi propone di superare i nostri schemi mentali dicotomici natura-società, natura-tecnica ecc. a favore di un approccio "ibrido" che li trascende (Approccio analogo è proposto da HARAWAY 1991).
LEVINAS, Emanuel, Autrement qu’être ou au-delà de l’essence, La Haye, Nijhoff, 1974; tr.it.: ID., Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, Milano, Jaca Book, 1983.
LEVY, Pierre, L’intelligence collective. Pour une anthropologie du cyberspace, Paris, La Découverte, 1994; tr.it.: ID., L’intelligenza collettiva. Per una antropologia del cyberspazio, Milano, Feltrinelli, 1996.
LEVY, Pierre, Qu’est-ce que le virtuel?, Paris, La Découverte, 1995; tr.it.: ID., Il virtuale, Milano, Raffaello Cortina, 1997.
LONGO, Giuseppe O., Il nuovo Golem. Come il computer cambia la nostra cultura, Roma-Bari, Laterza, 1998.
La tecnologia modifica la struttura della società e l’individuo. Muta le "forme a priori" con cui l’individuo conosce il mondo. Ciò vale anche per le tecnologie informatiche, sulle particolarità delle quali l’autore si sofferma, prendendo le distanze dai "tecnologi dell’apparato", il cui fatalismo e ottimismo acritico non fanno altro che anestetizzare la sensibilità del pubblico e degli amministratori responsabili ed accelerare un processo già di per sè autocatalitico, affidandolo ai suoi automatismi interni.
LONGO, Giuseppe O., Homo technologicus, Roma-Bari, Laterza, 2001.
L’uomo è sempre stato un animale tecnico, ma è anche vero che oggi si sta assistendo ad una vera e propria mutazione dall’homo sapiens all’homo technologicus o, se si vuole, "dall’uomo a ‘tecnologia limitata’ all’uomo ‘a tecnologia intensa’. Nel libro si alternano prosa saggistica e prosa narrativa (talora anche poesia), perché "il cuore ha le sue ragioni che la ragione non comprende" (Pascal). Tra le altre cose, si discute del "surriscaldamento informativo" prodotto dall’abbassamento dei costi delle comunicazioni e dalla caduta dei filtri tradizionali (religione, scuola, scienza, famiglia), processo che però rientra in una lunga storia di estroflessione comunicativa che va nella direzione di un’"intelligenza collettiva", che trova con internet la massima espressione. (cfr. LEVY 1994 e CATTANEO 1925) Si riprende (cfr. già LONGO 1998 a proposito del sistema scolastico) il tema della flessifibilità sistemica (cfr. TELFENER-CASADIO 2003), sostenendo che un sistema troppo rigido non può affrontare le emergenze. Si discute a lungo del fallimento del progetto forte dell’Intelligenza artificiale ed in generale dei limiti della razionalità riduzionistica.
LONGO, Giuseppe O, Il simbionte. Prove di umanità futura, Roma, Meltemi, 2003.
Il libro continua il discorso iniziato in LONGO 1998 e LONGO 2001. Il "simbionte" è un altro nome per l’homo technologicus, che è il futuro della nostra specie, anzi della specie che prenderà il nostro posto. Ma cos’è questo simbionte? Da un lato sembrerebbe essere l’uomo che si lascia alle spalle gran parte dell’umano, per diventare "macchinico", in un quadro in cui macchina significa soprattutto una macchina informativa, "disincarnata", dotata di fredda razionalità. Dall’altro, però, l’autore registra anche una tecnica che si rende autonoma rispetto alla scienza e dunque alla razionalità cartesiana, una tecnica che procede artigianalmente attraverso una sorta di bricolage. Negli ultimi due capitoli si interroga a lungo sui pericoli di questo trapasso ed esprime simpatia per posizioni quali l’etica della responsabilità di Jonas (JONAS 1979). Insiste soprattutto sull’eccessiva rapidità con cui avviene il processo: "la natura insegue sempre più affannosa la corsa della tecnologia". Di qui un "disadattamento": "in ciascuno di noi la parte biologica e la parte tecnologica tentano un faticoso adattamento reciproco, messo continuamente in forse dai progressi tecnici e dalle nuove ibridazioni. La ricerca di questo adattamento si manifesta sotto forma di sofferenza. La sofferenza riguarda la parte più sensibile, cioè quella biologica, sia a livello planetario sia a livello individuale e sociale".
LYON, David, The information Society: Issues and Illusions, Cambridge, Polity Press – Oxford, Basil Blackwell, 1988; tr.it. ID.: La società dell’informazione, Bologna, Il Mulino, 1991.
LYOTARD, Jean-François, La condition postmoderne, Paris, Les Editions de Minuit, 1979; tr.it.: ID., La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli, 1981.
Si tratta di un "rapporto sul sapere nelle società più sviluppate", proposto al Consiglio universitario coadiuvante il governo del Québec. L’autore sostiene che il sapere cambia statuto nel momento in cui la società entra nella fase postindustriale e la cultura nella fase postmoderna. In questa fase domina l’incredulità di fronte alle metanarrazioni, a quei discorsi cioè come quello sulla "verità" o sulla "giustizia" che legittimano dei saperi. Alle metanarrazioni si sostituisce "il criterio dell’operatività" che "è tecnologico, non è pertinente per giudicare del vero e del giusto". La ragion d’essere del sapere postmoderno non risiede nell’ "omologia degli esperti" (cioè nel consenso tra di loro) ma nella "paralogia degli inventori". "L’informatizzazione della società […] può divernire lo strumento ‘sognato’ del controllo e della regolazione del sistema di mercato esteso fino al sapere stesso, e retto esclusivamente dal principio di performatività", cioè della funzionalità.
MACLUP, Fritz, The production and distribution of knowledge in the United States, Princeton, Princeton University Press, 1962.
MACLUP, Fritz, Knowledge: its Creation, Distribution, and Economic Significance, Princeton, Princeton University Press, 1980.
MALDONADO, Tomás, Reale e virtuale, Milano, Feltrinelli, 1994.
MALDONADO, Tomás, Critica della ragione informatica, Milano, Feltrinelli, 1997.
MARCHESINI, Roberto, Post-human. Verso nuove forme di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2002.
Recensioni: Rassegna Stampa Bertolini
MASUDA, Yoneji, The information society as postindustrial society, Bethesda, MD, World Futures Sopciety, 1981.
Opera di uno studioso che ha svolto un ruolo molto importante nella stesura del piano nazionale del Giappone (JACUDI 1971). Nella società dell’informazione "la struttura portante non sarà rappresentata dalla produzione di prodotti materiali, ma da quella di informazioni", "una società che promuova un fiorente stato generale di creatività intellettuale umana, invece che di un opulento consumo materiale". (cfr. LYON 1988)
MATTELART, Armand, La mondialisation de la communication, Paris, Presses Universitaires de France, 1996; tr.it.: ID., La comunicazione globale, Roma, Editori Riuniti, 1998.
Secondo una tendenza che ritroveremo anche in altri libri dell’autore (cfr. MATTELART 2000 e MATTELART 2001), le origini della tematica della mondializzazione e dell’utopia della comunicazione sono rinvenute agli inizi della modernità, qui in particolare nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese.
MATTELART, Armand, Histoire de l’utopie planetaire, Paris, La Découverte, 2000 (ouvrage publié avec le concours du Ministère français chargé de la culture); tr.it.: ID., Storia dell’utopia planetaria. Dalla città profetica alla società globale, Torino, Einaudi, 2003.
Il libro ricostruisce la genealogia delle nozioni di mondializzazione e globalizzazione nel mondo moderno, la cosiddetta "utopia planetaria". Inizia dalle ideologie cristiane che accompagnano le grandi scoperte geografiche del Quattro-Cinquecento e, passando per il giusnaturalismo, il socialismo utopistico ecc. giunge fino alle odierne teorizzazioni sulla mondializzazione. Sostanzialmente inediti sono i luoghi in cui si affronta la dimensione utopica di cui è investita la tecnica (ad esempio "L’Icaria aerea: da Victor Hugo a Jules Verne) oppure quelli in cui si rintracciano con attenzione le tappe che la nozione di globalizzazione ha percorso nella seconda metà del Novecento.
MATTELART, Armand, Histoire de la société de l’information, Paris, La Découverte, 2001; tr.it.: ID., Storia della società dell’informazione, pref. dell’autore all’ed. it., Torino, Einaudi, 2002.
Il libro, piccolo ma denso, ripercorre la storia dell’idea di società dell’informazione. All’inizio è posto un lungo excursus, che va dalle idee di Leibniz sull’automazione del ragionamento fino all’invenzione dei primi computer durante la Seconda guerra mondiale, con alcune interessanti variazioni sul tema che mostrano come si prefiguri la "società delle reti", attraverso l’utopia geometrica della rivoluzione francese, la statistica, la bibliografia universale. Si entra davvero nel vivo con il rapido richiamo alle teorie di Wiener, Innis, McLuhan, Mumford, e soprattutto con gli ultimi tre capitoli (4. Scenari postindustriali; 5. La trasformazione delle politiche pubbliche; 6. La società globale dell’informazione: un obiettivo politico), in cui si mostrano le molteplici contaminazioni subite da concetti quali età dell’informazione e società dell’informazione, postmodernità e globalizzazione, che in ultima analisi appaiono come diverse denominazioni di un’unica realtà concettuale, frutto in parte di obiettiva ermeneutica sociale, in parte di volontà politica e progettualità sociale.
McLUHAN, Herbert Marshall, The Gutenberg Galaxy. The Making of Typographic man, Toronto, University of Toronto Press, 1962; tr.it.: ID., La Galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, Roma, Armando Armando, 1976.
McINTYRE, Neil – POPPER, Karl, The critical Attitude in Medicine: the Need for a New ethics, in "British Medical Journal", 287(1983), pp. 1919-1923.
MERTON, Robert K.-BARBER, Elinor G., The Travels and Adventures of Serendipity. A Study in Historical Semantics and the Sociology of Science, copyright 1992; tr.it.: ID., Viaggi e avventure della Serendipity. Saggio di semantica sociologica e sociologia della scienza, intr. di James L. Shulman; postfazione di Robert K. Merton, Bologna, Il Mulino, 2002.
Serendipity è una parola inflazionata nel mondo culturale anglosassone tanto da essere usata per le insegne di negozi e ristoranti. In italiano mantiene ancora quell’alone di magia che spetta a questo concetto così intimamente legato alla creatività umana. La si incontra per la prima volta verso la metà del Settecento in una lettera dell’inglese Horace Walpole, che la coniò per indicare la "sagacia accidentale", quel particolare tipo di intelligenza che permette di scoprire qualcosa di prezioso che non si sta cercando. Negli anni Cinquanta, il sociologo (e sociologo della scienza) Robert Merton e la storica Elinor Barber inseguirono le vicende della parola ed insieme del concetto e delle dispute su di esso, dal tempo di Walpole in poi. Ne risultò questo scritto, apparso solo di recente.
Recensioni: ReS
MONTAGNINI, Leone, La rivoluzione cibernetica. L’evoluzione delle idee di Norbert Wiener sulla scienza e la tecnica, in ‘Atti e memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti già dei Recovrati e Patavina’, v. 114 (2001-2002), parte II: Memorie della Classe di Scienze Matematiche e Naturali, pp. 109-135.
Abbandonando il mondo dei filosofi di professione, nel 1919, con la sua assunzione all’M.I.T., Norbert Wiener continuò a riflettere sulla scienza, la tecnologia e le loro conseguenze sociali. Questo articolo studia l’evoluzione di una quarantennale riflessione, che va dagli anni della Grande Depressione a quelli della Guerra fredda. Sorprendentemente, le vedute di Wiener degli anni Trenta si imperniano principalmente sulle idee di energia e materia: produzione e stoccaggio della forza motrice, trasporto aereo, energia a basso costo dalla fissione atomica, e così via. Solo con le sue ricerche di guerra sui computer e sulle centrali di tiro antaereo, egli scoprì l’importanza dell’informazione ed ebbe l’intuizione della "rivoluzione cibernetica": l’avvento di una nuova era, tempo del ‘controllo e della comunicazione’, basata sulle macchine di comunicazione ed interessata all’informazione, quanto l’Ottocento si era incentrato sulle macchine a vapore ed interessato all’energia e alla materia. Con la Rivoluzione cibernetica di Wiener fa la prima comparsa ciò che è oggi chiamato "società post-industriale", "società dell’informazione", "epoca postmoderna".
MUCCHETTI, Massimo, Licenziare i padroni?, Milano, Feltrinelli, 2003.
MUMFORD, Lewis, Technics and Civilization, New York, Harcourt, Brace & Co, 1934; tr.it.: ID., Tecnica e cultura, Milano, Il Saggiatore, 1961 (Ed. italiana riveduta dall’autore).
Sviluppando idee di Geddes (BRANFORD-GEDDES 1917), distingue l’evoluzione della tecnica in tre fasi: "eotecnica" (dal 1000 al 1750), dove le fonti di energia animali (comprese le braccia umane), progressivamente sono sostituite da acqua e vento, e i materiali tipici sono legno e vetro; "paleotecnica" (dal 1750), in cui l’energia è data dalla macchina a vapore alimentata a carbone e il materiale preferito è ferro e derivati; "neotecnica" (dai confini cronologici meno netti), col motore elettrico e la conseguente dislocazione industriale, ed ancora con lo sviluppo delle telecomunicazioni, dove i materiali sono inorganici ma leggeri: materie sintetiche, rame, alluminio. La radio crea un nuovo contatto fra capo e popolo.
NEGROPONTE, Nicholas, Being Digital, New York, MIT Press, 1995; tr.it.: ID., Essere Digitali, Milano, Sperling & Kupfer, 1995.
Direttore del Media Lab dell’MIT, l’autore di questo best seller assai discusso insiste sulla differenza semplice, ma non ancora colta completamente tra bit e atomi. Si tratta della riproposizione dell’asserzione di Wiener secondo cui "l’informazione è informazione, non materia o energia", con un correttivo: Negroponte, quando pensa all’informazione, vi pensa solo in termini di informazione digitalizzata, cioè ridotta ad un formato tale che possa essere trattata da un calcolatore.
NEHER, André, Faust et le Maharal de Prague. Le mythe et le réel, Paris, Presses Universitaires de France, 1987; tr.it.: ID., Faust e il Golem. Realtà e mito del Doktor Johannes Faustus e del Maharal di Praga, Firenze, Sansoni, 1989.
‘L’uomo del "dopo Auschwitz e Hiroshima" si sente coinvolto in prima persona da Faust e dal Golem. Vive con loro in un tempo che è loro comune. […] Faust è il mito dell’uomo moderno. Il Golem è il mito dell’uomo postmoderno […] Sono nati contemporaneamente all’apogeo del Rinascimento […] E contemporaneamente raggiungono una vetta parossistica nel XX secolo. […] Nel 1947 infatti, all’indomani di Auschwitz e di Hiroshima, Thomas Mann pubblica il suo grande romanzo Doktor Faustus. […] Il patto con il diavolo è il delirio di una Germania demoniaca […] segno e simbolo della nostra modernità […]. E sempre nel 1947 […] Norbert Wiener scrive il suo grande libro La cibernetica, che esce l’anno seguente. Ricapitolando il Maharal di Praga (contemporaneo di Marlowe) e Goethe (L’apprendista stregone), Wiener introduce, con un progetto il cui turbine ci trascina ancora e per sempre, il mito del Golem nel cuore della nostra postmodernità: la cibernetica, il radar, il calcolatore, l’automazione, la scissione dell’atomo, alla quale Wiener aveva collaborato, sono forze ambigue dell’uomo-robot i cui gesti meccanici lanciano il mondo simultaneamente verso l’accelerazione irreversibile del progresso e verso i carnai di Auschwitz e i crateri di Hiroshima’ (vedi anche WIENER 1964).
NORA, Simon – MINC, Alain, L’informatisation de la société, Paris, La documentation française, 1978; tr.it: ID., Convivere con il calcolatore, Milano, Bompiani, 1979.
Si tratta del rapporto sull’informatizzazione della società presentato nel gennaio 1978 al presidente francese Giscard d’Estaing. L’informatizzazione della società può costituire un nuovo modello globale di regolazione della società. Si introduce un neologismo fortunato: "telematica" cioè le telecomunicazioni più l’informatica può consentire una gestione più flessibile del consenso. Si indica allo Stato l’urgenza di costruire banche (imperativo per la sovranità nazionale), lanciare satelliti di comunicazione, costruire reti. (cfr. MATTELART 2001)
OLIVERIO, Alberto, Dove ci porta la scienza, Roma-Bari, Laterza, 2003.
Il libro presenta un aggiornatissimo panorama della scienza contemporanea e delle discussioni su di essa. Dopo aver richiamato le novità nel campo della biologia molecolare e delle sue applicazioni (con le relative questioni di demarcazione tra naturale e artificiale, e le ancor più difficili problematiche etiche, con al centro la domanda su "chi" deve dirimere le controversie – un’authority indipendente?), nonché le forse meno eclatanti ma non meno importanti scoperte delle neuroscienze (con le relative questioni su mente/corpo, determinismo/autonomia, unità/pluralità della mente ecc.), l’autore perviene all’interrogativo circa il ruolo e l’identità della scienza contemporanea. Riferisce di un crollo di fiducia nella scienza, che per alcuni versi però è solo postmoderna bivalenza tra scienze tradizionali (come la medicina naturale) e scienza classica; oppure è pendolarismo tra scientismo e antiscientismo. Un fatto conclamato è di certo, secondo Oliverio, che negli USA, soprattutto dopo l’89, si sono accentuati i processi di privatizzazione dei progetti. Si intrattiene a lungo sulle cosiddette "Science Wars": accesa disputa tra neorealisti e costruttivisti, sorta negli ultimi tempi negli USA. Conclude infine con un richiamo a temi quali la scienza solidale, le innovazioni locali a basso contenuto tecnologico, "la responsabilità politica della previsione".
PERA, Marcello (cur.), Il mondo incerto, Roma-Bari, Laterza, 1994.
POSNER, R.A., Public Intellectuals. A Study of Decline, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 2002.
POSTMAN, Neil, Technopoly, Torino, Bollati Boringhieri, 1993.
Parla con toni di profonda inquietudine dell’avvento di una teocrazia tecnologica, di una ‘idolatria del silicio’ (cfr. LONGO 1998).
POSTMAN, Neil, Divertirsi da morire. Il discorso pubblico nell’era dello spettacolo, Venezia, Marsilio, 2002.
Nota che il modello televisivo di controllo non è quello di 1984 di Orwell, piuttosto l’utopia negativa di Brave New World di Aldous Huxley: un controllo delle persone attraverso i piaceri piuttosto che attraverso le punizioni. (Cfr. VENEZIANI 2003)
REICH, Robert, The Work of Nations. Preparing Ourselves for 21st Century Capitalism, New York, Knopf, 1991.
L’autore, economista e futuro ministro del lavoro nel primo mandato della Presidenza Clinton, introduce qui le linee fondamentali di quello che sarà il progetto per una National Information Infrastructure. Sostiene che in un’economia globalizzata la vendita di "servizi di manipolazione di simboli" è illimitata e che gli USA hanno un vantaggio competitivo su tutti. (cfr. MATTELART 2001)
ROBERTSON, Roland, Globalization. Social Theory and Global Culture, London, Sage, 1992.
Secondo l’autore l’antitesi tra globale e locale è cortocircuitata dal rischio e sorge un nuovo tipo di rischio "glocale". In proposito, Beck spiega che il glocale viene dal fatto che i pericoli ambientali non conoscono confini (BECK 1986, postfazione).
ROSSI, Paolo, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, Bologna, Il Mulino, 1989.
SCHUMPETER, J.A., Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, Monaco – Lipsia, Duncker und Humbolt, 1912; tr.it.: ID., Teoria dello sviluppo economico, Firenze, Sansoni, 1971.
SCHUMPETER, J.A., Business Cycles. A Theoretical, Statistical and Historical Analysis of the Capitalist Process, New York, McGraw-Hill, 1939; tr.it. dell’ed. ridotta: ID., Il processo capitalistico. Cicli economici, Torino Boringhieri, 1973.
SCHWARZ, Michiel-THOMPSON, Michael, Divided We Stand. Redefining Politics, Technology and Social Choice, 1990; tr.it.: ID., Il rischio tecnologico. Differenze culturali e azione politica, a cura di Elisa Bianchi, Milano, Guerini e associati, 1993.
SEVERINO, Emanuele, Tecnica e architettura, Milano, Raffaello Cortina, 2003.
Essere uomini è "avere coscienza del dolore." Per sopravvivere, all’inizio il grande rimedio fu il mito. L’Occidente sorge quando al mito si sostituisce la verità grecamente intesa. Dopo due millenni, però, alla verità si sostituisce la tecnica. La filosofia del nostro tempo, che nega ogni verità assoluta, rappresenta "il fondamento della potenza della tecnica" in quanto nega qualsiasi limitazione all’agire tecnico. Capitalismo, democrazia, cristianesimo, le forze sopravvissute al crollo del socialismo, servendosi della tecnica non si rendono conto che essa reca in sé la negazione delle loro stesse essenze. In realtà è la tecnica a servirsi di esse; "lo scopo di ogni agire […] diventa l’incremento della potenza della tecnica, cioè l’incremento infinito della capacità di realizzare scopi".
SOLA POOL, Ithiel de, Technologies of freedom, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1983.
STEINER, George, Grammars of creation, 2001; tr.it.: ID., Grammatiche della creazione, Milano, Garzanti, 2003.
"Non abbiamo più inizi". è l’incipit di questo volume dedicato all’inizio: un’opera in cui l’alba di cui si discute sembra lottare per farsi largo nell’atmosfera crepuscolare che la pervade (aura che esala dai campi di morte del Novecento). Il tema di cui si discute è la creatività umana e l’intensa riflessione sulla creazione, nella cultura greca e in quella ebraica come nella cosmogonia del big bang, serve proprio a fissare la differenza tra creatività e invenzione. La creatività è per l’autore soprattutto quella artistica e letteraria, che si tenderebbe a dare per acquisita e che invece qui si toglie dall’ovvio e si cerca di motivare. Così si assiste ad un singolare ribaltamento, in cui le riflessioni di quei matematici che paragonano la creatività insita nella loro scienza all’arte vengono usate per spiegare la poesia. Nel capitolo quinto, quest’opera di un umanista che si confronta a tutto tondo con l’universo della parola e della parola scritta, troviamo un’inattesa apertura alle tesi di una nuova creatività offerta dalle nuove information technologies.
SYLOS LABINI, Paolo, Nuove tecnologie e disoccupazione, Roma-Bari, Laterza, 1989.
Questo libro, che raccoglie scritti e relazioni risalenti al periodo 1985-1988, solo in parte si interessa della disoccupazione. In realtà è un interessante lavoro di un economista che fu allievo a Harvard di Schumpeter e che come lui ha sempre guardato con interesse alle dimensioni sociologiche connesse all’economia. Particolamente degno di nota il capitolo 3° su "Le nuove tecnologie e lo sviluppo economico", in cui si richiama la schumpeteriana teoria dei cicli lunghi o "cicli Kondratieff". "Ciascun ciclo è caratterizzato da una ‘trasformazione fondamentale nella struttura economica e sociale della società’ e consiste in una vera e propria rivoluzione industriale". In epoca moderna questi cicli sarebbero stati: la prima rivoluzione industriale, con l’introduzione e la diffusione della macchina a vapore per usi fissi nell’industria tessile e meccanica; la seconda rivoluzione industriale con l’uso della macchina a vapore per usi mobili; la terza rivoluzione industriale con l’energia elettrica, il motore a scoppio e la chimica. Si giunge infine alla quarta rivoluzione industriale dove "l’innovazione trainante è l’elettronica, che in realtà consiste in un vero e proprio sistema di innovazioni, in continua espansione; ma anche l’aereo, già apparso nel precedente ciclo Kondratieff". Si tratta secondo l’autore di idee da prendere con la dovuta cautela, ma che possono servire per sistematizzare i fatti. In particolare sono le grandi invenzioni (es. il motore a scoppio) che aprono la strada alle innovazioni di lungo periodo, ma sono le piccole invenzioni e innovazioni che dominano nel breve e medio periodo (rendendo ad esempio l’automobile un bene di consumo di massa). Dato che i cicli Kondratieff durerebbero una cinquantina di anni, il quarto ciclo sarebbe già nella fase calante.
TELFENER, Umberta – CASADIO, Luca (cur.), Sistemica. Voci e percorsi nella complessità, Torino, Bollati-Boringhieri, 2003.
Sistemica è una summa del pensiero sistemico in forma di dizionario. E’ scritto in maniera attenta e non banale da un vasto gruppo di studiosi di diverse discipline, con una prevalenza delle scienze socio-umane ed in particolare della psicologia relazionale, tutti italiani tranne Heinz von Foester, colui che vide sorgere la cibernetica.
TIDD, Joe – BESSANT, John – PAVITT, Keith, Managing Innovation. Integrating Technological, Market and Organizational Change, John Wiley & Sons, 1997; tr.it.: ID., Management dell’innovazione. L’integrazione del cambiamento tecnologico, organizzativo e dei mercati, a cura di Fabio Pammolli e Andrea Piccaluga; presentazione di Giovanni Dosi, Milano, Guerini, 1997.
Uno dei testi fondamentali sul management dell’innovazione. L’innovazione è tecnologica, di mercato e organizzativa ed è necessario un approccio integrato. Ci soffermiamo solo su un punto di un libro estremamente ricco, quello in cui si tratta delle "tecnologie rivoluzionarie" dell’oggi: la biotecnologia, i nuovi materiali e la IT. Soprattutto per quanto riguarda la tecnologia informatica sono sorte due traiettorie tecnologiche: la rivoluzione microelettronica (che riguarda progettazione e produzione di chip elettronici) e la rivoluzione informatica propriamente detta (che si riferisce alla produzione del software). La prima pone alte barriere di ingresso nel settore, la seconda ha basse barriere ed apre opportunità tecnologiche sia nei settori industriali che in quelli dei servizi.
TURNER, Adair, Just Capital. The Liberal Economy, London 2001; tr.it.: ID., Just capital. Critica del capitalismo globale, Roma-Bari, Laterza, 2002.
L’autore, un economista, distingue tra l’alta tecnologia high-tech e quella vecchia high-touch, cioè quella dei servizi che costringono a toccare cose e persone, concludendo che la new economy non è che un miscuglio delle due, di "lavori basati sulla conoscenza e dei vecchi e semplici lavori ordinari che pur devono essere fatti". Il capitalismo può essere giusto e d’altra parte ormai esiste soltanto il capitalismo (cfr. HABERMAS 2001).
UTTERBACK, James M., Mastering the Dynamics of Innovation, Cambridge, Mass., Harvard Business School Press, 1996; tr.it.: ID., Padroneggiare le dinamiche dell’innovazione industriale, pref. di Federico Butera, Milano, FrancoAngeli, 2003.
Il libro è una sintesi teorica che si basa su decenni di ricerche svolte prima ad Harvard e poi alla Sloan School of Managemente dell’MIT. Esso mira a sviluppare un modello pratico delle dinamiche dell’innovazione industriale, alla cui base c’è la ormai classica teoria sviluppata a partire dagli anni Settanta dall’autore insieme a William Abernathy, secondo la quale all’inizio si ha una "fase fluida" in cui il tasso di innovazione sostanziale si concentra sul prodotto: una intensa sperimentazione sul design e le caratteristiche operative del prodotto. Dopo una "fase transitoria", il tasso di innovazione sostanziale si concentra sul processo: ci si concentra sui modelli standard che il mercato ha dimostrato più idonei e le normative hanno omologato. Questa terza fase, la "fase specifica" è generalmente costituita da piccole innovazioni. A questo punto il pericolo per l’azienda proviene più che dai concorrenti tradizionali, da nuovi concorrenti che possono introdurre innovazioni radicali.
VENEZIANI, Marcello, La sconfitta delle idee, Roma-Bari, Laterza, 2003.
"Un millennio si è aperto e non c’è una nuova idea all’orizzonte". Le idee di cui parla l’autore sono le solide idee platonicamente intese; principi ordinatori, fonti di energia e mobilitazione, esse "garantiscono l’etica della responsabilità", in quanto "conoscendo i presupposti e attribuendo un senso allo svolgimento dei fatti, possiamo rispondere di un’azione di cui siamo persuasi prima che accada. "La società opulenta che ha voltato le spalle alle idee cammina su due gambe […]: la Tecnica e il Mercato." "La tecnica colma il vuoto di luce naturale e soprannaturale con la luce artificiale. Un dio al neon veglia sulla sera occidentale. Ma se dovessimo dare un nome a quel dio, e magari una sembianza, dovremmo chiamarlo Denaro".
WEBER, Max, La politica come professione (1919); in Scritti politici, Donzelli, Roma 1998, pp. 175-230.
Contrappone etica della convinzione e etica della responsabilità.
WIENER, Norbert, Cybernetics. Or control and communication in the animal and the machine, Paris, Hermann & Cie – Cambridge, Mass., MIT Press, 1948; tr.it.: ID., La Cibernetica, Milano, Il Saggiatore, 1982 (trad. condotta sulla 2. ed., New York – London, Wiley & Sons, 1961, accresciuta di due capitoli rispetto alla precedente).
Viene introdotto il termine "cibernetica" per indicare una nuova scienza scaturita dalle ricerche della Seconda guerra mondiale, includente i controlli automatici sia analogici che digitali (i computer) e l’ingegneria delle telecomunicazioni, da applicarsi sia al progetto di macchine che alla fisiologia animale. Si annuncia una nuova epoca incentrata sull’informazione e simboleggiata dalle macchine cibernetiche, dopo l’epoca imperniata su materia ed energia e simboleggiata dalla macchina a vapore.
WIENER, Norbert, The Human Use of Human Beings. Cybernetics and Society, Boston, Houghton Mifflin Company, 1950; tr.it. parziale ID., Introduzione alla cibernetica, Torino, Boringhieri, 1966 (Sin dalla prima edizione nelle Edizioni Scientifiche Einaudi, Torino 1953, fu omessa senza menzione la traduzione del capitolo 12: "Voices of Rigidity").
Si approfondiscono le conseguenze sociali della cibernetica, in particolare la prospettiva già introdotta in WIENER 1948 di una nuova rivoluzione industriale basata sul calcolatore digitale che – utilizzato per il controllo dei processi industriali – avrebbe consentito la realizzazione della fabbrica automatica, con conseguenze sull’occupazione operaia. Si discute di telelavoro e di teletrasporto.
God & Golem, inc. A Comment on Certain Points where Cybernetics impinges on religion, Cambridge, Mass., MIT Press, 1964; tr.it.: ID., Dio & Golem, s.p.a. Cibernetica e religione, Torino, Boringhieri, 1967.
Si insiste sulle nuove responsabilità della scienza e della tecnica nell’epoca della cibernetica, che molto più che in passato debbono interrogarsi sui propri fini. La macchina, soprattutto l’automa cibernetico, non può essere considerato come un docile servitore, ma possiede una sua autonomia che può rivolgersi contro l’uomo, suo creatore.
WIENER, Norbert, Invention. The Care and Feeding of Ideas, Cambridge, Mass., MIT Press, 1993. (Opera postuma scritta nel 1954); tr.it. L’invenzione. Come nascono e si sviluppano le idee, intr. di Steve J. Heims, Torino, Bollati-Boringhieri, 1994.
Wiener non è mai stato favorevole ad una limitazione della scienza e della tecnica per partito preso. Le nuove responsabilità poste dall’età cibernetica richiedono sì un supplemento di riflessione etica ma anche una forte spinta innovativa. Di questa convinzione è prova questo libro, uscito postumo, in cui ci si interroga appassionatamente circa i fattori che promuovono la scoperta e l’invenzione, insistendo sull’importanza di un ambiente socio-culturale fertile e su uno stile di ricerca libero e non finalizzato al breve periodo, diverso da quello in voga nei grandi laboratori usciti dalla Seconda guerra mondiale.
ZOLLA, Elémire, Eclissi dell’intellettuale, Milano, Bompiani, 1965.
Con il "tardo industrialismo", l’ntellettuale tradizionale tende ad estinguersi, diventando "appendice di un’azienda": "Il medico diventa specialista alle dipendenze di un’azienda di sanità pubblica o di un ospedale gigante, esegue un lavoro parcellare ed al limite meccanico senza alcun rapporto organico con il paziente. Il giurista diventa junior associate di una azienda di servizi legali. […] Lo stesso scienziato diventa funzionario di un’azienda." Gli umanisti, esenti per natura dall’inquadramento, saranno presto considerati superflui. "Giungerà bene il giorno in cui le Facoltà umanistiche […] saranno messe in discussione. […] A quale fine una Facoltà di filosofia accanto ai corsi di human relations? […] una Facoltà di Lettere dove esistano scuole di pubblicità, o semmai, se il mercato chiedesse qualche forma di intrattenimento narrativo, corsi di short story writing? […] Tutti questi corsi, che si contrappongono a quelli vecchi e accademici, sono già sorti, finanziati dai complessi industriali interessati a una regolare fornitura di specialisti senza sbavature umanistiche". Nel contempo Zolla denuncia il "patto demoniaco" stretto dall’intellettuale comunista che rinuncia alla propria libertà di pensiero per la linea di partito e preferisce tornare al tipo d’intellettuale caro agli idealisti e criticato da Gramsci (GRAMSCI 1971), un intellettuale libero, aristocratico e lontano dall’impegno politico.
METABIBLIOGRAFIA
(per una bibliografia di bibliografie)
In questo sito:
"Bibliografia sull’innovazione e la responsabilitità" (dal 1958 al dicembre 1998).
"Bibliografia su Filosofia, Epistemologia e Innovazione tecnologica" di Davide Fasolo (aggiornata al 27 novembre 2000).
"Bibliografia su Responsabilità nell’Innovazione, Responsabilità, Innovazione" di Davide Fasolo (aggiornata al 16 gennaio 2001).
"Bibliografia su Biotecnologie e Ingegneria genetica" di Davide Fasolo (aggiornata al 27 novembre 2000).
"Bibliografia sulla Responsabilità e l’Innovazione" di Corrado Del Bò (aggiornata il 15 maggio 2002).
In altri siti web:
Bibliografie di SYNTEC (Francia)
www.syntec-management.com/html/bibliographie/sommaire.asp
Cos’è SYNTEC?
www.syntec-management.com [link aggiornato il 26 gennaio 2004]
Bibliografia di SERVITEC (Italia)
www.servitec.it/servitec/sservizi/bonfi.html
Cos’è SERVITEC?