Pubblichiamo una sintesi di un lavoro di ricerca etnografica condotto personalmente da Federico De Musso sulle pratiche innovative di riciclaggio del cibo condotte dagli studenti di Bologna. Il cibo si situa al crocevia di questioni antropologiche di grande rilevanza: come gli stili di vita riflettano partecipazione socio-politica e reale capacità di abitare la terra in maniera sostenibile, per esempio. Ma anche la capacità di esprime in maniera creativa e giocosa una innovazione di grande significatività politica ed economica. Dagli interstizi spaziali urbani e dalle pratiche che siamo abituati ad identificare alla marginalità ci viene un esempio concreto pratiche innovative e responsabili di consumo socializzato e di gestione più sostenibile delle risorse.
Cristina Grasseni
———-
Omeopatia del rifiuto
ovvero, come il rifiuto curi sé stesso
di Federico De Musso
seconda parte (>vai alla prima parte)
Rifiuto al Mercato
L’approccio creativo al problema dei rifiuti è proprio quello che caratterizza l’azione congiunta di uno sparuto gruppetto di studenti universitari della città di Bologna. Appostandosi tra le file di banchi di un mercato coperto del centro cittadino aspettano che, alla chiusura settimanale dei fruttivendoli, i venditori puliscano le proprie postazioni per sorprenderli con le loro richieste: non si tratta di una vera e propria visita inattesa, anzi, i venditori si aspettano la loro presenza, ed alcuni di loro sono felici di vederli.
Questo è infatti l’ambito in cui gli studenti ricercano e richiedono un bene particolare: gli scarti, la frutta ammaccata, le verdure vecchie, i prodotti in leggero stato di decomposizione. Una parte dei venditori, consci del fatto che basti pulire con accuratezza le verdure per poterle mangiare, le regalano volentieri pur che non vengano sprecate. Ciò che infatti permette che venga scartata gran parte della varietà dei prodotti nel mercato, settimana dopo settimana, è la logica del commercio: nuovi prodotti splendenti ed invitanti devono sostituire quelli che già occupano da qualche tempo i banconi.
Questo processo, ampiamente pubblicizzato e praticato, è messo in dubbio dalle azioni ragionate dei ragazzi che una volta racimolati gli scarti e scambiato quattro chiacchiere con i negozianti (quelli che li vedono di buon occhio), si riuniscono all’esterno del mercato per poter condividere ciò che hanno recuperato. Variando le biodiversità all’interno delle proprie cassette, non solo possono avere varietà di prodotto da consumare nell’arco della settimana, ma riescono inoltre a creare una rete di scambi di informazioni oltre che di cibo, utile nel risolvere i problemi legati alla quotidianità della città vissuta dagli studenti fuori sede.
Questo spostamento, da acquirenti a fruitori non compratori, non si fonda su una visione univoca e condivisa da tutti quanti i ragazzi: sono loro stessi, infatti, che in prima battuta non si riconoscono come gruppo, nonostante si ritrovino quasi sempre le stesse persone, né assumono un’unica ideologia per spiegare le proprie azioni. Il moto circolare di scambi di cibo veicola le emozioni e i pensieri dei ragazzi riguardo questo tipo di riciclaggio, favorendo un passaggio di significati che non si limita ad essere recepito passivamente, ma viene di volta in volta negoziato, discusso e reinterpretato dai singoli. Di modo che le critiche al consumismo, le rivendicazioni di prezzi più abbordabili, le volontà di un mondo ecologicamente più sostenibile, non vengano apprese per osmosi, ma vengano incorporate grazie allo scambio di idee e di cibo che si sposta tra il mercato, le case, le cucine e i piatti dei ragazzi. In questo senso una parmigiana di melanzane riciclate riempie lo stomaco e la mente di chi mangia allo stesso modo che una discussione sul consumo etico.
Le relazioni che si instaurano tra gli studenti, infatti, creano una serie di momenti di incontro al di fuori del mercato, in modo che, attraverso la pratica stessa del consumo di tali verdure e frutta, il ritrovarsi attorno alla stessa tavola in case di volta in volta differenti, si creino dei legami, dei saperi e delle relazioni che, grazie allo stesso fatto di esistere, sono l’antitesi del sistema commerciale consumistico e utilitarista che regola le relazioni, e non solo quelle economiche, nella nostra società.
Ciò che infatti risalta nell’approcciarsi a questi ragazzi è di fatti la gratuità delle scelte e dei rapporti (intessuti anche con i commercianti, e senza dover ricorrere al portafoglio). Non si tratta infatti di una delle tante manifestazioni del razionale ed interessato “homo oeconomicus”, quanto di una pratica ragionata ed una scelta culturale precisa di voler riqualificare gli scarti del sistema di mercato neo-liberale in occasioni di incontro e ricostituzione di un tessuto sociale. L’esito principale dell’azione congiunta di queste persone, nonostante le varietà di motivazioni che le muove, è la critica alla monetizzazione delle relazioni personali, promuovendo in questo modo una nuova dimensione dell’economia più attenta alle persone che alla commercializzazione del prodotto.
La sfida alle relazioni utilitariste è accompagnata e motivata dalla sfida al rifiuto e alla razionalizzazione del processo selettivo, che impone un prezzo troppo alto per gli acquirenti (nonostante sia comprato ad un prezzo infimo presso i produttori) e si circonda di un dispositivo di produzione dello scarto che soddisfa solo le necessità del profitto.
Il consumo dei rifiuti diventa lo specchio di un’azione di recupero di rispetto e dignità a più livelli interpretativi, mosso da una volontà di sostenibilità e di cambiamento.
Breve bibliografia
– Delgado, M. (2003) Recolectors urbans. in Alehop! Dissenys, enginys i remei, AA.VV. Barcelona, Electa.
– Douglas, M. (1966) Purity and danger: An analysis of concepts of purity and taboo. Routlege & Kegan Paul, London. – Ed. it. Purezza e pericolo. Il Mulino, Bologna 1975
– Latouche, S. (1998) Il mondo ridotto a mercato. Edizioni Lavoro. Roma
– Lupton, D. (1996) Food, the body and the self. London. ed .it. L’anima nel piatto. Il Mulino, Bologna 1999
– Patel R. (2007) Stuffed and Starved. Portobello Books. ed. It. I padroni del cibo. Feltrinelli. Milano 2008
– Sassatelli, R. (2006) “Consumo di massa, Antropologia del“, in Enciclopedia Italiana di Scienze,Lettere e Arti, XXI Secolo, VII appendice, Treccani, Roma, Vol. 1, pp. 384-87.
– Stack, C. (1975) All our kin. Strategies in a Black Community. New York.
Sitografia
– Etnografia. L’antropologia può fare la differenza perché ne tiene conto.
– Antropologia del consumo di massa. Articolo di Sassatelli.
– NYC Freegan Meetup
– MDF – Movimento per la Decrescita Felice.
Federico De Musso studia Antropologia Culturale all’Università di Bologna e Anthropology of Food a SOAS, London.
—————
(fotografia: Mercato del pesce di Paolo Piscolla in Flickr)