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L’iniziativa Gli Artigiani incontrano i makers. Innovating with Beauty, promossa a Monza da Fondazione Giannino Bassetti, Camera di Commercio di Monza e Brianza e Confartigianato, ha rappresentato un’ulteriore tappa del percorso avviato a San Francisco la scorsa primavera con Artisanship, Technology and Design: Innovating with Beauty, una settimana di eventi per ribadire che tradizione artigiana, tecnologia e bellezza sono ingredienti essenziali della manifattura del futuro.
Massimo Russo, direttore di Wired Italia, ha condotto l’incontro di Monza presentando coloro i quali, salendo sulla locomotiva della terza rivoluzione industriale, ne sono diventati in qualche modo pionieri per l’Italia, paese che l’indice dell’International Trade Centre conferma essere al primo, secondo e terzo posto al mondo per l’export in molti settori chiave del commercio internazionale. Russo ha insistito su due macro trends globali che stanno sconvolgendo le tradizionali modalità di produzione: la rinnovata preminenza dei centri urbani come motore di sviluppo e di innovazione e la «terza rivoluzione industriale», con i makers che si rapportano ad un paese il cui tessuto manifatturiero è tra i più evoluti al mondo. Simbolo di questa corrente dell’innovazione è la stampante 3D (all’ingresso di Villa Reale, sede della manifestazione, se ne poteva sperimentare una, insieme al relativo scanner tridimensionale).
Ma in che modo le istituzioni dovranno corrispondere ai produttori di tipo nuovo? Come devono cambiare le associazioni di impresa? Valgono ancora le tradizionali forme del credito e le reti commerciali del secolo scorso? Queste le domande che aprivano l’incontro tra artigiani, makers e istituzioni.
Venanzio Arquilla, impegnato nella progettazione del FabLab (Fabrication Laboratory) di Sulbiate, ha aperto la carrellata di interventi insistendo sull’opportunità di un nuovo modo di fare impresa aperto ai giovani talenti presenti sul territorio; gli ha fatto eco Emanuele Balasso, titolare della startup Galassia 3D, che si propone di distribuire stampanti tridimensionali più economiche provenienti dagli Stati Uniti.
Anche Andrea Boldi, orafo e artigiano di Arezzo, fondatore di Nemesi, dal 2006 utilizza le stampanti 3D, conscio però di come le macchine da sole non bastino: occorre la mano dell’artigiano per dare al prodotto un’anima, trasformando questo tipo di tecnologia in linfa per i prodotti industriali.
Filippo Berto, della Berto Salotti e di Makers Hub Brianza, si propone – con la collaborazione dell’architetto e docente del Politecnico di Milano Stefano Maffei – di realizzare un incontro fra le reti di produzione locali e le nuove modalità di fabbricazione.
Marco Manzoni, sindaco di Colle Brianza, comune noto per la sua vocazione artigianale, ha sottolineato come i problemi più importanti cui fornire risposte concrete siano l’investimento sul futuro, la capacità di conservare al meglio le tradizioni senza chiudere le porte all’innovazione, la formazione. Il suo Comune ha dato vita a un progetto interessante: avendo colto l’interesse e la preparazione concettuale e manuale dei bambini sin dalle scuole elementari, si è fatto in modo che proprio questi ultimi interagissero con i laboratori artigiani, così da cogliere le loro attitudini e capacità.
Anche Maria Xanthoudaki del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci ha spiegato che, all’interno dei laboratori interattivi del Museo, l’invito rivolto ai visitatori è di partecipare all’esperienza scientifica e tecnologica, in modo da realizzare l’obiettivo del suo fondatore, ossia lo sviluppo di una vera e propria cultura scientifica tra i giovani. Tra le metodologie adottate, particolarmente affine allo spirito dei makers è quella mutuata dall’Exploratorium di San Francisco – uno dei più innovativi musei scientifici – e ispirata al concetto di Tinkering.
Del resto, la possibilità di portare le nuove tecnologie dedicate alla manifattura nei luoghi di formazione e acculturazione scientifica è stata testimoniata da Massimo Menichinelli, che – oltre ad aver lanciato Aalto FabLab Helsinki – ha disegnato Muse FabLab Trento, il primo FabLab sorto in un museo scientifico italiano.
Le peculiarità imprenditoriali e le opportunità di sviluppo dell’artigianato – anche in chiave di vocazione per le nuove generazioni – è richiamato da Manolo De Giorgi, curatore (insieme ad Andrea Kerbaker) del film Artigianato. Nuovo nome del lavoro, ideato da Fondazione Giannino Bassetti, girato dal Centro sperimentale di cinematografia (sede lombarda) e sostenuto da Camera di commercio Milano, Camera di commercio Monza e Brianza, Confartigianato Lombardia e Credito Artigiano. Il film sarà presentato all’inizio del 2014.
Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato Imprese, ha evidenziato l’importanza di agevolare – anche attraverso stimoli alla formazione come quelli citati – il passaggio generazionale nelle imprese familiari. Le sole leggi non bastano, ed è il deputato Alessia Mosca a ribadirlo: esse rappresentano lo scheletro, ma servono i muscoli e tutto ciò che rende vivo un corpo per innovare l’approccio; fuor di metafora, iniziative come quella che stiamo raccontando possono infondere consapevolezza circa una realtà ancora poco conosciuta.
Le istituzioni rivestono comunque un ruolo di primaria importanza, come ha rilevato Elisa Montalti, architetto e autore della rubrica dedicata alla terza rivoluzione industriale per la rivista online Design Context. È necessario che istituzioni ed enti che lavorano nel settore creino piattaforme per supportare e incoraggiare l’apertura di laboratori e negozi, come accade da tempo sul suolo americano.
Si succedono poi Andrea Cattabriga di Slowd (Slow Design), startup volta a mettere in rete a livello globale artigiani e designers, e Riccardo Pietro Visentin di AureaService Design Studio, artigiano digitale la cui modalità di lavoro facilita la connessione tra antichi saperi e nuove tecnologie.
Barbara Zucchi Frua di L’Hub Textile WorkShop, ha aperto un laboratorio tessile che è al contempo uno spazio didattico in cui il ruolo della persona torna ad essere centrale, giacché è lo stesso consumatore a sviluppare il prodotto, come accade con le nuove tecnologie 3D, favorendo il passaggio dal non- luogo al luogo.
Cesare Castelli di Milano Makers ribadisce l’importanza non tanto del possesso quanto della condivisione dei mezzi di produzione, mentre Rodrigo Rodriquez di Material Connexion segnala l’iniziativa “Un designer per le imprese”: individuando piccole e medie imprese interessate a creare legami con scuole di design, questo programma dà vita a progetti che, talvolta, divengono prodotti.
Roberto Tognetti di Comitato Casa Bossi presenta un altro progetto collettivo: Casa Bossi, costruita nel 1857 e passata 30 anni fa in mano pubblica, dal 2010 è diventata un comitato, contenitore per iniziative di diversa natura. Ad esempio con Confartigianato, tra i primi a dialogare con la comunità, si è organizzato un progetto finanziato da Italia Lavoro, intitolato Botteghe di Mestiere, che prevede la formazione di dieci apprendisti.
Con Renato Galbiati di Roland Italia, produttore di stampanti e nuove tecnologie, e Renato Guatti di Noah Guitars, architetto che dagli anni 90 crea chitarre in metallo (evocativo il suo incontro con Lou Reed proprio all’interno della “bottega” milanese) la rassegna delle esperienze ha passato il testimone a una tavola rotonda volta ad affrontare, dal punto di osservazione delle istituzioni e dei protagonisti della rappresentanza, le problematiche sollevate nel primo pomeriggio.
Piero Bassetti, presidente di Fondazione Giannino Bassetti, ha rilevato come i modi di produzione siano cambiati drasticamente per effetto della tecnoscienza. Come avviene in altri ambiti (le nanotecnologie, la genomica, ecc) la spinta della tecnoscienza può cambiare la storia, e va quindi affrontata con consapevolezza e responsabilità anche quando parliamo di innovazione poiesis intensive (implicante cioè creatività e gusto). Se è importante che le direzioni d’impatto della trasformazione produttiva siano oggetto di studio e di analisi, è già chiaro che possiamo considerare finita la seconda rivoluzione industriale. La realtà italiana è meno penalizzata dai nuovi modi di produzione rispetto a quanto accadeva nell’epoca dell’egemonia taylorista, perchè un sistema centrato sulla creatività risulta per noi più favorevole di uno centrato sulla ferrea organizzazione. Ma il problema sollevato da Bassetti riguarda l’adattamento al cambiamento delle forme istituzionali. La metafora del treno, che sarà ripresa più volte nel corso della discussione, rappresenta questo aspetto: potenzialmente il «nuovo treno» del digital manufacturing – già partito nel mondo – ci premia, ma i problemi appaiono legati alla velocità dei vagoni rispetto alla locomotiva (imprese di avanguardia e imprese tradizionali: chi rappresenta le une e le altre? È possibile allinearsi a chi corre più veloce?). Fondazione Bassetti, dal suo punto di osservazione, è impegnata a ragionare sul «manovratore assente» dell’innovazione, dialogando con chi contribuisce a promuoverla e a gestirne l’impatto sociale ed economico. L’innovazione di cui stiamo discutendo comporta, infatti, un riferimento all’insieme di valori ereditati dalla tradizione artigiana, che possono rinnovarsi cogliendo le potenzialità di questo passaggio di paradigma: una nuova e meno alienante relazione tra tecnologia e persona.
Carlo Corti di Regione Lombardia e Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio di Monza e Brianza, hanno spiegato come i rispettivi enti si stiano attrezzando per corrispondere a questi cambiamenti.
Per la Regione, una prima linea di sviluppo è quella di aggregazioni tra istituzioni e imprese già diffuse nel panorama europeo, cluster tecnologici regionali in diversi settori: non è ancora presente la componente delle industrie creative e culturali, eppure essa ha valore prioritario nell’ordine dei problemi da risolvere. Tra le iniziative da promuovere nei prossimi mesi, la Open Innovation, che prevede la creazione di piattaforme informatiche tese a fornire risposte ai bisogni di innovazione, gli Stati Generali dell’Artigianato all’inizio del 2014 e la «tre giorni» che sarà dedicata, in aprile, alla rete dei distretti della creatività, con la partecipazione di regioni europee ed extraeuropee.
Renato Mattioni ha ripreso la metafora del treno, constatando come la crisi abbia del tutto annullato alcuni vagoni, nonostante vi siano imprese che esportano il 100% del prodotto. Sostenere le startup significa, da parte delle Camere di commercio, tenere aperta la dimensione dell’impresa (e del suo finanziamento) come spazio di realizzazione per i giovani. L’immersione nel digitale ha cambiato i punti di riferimento, ma vengono progressivamente i luoghi di Compito delle istituzioni è quello di presentare programmi i cui obiettivi siano legati, per esempio, all’inserimento dei makers nelle grandi aziende e ripensando il significato di Made in Italy all’insegna dell’economia della bellezza e dell’innovazione.
Cesare Fumagalli, Segretario Generale di Confartigianato Imprese, sente ancora sulle spalle il pregiudizio proveniente dal «fabbrichismo» fordista che equipara gli artigiani agli industriali: il suo obiettivo è quello di far emergere i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, coniugando le nuove tecnologie e l’abilità manifatturiera del nostro paese che, al termine del 2012, si classificava al 3°posto dopo la Cina e la Germania proprio nel settore della manifattura.
Luisa Collina del Politecnico di Milano ha ripreso la riflessione avviata, in occasione dei 150 anni del Politecnico, dalla mostra Milano 2033, attualmente in Triennale e modellata sulla questione: «Come vivremo fra trent’anni?». Emerge un’idea di impresa del futuro non unica ma multipla, nella quale il singolo – makers e artigiani – sia in continua relazione con la collettività e col mondo grazie all’integrazione di tecnologie social. Il Politecnico, dal canto suo, cerca di collaborare con le imprese e lavora alla creazione di un luogo dove sia possibile coniugare prototipazione 3D e co-working, promuovendo sperimentazione e co-progettazione tra professionalità che cambiano: un mutamento di paradigma all’interno di un contesto come quello universitario, generalmente più orientato verso specializzazioni disciplinari separate.
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