(Il presente articolo è la prosecuzione di Farmaci di origine biologica e biosimilari: quale livello di sicurezza per prodotti innovativi?)
Nei contesti medici in cui si utilizzano i farmaci biologici, o i loro eventuali biosimilari, si accentuano le difficoltà connesse alla scelta del farmaco idoneo ad essere prescritto al paziente in cura. Se si considera, poi, che i farmaci in esame sono usati per trattare un’ampia gamma di malattie gravi e croniche, tra le quali il cancro, l’artrite reumatoide e la sclerosi multipla, ci si rende conto di quanto tale scelta medica possa essere determinante per il paziente affetto da tali gravi patologie.
Tre condizioni accentuano i problemi di responsabilità medica che potrebbero interessare il professionista: (i) il contesto delle gravi patologie in cui si opera; (ii) il fatto che i farmaci biologici siano ad esclusivo uso ospedaliero, e (iii) il peculiare rapporto tra il farmaco biologico e l’eventuale biosimilare, di cui si è detto nel precedente post. Questa stessa difficoltà è poi destinata ad aumentare in vista della commercializzazione di biosimilari di anticorpi monoclonali.
In altri termini, il contesto dei biologici rende molto più delicato il ruolo di chi, mutuando l’espressione da una storica doctrine nord americana, si pone come learned intermediary, e cioè come il professionista che, predisponendo il piano terapeutico e, prescrivendo i relativi farmaci svolge il ruolo di “tramite” nel passaggio dell’informazione dalla casa farmaceutica al paziente [più in generale, sul concetto di innovazione responsabile in medicina vedi in questo sito l’interessante intervista al prof. Daniel Callahan].
Il presente post intende esplorare quali elementi influiscono nella libertà di scelta terapeutica del medico, nell’ipotesi in cui debba usare farmaci di origine biologica, per capire come il medico possa mantenere una trasparente relazione terapeutica con il paziente e attuare una scelta autonoma e responsabile della terapia medica la quale impegna, secondo i termini del Codice di deontologia medica, «la diretta responsabilità professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi circostanziata o, quantomeno, ad un fondato sospetto diagnostico» (art. 13 Codice di deontologia).
Limiti e condizionamenti alla libertà di scelta terapeutica: gli “inediti” che caratterizzano la scelta tra biologico e biosimilare.
Cosa accade, dunque, nel caso in cui vi siano più opzioni terapeutiche potenzialmente percorribili per raggiungere il medesimo scopo curativo? Il medico sarà tenuto a comparare rischi e benefici connessi ad ogni possibile terapia ed a comunicare al paziente ogni profilo relativo alla sicurezza nell’assunzione. E se non fosse possibile conoscere con certezza il grado di sicurezza di ogni alternativa terapeutica?
Il ruolo del medico diventa ancor piu’ delicato laddove, oltre alla scelta tra le molteplici opzioni terapeutiche, egli debba gestire i problemi connessi alle varietà di nuovi farmaci utilizzabili per realizzare un medesimo scopo. Quando la scelta medica sulla prescrizione del farmaco coinvolge un farmaco equivalente generico, infatti, le opzioni aumentano [vedi i recenti interventi normativi in materia di prescrizione di farmaci contenuti nel D.L. testo coordinato della spending review, convertito in legge, con modificazioni il 7 maggio 2012, n. 52].
In queste circostanze appare particolarmente importante garantire al medico la concreta possibilità di poter egualmente praticare tutte le opzioni. I fatti, però, dimostrano che non è sempre così. Basti pensare alla possibile interferenza con l’operato del medico di un’altra figura professionale, e cioè il farmacista. Qualora, infatti, sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilita’ del farmaco prescritto, dopo aver informato il cliente e salvo diversa richiesta di quest’ultimo, il farmacista e’ tenuto a fornire il medicinale prescritto quando nessun altro medicinale equivalente abbia prezzo piu’ basso.
La libertà di prescrizione non è, quindi priva di condizionamenti o limiti e qui ci limitiamo ad evidenziare quelli che maggiormente potrebbero interferire con l’operato del medico che deve impiegare un biosimilare [Massimino 2012, 328].
Il Prontuario Terapeutico Regionale (PTOR), laddove esistente. Il PTOR potrebbe contenere un elenco di farmaci più restrittivo rispetto all’elenco del Prontuario Farmaceutico Nazionale, composto, invece, da tutti quei farmaci autorizzati alla commercializzazione sul territorio italiano. In questi casi dev’essere chiaro che eventuali limitazioni di carattere burocratico non sono vincolanti. Pertanto, il medico può continuare a scegliere, previa motivazione e qualora lo reputasse necessario, anche un farmaco non contenuto nel PTOR.
La formulazione dei lotti di gara. La specificazione dei lotti nell’ambito di una gara implica, da parte della struttura sanitaria, l’effettuazione di scelte circa i criteri di selezione sulle caratteristiche e sull’oggetto dell’acquisto, che ovviamente influenzano la partecipazione delle imprese farmaceutiche. Tali scelte devono rispettare quanto prescrive il Codice degli appalti pubblici, d. lgs. 163/2006, al fine di indire gare informate ai principi di economicità ed al contempo di garantire correttezza, libera concorrenza, proporzionalità, non discriminazione e trasparenza. Sul punto, è il caso di rilevare che vi sono attualmente prassi di accorpamento di più principi attivi in un medesimo lotto, che derogano alla regola dei lotti semplici, dove ciascun principio attivo corrisponde ad un solo lotto di gara [Massimino, 2012]. Questa novità potrebbe condizionare molto le scelte del medico il quale si ritrova a poter disporre di un solo medicinale per patologia [in materia di formazione dei lotti di gara in Sanità si rinvia al decreto legge 95/2012, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” c.d. “spendig review 2”, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135].
Atti di organizzazione regionale o interni della struttura sanitaria. Ci si riferisce al fatto che direttive di carattere amministrativo interno possono condizionare il diritto alla libera scelta prescrittiva dei medici convenzionati. Sul punto, però, la casistica ha recentemente fatto emergere l’illegittimità delle delibere regionali che perseguivano azioni di contenimento della spesa farmaceutica regionale pubblica, imponendo l’indizione di una gara con un obiettivo di risparmio medio per costo terapia di almeno il 40%, incrementando così di fatto l’acquisto di farmaci biosimilari sia per pazienti drug naive sia per pazienti già trattati (pratica nota come switch). Merita attenzione il fatto che tale imposizione non abbia fatto distinzione tra le tipologie di paziente, aspetto, invece, posto già in rilievo dalle associazioni di categoria, le quali sconsigliano la sostituzione di un farmaco biologico con altra tipologia, soprattutto quando la terapia è già in corso di esecuzione, date le peculiarità funzionali di tali farmaci [AIOM].
Interventi aventi natura di soft law. Raccomandazioni, linee guida e altri documenti aventi natura “soft” potrebbero incidere tacitamente sull’esercizio della scelta medica. Spesso, a fronte delle emergenti incertezze tecno-scientifiche circa i nuovi farmaci, la autorità utilizzano regole della natura in parola, le quali non vincolano la scelta medica, poiché non prevedono un apparato sanzionatorio, ma influiscono ugualmente su di essa per il loro carattere persuasivo [Manfrellotti 2004, 192]. Potrebbe accadere che il medico sia indotto a seguire tali linee guida anche quando il suo bagaglio di conoscenze mediche e scientifiche lo porterebbero, in realtà, ad effettuare altre scelte. Bisogna tener presente, in questi casi, che la responsabilità della scelta terapeutica rimane sempre in capo al medico e, in caso di errore, l’esistenza di tali linee guida o raccomandazioni concordanti con l’errata scelta non sarebbe un’esimente, non avendo esse carattere coercitivo.
L’obiettivo di tutela della discrezionalità nella prescrizione diventa ancor più una sfida quando il medico reputa utile l’uso di un farmaco di origine biologica ed è presente nel mercato anche il corrispondente c.d. biosimilare al primo. Vi sono attualmente molte considerazioni che inducono a trattare con più cautela la fattispecie. Sulle peculiarità dei biologici rispetto ai farmaci a sintesi chimica si è già detto nel primo post.
Il problema della sicurezza che rende più critiche le varie fasi di progettazione, controllo di qualità e vigilanza post-market differenzia il rapporto tra biologici e biosimilari rispetto il rapporto intercorrente tra farmaci chimici ed i loro generici. Già da questa prima descrizione, è possibile rendersi conto che il ruolo del medico diventa ancor più articolato, a causa dei maggiori elementi di complessità rispetto alle prescrizioni di altri farmaci. Per di più, il medico deve saper comunicare le peculiarità dei farmaci biologici, dovute alla c.d. immunogenicità e dev’essere aggiornato in tempo reale circa i dati provenienti dalla fase di farmacovigilanza, poiché «per la varietà intrinseca delle molecole e per la complessità delle tecniche di produzione» essi sono particolarmente difficili da caratterizzare e da riprodurre «al punto tale che alcune differenze possono sussistere anche tra lotti di uno stesso prodotto» [AIFA, I farmaci biosimilari. Concept paper del 31.10.2012 disponibile]. I farmaci biologici non sono una classe omogenea e ogni principio attivo dovrebbe essere valutato contestualmente alla sua struttura ed efficacia nell’area terapeutica in cui è utilizzato. Proprio sul profilo centrale della valutazione della sicurezza di tali farmaci al fine di esprimere il giudizio di sostituibilità si sono già manifestate le perplessità delle associazioni mediche di categoria. L’Associazione italiana di oncologia medica ha presentato un documento alla Commissione Igiene e Sanità del Senato sui disegni di legge 1071 e 1875 riguardante i farmaci biosimilari, con il quale sottolinea alcuni aspetti critici [Le riflessioni dell’AIOM sui biosimilari sono espresse nel relativo position paper reperibile nel loro sito]. Tra questi, la mancanza di studi di fase II, mirati ad individuare la dose del biosimilare ed il pericolo che l’estensione d’uso dei biosimilari in oncologia sia inadeguata, specie per molecole quali gli anticorpi monoclonali. La letteratura scientifica ha, inoltre, sottolineato la presenza di una forte criticità metodologica nell’ambito della valutazione della similarità tra farmaci biologici di anticorpi monoclonali e i rispettivi originators [Reichert 2011, 223].
L’informazione medica sulle alternative terapeutiche: nuovi contenuti in caso di scelta tra biologico e biosimilare?
La prescrizione di un farmaco biologico è oggi, dunque, un’operazione impegnativa, destinata a diventarlo sempre più in vista dell’entrata in commercio dei biosimilari degli anticorpi monoclonali. Le ragioni sono numerose, basti pensare all’aumento delle difficoltà legate alla valutazione di carattere clinico/scientifica, al condizionamento che potrebbe subire la scelta a fronte del divario dei costi dei farmaci biosimilari rispetto i biologici e conseguentemente a tutti i nuovi elementi di cui il medico dovrà tener (e dar) conto nell’analisi costi/benefici a giustificazione dell’adozione di un farmaco piuttosto che un altro. Si pensi, a riprova delle difficoltà che caratterizzano la scelta, che anche tra la stessa classe di biologici aventi lo stesso principio attivo possono riscontrarsi diverse conseguenze, come ha dimostrato il caso Epogen-Eprex, entrambi utilizzati per trattare l’anemia nei paziente chemioterapici, poiché avevano entrambi lo stesso principio attivo (epoietina alfa) [Il fatto testimonierebbe, in altri termini, che la stessa tipologia di farmaci biologici, apparentemente sovrapponibili, potrebbe in realtà provocare reazioni diverse e di diversa entità, per la spiegazione del caso si rinvia Yang, 2010 ed a Guerra, in corso di peer review].
Oggi, dunque, la scelta terapeutica si realizza attraverso un percorso di condivisione delle informazioni tra medico e paziente, in un’ottica collaborativa e personalizzata, che ha da tempo sostituito una relazione di tipo paternalistico [Sul tema del paziente “oggetto e soggetto” della relazione terapeutica vedi in questo sito].
Il consenso del paziente sul farmaco da assumere dovrebbe rappresentare il risultato di un processo di condivisione delle informazioni con i professionisti circa i rischi, i benefici e le possibili reazioni dello stesso. Oggi, contestualmente a quanto espresso dalla giurisprudenza più recente, anche le moderne teorie sociologiche invitano a considerare il processo informativo come la «costruzione» di un percorso tra medico e paziente, superando il concetto di informazione come mero trasferimento del rischio di danno da un soggetto (medico) ad un altro (paziente).
Posto che il medico sia nelle condizioni di poter scegliere liberamente di prescrivere un farmaco biologico, ovvero il suo biosimilare, egli deve accertarsi di aver fornito al paziente, in maniera comprensibile per lo stesso, tutte quelle informazioni che permettano a quest’ultimo di esprimere pienamente il suo diritto all’autodeterminazione, condividendo la scelta medica relativa al farmaco.
Ciò che appare molto complesso, ed è destinato ad esserlo sempre più con l’arrivo dei biosimilari degli anticorpi monoclonali, è fornire un’informazione completa. Un’eventuale carenza informativa potrebbe, infatti, dar luogo a risarcimento anche in assenza del verificarsi di un danno all’integrità psico-fisica ed in condizioni di intervento eseguito a regola d’arte [Guerra 2010].
Come riuscire a far conoscere al paziente quanto effettivamente necessario per esprimere (non già un semplice assenso, ma) una scelta consapevole in ordine al proprio destino esistenziale?
Oltre ai contenuti informativi tradizionali, abbiamo qui di seguito tentato di individuare, senza pretese di esaustività, quali profili ulteriori dovrebbero caratterizzare la prestazione informativa del medico nel caso debba utilizzare i farmaci in parola. Il professionista dovrebbe comunicare:
* Le possibili alternative. Se un medico ravvisa la necessità terapeutica di prescrivere un farmaco biologico ed è, invece, condizionato in base al PTOR, o all’esito di una gara, ad utilizzare un biosimilare, dovrebbe condividere con il paziente il fatto che nel mercato sono presenti entrambi, biologico e biosimilare.
* Le peculiarità strutturali che contraddistinguono i farmaci biologici ed i biosimilari. Il medico dovrebbe rendere edotto il paziente delle caratteristiche che differenziano il biosimilare da un qualunque farmaco generico. In primis, l’impossibilità di replicare in copia perfetta il biologico, come, invece, avviene per i farmaci a sintesi chimica. Egli, inoltre, dovrebbe spiegare le questioni relative: alla similarità; alle possibili reazioni immunologiche; a tutte quelle incertezze che caratterizzano presidi farmaceutici verosimilmente molto importanti nel percorso terapeutico; ed in particolare, all’estrapolazione delle indicazioni terapeutiche. Quest’ultimo profilo si riferisce al fatto che, sulla base dell’esperienza clinica e di evidenze scientifiche derivanti dalla valutazione della comparabilità e giustificazione scientifica, si estrapola l’efficacia terapeutica mostrata in altre indicazioni terapeutiche autorizzare per il medicinale di riferimento. Questo talvolta avviene anche se i due farmaci, biologici e biosimilari, hanno finalità terapeutiche diverse.
* Le particolari cautele che la normativa europea ha predisposto circa il label e la confezione del farmaco. Vi sono, infatti, delle disposizioni europee che autorizzano alcune tipologie di farmaci, tra le quali rientrano i biologici ed i biosimilari, richiedendo ulteriori misure precauzionali durante il periodo di commercializzazione. L’art. 10 della Direttiva 2010/84/EU ed il Reg. 1235/2010 stabiliscono che i medicinali per i quali sono richieste queste ulteriori misure dovrebbero essere identificati con un evidente simbolo nero nella confezione avente la forma di un triangolo rovesciato. Inoltre, ex art. 23 Reg. 726/2004 detto simbolo deve essere preceduto dalla dichiarazione «questo prodotto è soggetto a monitoraggio aggiuntivo» [Sul tema, i risultati di una recente consultazione pubblica promossa dalla Commissione Europea. Si rinvia anche al Reg. 198/2013]. Se si considera che il farmaco biologico è ad esclusivo uso ospedaliero, il paziente potrebbe non essere nelle condizioni di visionare direttamente tali informazioni, semplicemente perché si tratta di farmaci che si somministrano per infusione e, quindi, il paziente non manipola direttamente il packaging ed il label del prodotto.
Conclusioni
La diffusione di informazioni chiare, precise e fruibili in merito ai prodotti in esame è funzionale alla costruzione di un’onesta relazione terapeutica. Oggi, la commercializzazione di prodotti biologici aventi una struttura molecolare assai più sofisticata dei precedenti rende l’opera di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori al tema evidentemente cruciale. A maggior ragione, la potenziale immissione in commercio dei biosimilari di anticorpi monoclonali enfatizzerebbe la necessità che l’informazione profusa dalle case farmaceutiche fosse un’informazione studiata ad hoc, per ogni prodotto, al fine di garantire nei soggetti coinvolti la piena consapevolezza dei specifici prodotti in uso.
Spetterà allo specialista fare da “ponte” tra le informazioni che le case farmaceutiche devono necessariamente esprimere ed il destinatario del prodotto. In dette circostanze, pertanto, l’intervento del medico diventa indispensabile passaggio per tradurre in termini comprensibili per il paziente i dati relativi alla sicurezza dei prodotti impiegati, alla loro intrinseca natura, o allo stadio dell’expertise tecno-scientifica ancora in via di implementazione.
Una cultura votata alla trasparenza può riuscire a promuovere attitudini positive in tutti i soggetti coinvolti nel processo di innovazione. L’ascolto del soggetto destinatario dell’impiego dei nuovi prodotti può contribuire molto alla determinazione della regolamentazione degli stessi prodotti, ad individuare le priorità della ricerca, o a fornire ulteriori dati a supporto del monitoraggio dei potenziali pericoli. Per queste finalità, il professionista medico è la figura che si trova nella “posizione” più vicina al paziente e che pertanto, tramite le sue prestazioni, in primis quella informativa, è in grado di favorire un processo osmotico tra “feedback” del paziente e le opzioni intraprese dai soggetti deputati a sorvegliare i prodotti dell’innovazione, avendo cura di porre sempre quale priorità, la sicurezza del paziente [più in generale, sul tema della partecipazione dei cittadini alle politiche della ricerca vedi in questo sito l’intervento di Massimiano Bucchi]. A sua volta, però, il professionista ha bisogno di agire in un ambiente ed in condizioni altrettanto trasparenti e garanti del pieno ed incondizionato esercizio dei suoi diritti, al fine di poter svolgere il suo ruolo in libertà, in scienza e coscienza. E nel contesto dei farmaci biologici e biosimilari, le condizioni di trasparenza predisposte dovrebbero essere oggetto di particolari attenzioni da parte delle strutture sanitarie, in cui il professionista opera, e di tutti i soggetti deputati allo sviluppo ed alla regolamentazione degli stessi.
Bibliografia
Guerra, La tutela della libertà terapeutica nella prescrizione di medicinali: spunti di analisi comparatistica sul caso dei farmaci biologici e biosimilari. In corso di peer review per la rivista “Salute Persona Cittadinanza”.
Guerra 2010. Lo «spazio risarcitorio» per violazione del solo diritto all’autodeterminazione del paziente. Note a margine di un percorso giurisprudenziale. In Nuova giur. civ. comm, parte II, fasc. 1.
Manfrellotti 2004. Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dinamiche dell’integrazione europea, Torino, 192.
Massimino 2013. La responsabilità nella prescrizione dei farmaci tra scienza, coscienza e condizionamenti normativi. In Danno e resp., Milano:Ipsoa, 5.
Massimino 2012. Farmaci biologici e biosimilari e tutela della salute e della concorrenza. In Diritto industriale, Milano:Ipsoa, 328.
Yang 2010. A Pathway to Follow-On Biologics. In 3 Hastings Sci. & Tech. L.J. 217.
Regolamento di esecuzione (ue) n. 198/2013 della commissione del 7 marzo 2013 relativo alla selezione di un simbolo che identifichi i medicinali per uso umano sottoposti a monitoraggio supplementare, in G.U. L 65/17 del 8.3.2013.
Reichert 2011. Next generation and biosimilar monoclonal antibodies. Essential considerations toward regulatory acceptance in Europe. In Landes Bioscence, 3, 223.
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(foto: Xplore Health 4 di =mc2 da Flickr)
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