La relazione tra il corpo umano e la tecnologia è un tema che nel nostro sito è stato trattato in più occasioni e attraverso vari punti di vista.
Giuseppe O. Longo introdusse nelle nostre discussioni digitali il concetto di Homo Technologicus con un lungo saggio su Tecnoscienza e Globalizzazione, poi discusso in un Forum che vide partecipi, tra gli altri, anche Sylvie Coyaud e Massimiano Bucchi.
La visione di Longo si è spesso intersecata con i commenti e le analisi fatte intorno al “caso Pistorius“, un caso che ha obbligato ad interrogarsi sul rapporto tra corpo e tecnologia, non solo esperti di robotica e scenziati, ma anche operatori dello sport, legislatori, commentatori e infine un vasto pubblico di persone solitamente non avvezze a trattare argomenti di questo tipo.
Sulle problematiche relative a corpo e robot, infine, possiamo citare l’approfondito saggio di Fiorella Operto “Robot: il corpo e l’anima” che abbiamo pubblicato ancora nel 2004.
Per quanto riguarda il rapporto tra corpo e nanotecnologie, affrontato da Mauro Ferrari, si legga anche il dialogo tra Jeff Ubois e Lawrence Gasman intitolato “A Survey of Coming Attractions in Nanotechnology“.
Apriamo un altro fronte sulla tematica, più vicino alle riflessioni sull’etica piuttosto che sulla responsabilità, pubblicando gli appunti di Virginia Sanchini sull’incontro che portava il titolo di questo post, organizzato presso la Fondazione Corriere della Sera , in occasione della mostra Happy Tech.
La scienza e l’altro: Il corpo tra tecnologia ed etica
di Virginia Sanchini
In occasione della mostra di arte e scienza Happy Tech. Macchine dal volto umano (22 Febbraio – 31 Marzo 2011, Triennale Bovisa) la Fondazione Corriere della Sera e la Fondazione Marino Golinelli, in collaborazione con la Triennale di Milano, hanno organizzato due incontri tra personalità di spicco del mondo della cultura scientifica ed umanistica volti ad approfondire le interconnessioni tra la scienza e l’altro, cioè l’arte, la tecnologia e tutti i molteplici linguaggi dell’uomo.
Il primo incontro è stato il 15 Marzo 2011 dal titolo “l’arte e la scienza del vedere e del creare” con Massimo Iosa Ghini (architetto e designer) e Luca Francesco Ticini (ricercatore al Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia, presidente della Società Italiana di Neuroestetica).
Il secondo incontro del 22 Marzo 2011 ha presentato il titolo “Il corpo tra tecnologia ed etica” e ha visto un dibattito tra Umberto Galimberti (ordinario di Filosofia della storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia) e Mauro Ferrari (presidente e amministratore delegato del Methodist Hospital Research Institute, presidente dell’Alliance for NanoHealth di Houston), con la coordinazione di Pierluigi Panza.
Umberto Galimberti, riprendendo tematiche presenti nel suo testo Il corpo ha tentato di mostrare come da dopo Cartesio, anche a causa dell’ossessione moderna per la misurabilità, si sia persa la visione olistica dell’organismo e abbia invece avuto inizio una visione dell’organismo per così dire specializzata. Questo per Galimberti appare con massima chiarezza nell’ambito medico, dimensione all’interno della quale diveniamo impotenti di “pensare il corpo” perché l’oggetto che la medicina rivendica come proprio è l’organismo, facendo così cadere la distinzione tra corpo e organismo. La scienza conosce l’organismo – quello che Galimberti definisce attraverso la parola tedesca Körper – per nulla il corpo – il tedesco Leib assimilabile a Leben, vita, come anche a Liebe, amore. Se per organismo si intende la visualizzazione della somma degli organi, non deve stupire, a detta di Galimberti, la scarsa umanità della medicina che, concentrandosi sui singoli apparati, rischia di identificare con essi la persona. La medicina non può dunque entrare nel mondo della vita in quanto il mondo della vita prescinde dalla visione scientifica delle cose. Se Cartesio non poteva che identificare il corpo con l’organismo, la psichiatria settecentesca che ricerca il morbus sive materia, nasce esattamente come residuato di ciò che non è materia.
Alla visione filosofica di Galimberti si è affiancata quella più propriamente medico-scientifica di Mauro Ferrari. Ferrari ha iniziato con il definire la nanotecnologia come quella parte di scienza applicata che interviene su dimensioni inferiori al nanometro e che dunque possiede la capacità di manipolare oggetti nanoscopici. Il difficile – ha affermato Ferrari – non è creare nano-oggetti ma integrare i nano-oggetti con i micro-oggetti e i macro-oggetti. La nascita dei primi nano-farmaci in clinica risale a circa 17 anni fa ad opera del Prof. Bonadonna, in collaborazione con l’Istituto Mario Negri e l’Istituto Nazionale dei Tumori. Mauro Ferrari ha indicato come promessa della nano-tecnologia quella di combattere la malattia fornendo una cura quanto più personalizzata possibile, creando una medicina individuale, “cucita sul paziente”.