Questo articolo si inserisce nel filone dei contributi che stiamo pubblicando dedicati ai nuovi modi di comunicare e informare sul web, sia nel mezzo che nel contenuto. Modi che hanno un impatto sulla quotidianità degli individui e che modificano gli assetti di potere e di responsabilità nella gestione della comunicazione locale e globale.
Il web offre la possibilità di esplorare modalità sempre più in linea con le esigenze del lettore, che diventa fruitore completo dell’informazione, da una parte partecipando in prima persona alla produzione, dall’altra guidando la scelta di reportage di giornalismo investigativo di ampio interesse sociale.
News ‘a lunga percorrenza’.
Quando la rete non significa solo immediatezza.
Una scoperta importante, una calamità improvvisa, un evento inatteso. Comunicare queste notizie è la parte più facile per chi opera nel mondo del giornalismo e della comunicazione. E spesso, l’unica.
Bombardati dal continuo lancio di news, attraverso le nuove tecnologie e i nuovi media che internet offre, sembrerebbe non esserci spazio per il racconto di eventi che durano più di poche ore o giorni. Se un vecchio detto recitava che i quotidiani il giorno dopo sono buoni solo per incartare il pesce al mercato, a maggior ragione, ai tempi di internet, sembra che la notizia sia soltanto quella immediata dello stato condiviso su Twitter o Facebook, e che si brucia in pochi click di mouse. Ma se da una parte la rete offre l’opportunità di seguire in tempo reale eventi locali microscopici o di grande importanza globale o inaccessibili ai classici mezzi di stampa, dall’altra è anche strumento, sempre più scelto, per trattare notizie “a lunga percorrenza”. Non solo l’istante, ma anche il lungo periodo. Non solo la scarna descrizione dell’accaduto, ma anche la narrazione di un evento complesso che prende corpo nel tempo.
Per chi si occupa di comunicazione e giornalismo oggi la domanda risiede proprio qui: come sfruttare le potenzialità messe a disposizione da internet per offrire al pubblico una visione sfaccettata di una notizia. Cioè come dare consistenza e forma a ciò che è dietro a quella notizia. L’argomento è stato anche oggetto di una recente conferenza al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, sempre all’avanguardia sulle riflessioni sull’uso delle tecnologie nella comunicazione.
La conferenza, dal titolo “Communications in slow-moving crises” non poteva non chiamare come testimone uno dei giornalisti di casa a ProPublica, il sito americano di inchieste giornalistiche, che nel 2009 ha vinto anche il premio Pulitzer, a un solo anno dalla nascita e diffusione. ProPublica, come dice il suo stesso nome, e tutte le realtà che operano attraverso la rete con la vocazione del giornalismo on public demand (cioè su richiesta di chi legge e naviga), di fatto ha intercettato un bisogno dei cittadini e dei lettori di andare oltre la notizia in se’.
Per esempio, da mesi viene seguito il disastro ecologico nel Golfo del Messico dopo il riversamento di tonnellate di petrolio a causa della rottura della piattaforma della British Petroleum. Ma il racconto non passa solo dalla situazione odierna di fauna e costa ormai contaminate, ma soprattutto dai fatti antecedenti al disastro, dalla ricostruzione meticolosa delle scelte economiche dell’azienda e politiche degli Stati Uniti. Il disastro ecologico, cioè la notizia che abbiamo letto sui giornali, è diventato quindi il pretesto per ricostruire una vicenda più complessa, che è soltanto culminata nel riversamento del petrolio nel Golfo.
Un lavoro di questo tipo, come ha anche ricordato il giornalista di ProPublica al convegno del MIT, richiede però grandi competenze investigative, ma soprattutto tempo e denaro. In contrapposizione al cosiddetto citizen journalism, immediato e fatto anche con pochi mezzi (basta un telefonino dotato di fotocamera o nel migliore dei casi di videocamera, per esempio) da giornalisti “amatoriali”, il giornalismo investigativo è professionale e fondato su molte risorse.
I meccanismi per raccogliere fondi sono diversi e spesso passano proprio dalla rete, che diventa la chiave per richiamare l’attenzione e per finanziare inchieste che siano di vero interesse per il lettore, che diventa unico decisiore del taglio editoriale. Non ci sono capi e padroni se non il pubblico che decide cosa valga la pena leggere.
ProPublica infatti è un’organizzazione non profit che riesce a pagare i suoi 32 giornalisti impiegati a tempo pieno attraverso la rivendita delle inchieste a partners giornalistici del calibro del New York Times e del Washington Post, ma che non hanno nessun controllo sulla scelta della trattazione dei pezzi. La libertà di scelta delle notizie e del loro modo di raccontarle, tuffandosi nel profondo delle loro complessità, è stato l’elemento centrale per fare diventare ProPublica, in pochissimo tempo, uno dei siti di notizie indipendenti più accreditati al mondo.
Il giornalismo, attraverso questi nuovi modi di raccontare ai cittadini, anche mediante un uso meno banale della rete, sta ritornando ad essere un lavoro artigianale, di vera ricerca di dati e storie, e non solo una cassa di risonanza per comunicati stampa preconfezionati da istituti e aziende. E che rimette al centro di tutto l’informazione e il pubblico.