Sulla scorta delle recenti riflessioni sulla “reinvenzione del cibo” (Un’agenda di ricerca per il cibo “glocal” e La reinvenzione del cibo), propongo la lettura della seguente recensione, a cura di Oscar Biffi, del libro di Alessandra Guigoni, “Antropologia del mangiare e del bere“.
Lo sviluppo enogastronomico è responsabile?
di Oscar Biffi
Lo sviluppo enogastronomico – in particolare quello italiano – è responsabile? Quando si parla di innovazione alimentare parliamo necessariamente di tecnoscienza e biotecnologie?
Utilizzando uno stile linguistico chiaro e dettagliato, Alessandra Guigoni in Antropologia del mangiare e del bere ripercorre le principali tappe che hanno segnato l’evolversi dello sviluppo eno-gastronomico, in particolar modo quello italiano, cercando di demitizzare l’immagine di staticità e d’immutabilità costruita intorno a tali prassi. È emblematico in questo senso il caso delle cosiddette piante di civiltà (grano, mais, patata, etc.) che, contrariamente ai nostri radicati assunti, risultano contraddistinte da un carattere dinamico, di rottura e di erranza inaugurato con la rivoluzione neolitica e proseguito fino ai giorni nostri. Asserire una netta demarcazione tra locale e globale diviene allora sempre più problematico, oltreché fuorviante, proprio in virtù del fatto che la maggior parte degli alimenti locali, se esaminati con attenzione all’interno della storia dell’alimentazione, sono stati importati da luoghi “altri” e introdotti in seguito a significative circostanze socio-culturali e politiche, nonché economiche. La stessa immagine della cultura alimentare italiana è sottoposta qui ad una sensibile falsificazione. Eretta per anni a baluardo della nostra identità, scopriamo in questo testo che essa non è altro che il prodotto di molteplici contingenze e discontinuità, priva di un carattere definitivo e/o originario.
Guigoni chiarifica il ruolo del cibo, del gusto e del disgusto in grado di suscitare, di come assurga a ruolo di status symbol in determinate culture ed epoche, dell’interdizione e dei divieti religiosi che condizionano le opzioni nutrizionali, dei tabù che proibiscono l’utilizzo di taluni alimenti appannaggio di altri presso specifici popoli. Ci si accorgerà allora che le scelte alimentari, lungi dall’essere determinate da fattori meramente utilitaristici, sono in realtà il prodotto di selezioni socialmente e culturalmente costruite e che il cibo, come diceva Barthes “è in ogni luogo e in ogni epoca un fatto sociale”, o, completerebbe Mauss, un “fatto sociale totale”. L’attività nutrizionale determina, infatti, la creazione di stilemi dissimili, funge da codice comunicativo grazie a cui qualsiasi gruppo tenta di rivendicare la propria identità etnica, sociale e culturale, e veicola, al contempo, emozioni quali il desiderio, il piacere, la diffidenza, l’incertezza e l’ansietà.
Dunque, la “persona si costruisce mangiando”, ne è un esempio l’universale pratica dello svezzamento, e mangiando “coltiva la differenza”. Differenza inerente alle condotte alimentari, allo status sociale, al godimento estetico e degustativo; ma anche differenza sinestetica, emotiva e mnemonica. Non a caso, è proprio il tema della differenza a trasparire quale elemento di maggior interesse e preoccupazione dalle pagine di Guigoni, soprattutto alla luce del movimento globale e standardizzante delle pratiche e dei saperi/sapori attuali. “Cosa è scomparso, cosa è cambiato, cosa è rimasto della biodiversità coltivata dai contadini”? Questo libro ci concede l’opportunità di “coltivare” una rinnovata coscienza ecologica e di riesaminare o re-inventare il rapporto uomo-ambiente re-immaginandolo in chiave eno-gastronomica, oltreché paesaggistica. Evitare l’insorgenza di ulteriori non-luoghi diventa per l’autrice, assieme alla difesa della pluralità, della diversità e del relativismo culturale, uno dei compiti precipui dell’antropologia contemporanea, affinché si possa ancora detenere la possibilità di scegliere “quale tipo di giardino planetario desideriamo lasciare in eredità alle generazioni future” e, a livello locale, “quale tipo di estetica ci proponiamo di sviluppare nei nostri figli”.
—-
Oscar Biffi si è laureato in Consulenza Pedagogica e Ricerca Educativa presso l’Università degli Studi di Bergamo discutendo una tesi dal titolo “Alterità e genesi dei legami. Kant versus Lévinas” ed è cultore della materia per la cattedra di Antropologia Culturale nella stessa Università. Si interessa delle dinamiche concernenti la genesi, il senso e la rappresentazione dei concetti di comunità e località in relazione al fenomeno ecomuseale.