An International Workshop organized by Luisa Damiano, Paul Dumouchel & Yoko Matsubara with the support of the Global COE Ars Vivendi.
Il 24 Gennaio 2009, presso l’Università Ristumeikan di Kyoto, si è svolto un Workshop internazionale dedicato alla «tecnologizzazione dell’empatia» nell’ambito della cura della salute. Il convegno, concernente l’analisi dell’impatto delle nuove tecnologie nell’interazione tra medici, pazienti e familiari, prevedeva due sezioni tematiche, (a) una dedicata allo studio degli effetti dell’innovazione tecnologica nella vita dei malati cronici o terminali (1) e (b) l’altra dedicata all’esame degli apporti e delle implicazioni relazionali della robotica a uso terapeutico.
Coerentemente con l’orientamento tematico del blog, il report inerente al convegno si focalizza sulla seconda sezione, articolata intorno agli interventi di due pionieri di fama internazionale nell’ambito della robotica ad uso terapeutico. Si tratta di:
Maja J. Matarić, Professore di Computer Science and Neuroscience, nonché Direttore del Center for Robotics and Embedded Systems, presso la University of Southern California (USA). Matarić sviluppa la propria attività di ricerca a riguardo dell’interazione human-robot in ambiti di assistenza terapeutica in cui vengono impiegati robots. Il suo team, interdisciplinare, coinvolge specialisti in scienze cognitive, neuroscienze, scienze sociali, scienze mediche e scienze dell’educazione.
Takanori Shibata, Senior Researcher presso il Japan’s Institute of Advanced Industrial Sciences and Technology (Tsukuba, Giappone). Shibata è l’inventore di PARO, un robot avente le sembianze di un cucciolo di foca che viene impiegato in ambiti terapeutici di carattere psicologico. Attualmente PARO è il robot a uso psico-terapeutico più usato nel mondo ed è il primario strumento di quanto, utilizzando il linguaggio di Shibata, si può concepire come una «robot therapy», ispirata alla «pet therapy».
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Maja J. Matarić
Social Assistive Robotics for Health and Medical Applications
(Applicazioni della robotica sociale di carattere assistivo nell’area della medicina e della salute)
L’intervento della Professoressa Matarić (una presentazione in Power Point, svolta nel contesto di una conferenza telefonica in diretta dagli Stati Uniti) ha offerto una panoramica di carattere generale sulla robotica ad uso terapeutico, presentando questo indirizzo di ricerca all’interno dell’area della ricerca scientifica cui appartiene. Si tratta della robotica centrata sull’uomo, cui Matarić attribuisce tendenzialmente due obiettivi interdipendenti. Non si tratta solo di quello tendenzialmente più enfatizzato dai media, consistente in una sempre maggiore soddisfazione delle esigenze degli utenti umani da raggiungere mediante lo sviluppo ingegneristico. Come ha sottolineato Matarić, uno degli scopi fondamentali di questo tipo di robotica è l’esplorazione del comportamento umano, cui l’implementazione e l’impiego di robots atti all’interazione sociale offre un nuovo strumento – uno strumento potenzialmente portatore di vere e proprie «scoperte scientifiche».
L’enfasi posta da Matarić sul carattere genuinamente conoscitivo, e non solo tecnico, della ricerca robotica ha costituito la premessa della presentazione degli assunti basilari delle indagini del suo team, focalizzate sulla robotica sociale di carattere assistivo. Sono esplorazioni volte alla strutturazione di interazioni durature uomo-robot nell’ambito della cura di pazienti affetti da disabilità contingenti o croniche di carattere cognitivo. Il team diretto da Matarić le svolge sulla base dei seguenti principi euristici:
- Gli umani rispondono in modo diverso all’interazione con differenti tipi di agenti artificiali. In particolare l’interazione cambia considerevolmente a seconda che l’artefatto sia dotato o meno di embodiment (di un corpo fisico, ovvero, nel linguaggio tecnico, di un «incorpamento»).
- La possibilità di sviluppare un’interazione duratura uomo-agente artificiale, capace di catturare e tenere attiva l’attenzione dell’umano, richiede l’impiego di embodied artificial agents, ovvero di agenti dotati di un effettivo supporto corporeo che ne permette la motilità nello spazio fisico (robots), e non di virtual agents, ovvero attori interattivi situati in realtà virtuali accessibili mediante pc.
- Il livello d’implicazione dell’umano nella relazione con il robot dipende primariamente non dalla forma (e non dalla somiglianza all’uomo), ma dal comportamento dell’agente robotico.
- Per ottenere interazione durevole è necessario puntare non tanto sull’effettività, quanto sulla credibilità dell’interazione, impiegando perciò robot imperfetti ma autonomi (non direttamente controllati da un umano, al contrario di quelli semi-autonomi incontrati visitando il Dr. Kanda e il Professor Ishiguro presso l’ATR).
Con questi assunti, dal 2004 il team guidato da Matarić esplora diverse aree terapeutiche, sperimentando diversi embodiment robotici al fine di costruire un’interazione significativa robot-umano ai fini del raggiungimento di scopi di carattere terapeutico.
Durante il suo intervento, Matarić ha presentato sostanzialmente due tipi di applicazioni della propria ricerca. La prima inerisce a sperimentazioni svolte nell’area della riabilitazione di pazienti adulti che, colpiti da malattie cardiologiche o cerebrali, sono impegnati nel recupero delle abilità cognitive normali. La seconda inerisce all’utilizzo di robots nel trattamento dell’autismo infantile. In entrambi i casi applicativi, il ruolo dei robots prevede lo stimolo del paziente allo svolgimento di compiti cognitivi e, nel caso pazienti adulti, il controllo durante lo svolgimento di tali compiti.
L’esempio su cui si è concentrata la presentazione di Matarić, per qunato riguarda il primo ambito applicativo, riguarda robots con un incorpamento minimale (per esempio, una videocamera montata su un blocco metallico dotato di ruote e altoparlante) che sollecita verbalmente l’utente umano a svolgere il compito di riordinare un plico di riviste secondo criteri dati. Matarić ha proposto al pubblico filmati che riprendono le interazioni tra il robot e i soggetti umani coinvolti nelle sperimentazioni, nonché dati tratti da interviste cui sono stati sottoposti questi ultimi dopo le interazioni. Si tratta di materiale di ricerca convergente nell’evidenziare un forte interesse dei soggetti umani nell’interazione con il robot. Nonostante l’incorpamento non sia sofisticato, i pazienti manifestano e affermano di divertirsi con il robot e di desiderarne la presenza, preferendola a quella del tradizionale personale infermieristico di supporto.
Esiti simili sono stati registrati dal team di Matarić nel caso dei bambini autistici. Messi di fronte a robots piuttosto rudimentali (per esempio, un robot costituito essenzialmente da un busto su cui sono installate una testa, due braccia motili e, accessoriamente, un apparecchio atto all’emissione di bolle di sapone) questi bimbi esibiscono comportamenti cognitivi in qualche modo inusuali rispetto ai loro standard. Si tratta non solo di un forte incremento dell’interazione con gli umani circostanti, consistente, per esempio, nella segnalazione ai parenti o al personale presente dell’attività del robot. Alcuni dei bambini coinvolti nelle sperimentazioni arrivano a imitare il comportamento del robot, per esempio il movimento delle braccia, mostrando capacità imitative che non sono pressoché mai manifeste nell’interazione con gli umani.
Interrogata sulle possibili ipotesi del successo dell’impiego dei robots negli ambiti terapeutici esplorati, Matarić ha risposto di propendere per l’idea che la semplicità cognitiva ed espressiva di queste macchine faciliti agli umani l’interazione. Specialmente nel caso dei bambini autistici, la ridotta complessità del comportamento e dell’espressività del robot diminuisce la paura del soggetto autistico nei confronti dell’alterità, offrendogli una dimensione interattiva in cui egli può più facilmente comprendere e anticipare il comportamento altrui, così da poter esprimere maggiormente la propria relazionalità.
(… Nel prossimo post: Takanori Shibata …)
Nota 1: La prima sezione ha visto coinvolti speakers italiani e giapponesi (Dott. Stefano Tomelleri, Università di Bergamo; Prof. Sergio Manghi, Università di Parma; Dott. Hotta, Ritsumeikan University; Prof. Yoko Matsubara, Ritsumeikan University)