Precedentemente si era segnalata in Le politiche del trasferimento tecnologico la presentazione del volume di Biscotti e Ristuccia, “Trasferire tecnologie. Il caso del trasferimento tecnologico di origine spaziale”, edito da Marsilio.
Pubblichiamo ora una breve recensione di Vittorio Bertolini:
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Chi alla fine degli anni 60 era abbastanza giovane, ma non troppo, ricorderà fra i best seller dell’epoca “La sfida americana” di Jean Jacques Servan-Schreiber (ETAS Kompass libri, 1968): un saggio di natura economica e politica, la cui tesi era che il gap tecnologico fra Usa e Stati europei nasceva dal fatto che i grandi investimenti pubblici nel settore militare-industriale (la tecnostruttura per usare un termine coniato dal John Kenneth Galbraith ne “Il nuovo stato industriale“, altro testo non passato inosservato in quel periodo) aveva avuto una ricaduta in termini di ricerca e sviluppo su tutto il sistema produttivo americano.
Lungi dalla volontà di chi scrive voler tracciare un paragone tra il testo di Servan- Schreiber e il recente “Trasferire tecnologie. Il caso del trasferimento tecnologico di origine spaziale in Europa” di Fabio Biscotti e Marco Saverio Ristuccia (Ricerche Marsilio dicembre 2006), se non altro per la profonda diversità del contesto; ma solo la necessità si sottolineare come gli investimenti in ricerca e sviluppo in un settore a prevalente interesse pubblico può generare innovazione tecnologica anche in attività completamente diverse dall’originaria. Così dal libro di Biscotti e Ristuccia, un testo denso di dati ed esempi apprendiamo che il progetto aerospaziale europeo ha avuto ricadute nei settori della medicina, della computeristica, dei materiali ed anche per quanto riguarda il consumerismo domestico.
Nonostante questi risultati, che nel libro vengono puntualmente documentati, il trasferimento tecnologico di origine spaziale in Europa ha avuto un esito inferiore alle aspettative. Specialmente in confronto a quanto accade negli Stati Uniti. Indubbiamente le risorse impegnate dall’America sono di un ordine decisamente superiore a quelle europee, ma non si tratta solo di questo. Già dalle prime pagine del saggio, Biscotti e Ristuccia affermano che il trasferimento tecnologico deve essere orientato al mercato ed appunto nel diverso approccio al mercato della realtà statunitense rispetto a quella europea sta la differenza.
Due esempi. La Nasa americana gestisce, con cadenza periodica, un database che offre a quanto di innovazione tecnologica trasferibile si può accedere; qualcosa di simile è stato fatto anche dall’Ente Spaziale Europeo, ma in modo molto più approssimativo ed episodico.
Nel primo capitolo del saggio in cui si analizzano i vari percorsi dei processi di trasferimento, si accenna a quello che avviene per spin off, cioè della “nascita di soggetti tecnico-produttivi nuovi per iniziativa sia di una struttura di ricerca sia di una impresa già esistente”. Mentre nel mondo nordamericano il caso di ricercatori che si “mettono in proprio” è cronaca quotidiana (vedi la Celera di Craig Venter che riuscì a sequenziare il Dna prima del consorzio pubblico), in Europa i casi sono più unici che rari. Infine, dall’analisi di Biscotti e Ristuccia risulta che il trasferimento di origine spaziale richiede un tempo abbastanza lungo (circa dieci anni) e probabilmente qualcosa di simile vale anche per il non spaziale. E’ evidente che per un sistema di PMI com’è quello più interessato al trasferimento tecnologico e che nel sistema italiano rappresenta la parte preponderante, si tratta di tempi proibitivi, che possono essere accettati solo in presenza, come detto nella quarta di copertina, di “adeguati sistemi di finanziamento e garanzie”.
Queste poche note non sono certamente esaustive di un testo dalla notevole complessità analitica e denso di riferimenti concreti, ci si augura tuttavia che possano essere di stimolo alla sua lettura per quanti, policy makers in primis, sono interessati al superamento del gap, prima ancora che tecnologico, culturale che separa l’Europa non solo dagli Stati Uniti ma anche dagli stati emergenti dell’Asia, come l’India e la Cina.
(Vittorio Bertolini)