Suono di mare. Onde, gabbiani. L’interno di una stanza.
Un uomo seduto con gli occhi chiusi. Ha addosso un camice.
Entra un donna, con il camice anch’essa.
D. Sono ancora qui.
U. …
D. Disturbo?
U. …
D. …
U. Ho sognato di aprire una scatola.
D. (si stupisce) …
U. Vedendo quel che c’era dentro mi sembrava di capire tutto. Trovavo il modo per andare avanti… dopo tutti questi mesi in cui mi è sembrato di essere davanti a un muro…
D. …
U. …a ripetere gli stessi gesti.
D. E allora?
U. Ti chiedo un aiuto.
D. Tu? Lo scienziato solitario rinchiuso nel suo laboratorio da solo per anni, chiede un aiuto!?
U. Scusa ho sbagliato, ho detto male…
D. …
U. L’aiuto lo chiedo a te e a chi penserai ti possa aiutare.
D. …
L’uomo apre gli occhi.
Il rumore del mare aumenta, si sente il fragore di marosi sugli scogli.
U. Chiedo aiuto a te, ai tuoi colleghi, ai tuoi amici, a tutte le persone che vorrai e saprai coinvolgere.
D. …
U. Mi capisci? A te e ai migliori artigiani che potrai trovare, alle tue amiche del circolo, che sanno come pensa la gente, ai politici migliori che spero sappiano come governare quel che…
D. …
U. …
D. Cosa…
U. Nella scatola vi era un kit di montaggio per un modellino d’aeroplano…
D. …
U. Ma quei pezzi potevano servire a costruire altro, qualcosa di…
D. Hai scoperto la formula che cercavi?
U. Ascoltami, ho bisogno di te e di persone che sappiano trasformare le idee in cose, in fatti, in oggetti tangibili, in azioni nel mondo… Ti ripeto, ho bisogno di voci, di menti che sappiano dare forma ai pensieri…
D. Ma tu hai sempre saputo farlo!
U. Non basto più, non basto più. Esco per strada e mi scopro fermo in un angolo…
D. … ad ascoltare le altre persone.
U. (si stupisce)
D. Seduto in un bar a origliare… A guardare quali articoli dei giornali la gente legge sulle panchine del parco…
U. Come… come fai a saperlo!?
D. Ti seguo da mesi.
U. …
Il suono del mare è più forte, la stanza si riempie di acqua vaporizzata.
I due devono quasi gridare per sentirsi.
D. … (non si capisce)
U. … (non si capisce)
D. Cosa vuoi da me ora, dopo tanto tempo?
U. Ho scoperto che se trovassi la formula, non saprei come usarla…
D. Ma se hai già un sacco di progetti! Mi sembravi pronto a depositare un brevetto!
U. Non fare finta di non capire… tu! Che sai tutto di me!
D. Ci hai ripensato?!
U. Non ne conosco i confini! Non mi è possibile conoscerne i confini, non so la quantità delle cose che potrò fare con quel che ho tra le mani… non ho nemmeno un’idea vaga della dimensione delle possibilità… è un gigante, con il corpo che scompare nelle nuvole, con le braccia che oltrepassano l’orizzonte…
D. …
U. Tu mi dovrai dire cosa sto andando a scoprire! Cosa farne e soprattutto come farlo…
D. …
U. E non “tu ed io”, come hai sempre desiderato…
D. …
U. Tu ed io… e più gente possibile!
D. Ma cosa devo…
U. Devi chiedere! Devi fargli domande, chiedere e capire…
D. Cosa?!
U. Devi! Chiedergli! Aiuto!
D. … (non si capisce)
U. … (non si capisce)
D. Io ti a…
U. Di più! Non hai capito? Di più! Tu mi devi salvare! Tu mi…
Il rumore del mare diventa assodante, una ondata arriva alta e travolge tutto, si porta via tutti e due, sedie comprese, e risacca.
Al loro posto una scatola nera aperta; il suo coperchio scivola via nell’acqua.
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Ben altro tono ha “Copenhagen” di Michael Frayn. Non che voglia paragonarmi a questo grande autore, ci mancherebbe, eppure la vicenda ha delle analogie per contrasto con ciò che ho voluto raccontare questa volta.
In Copenhagen troviamo tre personaggi: Werner Heisenberg, capo del progetto tedesco per la costruzione di un’arma atomica, Niels Bohr, uno dei padri della meccanica quantistica, un tempo suo insegnante, e la moglie di quest’ultimo, Margarethe. L’incontro avviene a Copenhagen, in casa di Bohr, e vede gli scienziati interrogarsi sul proprio ruolo: è giusto arrivare alla scoperta di quel che permetterà di realizzare la bomba atomica? Quanto si mischia la scienza con la politica?
L’incontro è una storia vera e nel nostro sito è possibile leggere una scheda sul caso e sullo spettacolo.
E’ lo scienziato nel proprio laboratorio che scopre che il proprio ruolo è ormai in pieno gioco politico e sociale: se vogliamo possiamo prendere questo evento come una delle svolte che porterà all’uscita della scienza dai laboratori secondo la visione di Latour.
Bohr e Heisenberg avevano ben chiare le dimensioni di ciò che andavano cercando, e anche gli scopi scientifici e politici (e bellici). Oggi lo scienziato che lavora sulle nanotecnologie, sulle biotecnologie ma anche in robotica, non ha questa possibilità. I confini, i rischi, le possibilità sono talmente difficili da prevedere, che si possono considerare “oltre l’orizzonte”. Anche le scelte politiche non sono così lineari: chi imposta la linea? Lo scienziato che vede aprirsi un vastissimo campo di applicazioni, il politico che deve governare un paese, una società che deve “inseguire” dei cambiamenti radicali che incidono sui pilastri della vita (clima, alimenti, acqua, strumenti d’uso quotidiano)?
Tempo fa, desideroso di guardare un classico in bianco e nero della fantascienza, vidi il film “Godzilla“. C’è il classico scienziato “pazzo” che resta chiuso da solo in laboratorio per mesi, chiudendo a chiave ogni porta per evitare che qualcuno scopra che tipo di esperimenti sta conducendo… questo scienziato è schiacciato da una scoperta orrenda: cercando di sapere tutto sull’ossigeno, ha scoperto un preparato per eliminarlo del tutto in brevissimo tempo. Combattuto tra distruggere la scoperta di tanta fatica o utilizzarla per eliminare Godzilla (e quindi svelarne l’esistenza), decide infine per la seconda possibilità ma facendo in modo di perire lui stesso (con il suo sapere).
Questa è un’altra vicenda che mi ha colpito: come fa uno scienziato a reggere la responsabilità di studi talmente complessi da cambiare (questo si è quasi certo) il modo di vivere dell’intera società? L’unica via sembra essere il coinvolgimento: sia per portare avanti gli esperimenti (che in laboratorio non avrebbero più senso), sia per dirigere la ricerca, sia per distribuire il peso della responsabilità e della futura gestione.
Proprio oggi in Rassegna Stampa, Vittorio Bertolini ha pubblicato una recensione del saggio di Giuseppe Lanzavecchia “Il mondo è cambiato: le regole del passato non valgono più” in cui si dice: ‘L’uomo ha dovuto “inventare” le discipline per mettere ordine e gestire conoscenze e tecniche spesso diversissime, ma, proprio nei nostri anni, sta accadendo che una nuova conoscenza, nata in uno specifico ambito scientifico, risulti utile anche in altri del tutto diversi con un processo di “moltiplicazione” degli impieghi che, tra l’altro, contraddice in pieno la convinzione di Malthus dei “ritorni decrescenti” della tecnica, convinzione che è stata ritenuta valida sino ai nostri giorni. Saltano quindi le concezioni di disciplina e interdisciplinarietà: ormai le scienze e le tecnologie nascono transdisciplinari e chi si occupa di biotecnologia pensa non solo alla salute o all’agricoltura, ma all’energia, ai materiali, all’informatica, alle macchine.’
Nel blog di Jeff Ubois c’è l’intervista a Christine Peterson che dirige il Foresight Nanotech Institute. L’istituto è dedicato a formare il pubblico, le comunità scientifiche e politiche sul tema delle nanotecnologie e sui suoi effetti a lungo termine. Forse è proprio questa intervista che ha acceso il desiderio di scrivere questo frammento.