‘Attribuire […] uno spazio esorbitante all’opinione degli ‘esperti’, significherà semplicemente […] contribuire a una deresponsabilizzazione etica-politica dei cittadini dalla quale la democrazia non ha nulla da guadagnare.’
Così termina l’articolo di Ernesto Galli della Loggia “Scienziati: un’opinione di troppo” apparso sul Corriere della Sera del 31 maggio.
Anche se si tratta di un articolo d’occasione, che rientra nel dibattito sul referendum del 12 e 13 giugno mi è parso che, al di là del tema specifico, in esso venga colto un aspetto, a volte trascurato, del rapporto fra scienziati e politica.
Scrive Galli Della Loggia:
‘Voglio semplicemente osservare che nella cultura della nostra società è così forte la fiducia riposta negli “esperti”, nel sapere scientifico-tecnico, che ne nasce una pressione sociale tale da mettere a rischio la soglia di vigilanza critica degli stessi esperti, degli stessi scienziati. I quali, alla fine, si sentono inevitabilmente investiti di una sorta di funzione oracolare a 360 gradi’.
Anche se, a parer mio, la fiducia nella scienza non è così totale come sembra ritenere Galli Della Loggia, è indubitabile che in molti casi assistiamo alla strumentalizzazione (anche auto-strumentalizzazione) dell’Accademia scientifica per scopi che non hanno nulla a che vedere con l’accademia. Le ragioni possono essere molteplici: prestigio, carriera, ambizione, finanziamenti alla ricerca. In ogni caso però nuocciono all’autonomia della ricerca.
Nell’item precedente si è parlato di Principio di precauzione, perciò per i politici e per gli scienziati… un po’ di precauzione.