ovvero: il blog di Vittorio Bertolini (pagina personale dell'autore)
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Dobbiamo dubitare della ricerca scientifica?
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Su Il Sole 24 Ore del 9 giugno Silvio Garattini, riprendendo un un editoriale dell'ultimo numero di "Nature", propone nell'articolo " Un terzo degli scienziati imbroglia" un'inchiesta condotta dai National Institutes of Health su 3.600 ricercatori. Dalla lettura dell'articolo si ha che: «Circa il 50% ha risposto a una serie di domande che hanno messo in luce comportamenti preoccupanti. Ad esempio lo 0,3% ha dichiarato di aver falsificato dei dati o di averli inventati; un altro 1,4% ha utilizzato idee di altri senza dare il giusto credito; l'1,7% ha utilizzato dati che aveva ottenuto confidenzialmente per realizzare le sue ricerche; il 6% non ha pubblicato dati che erano in contrasto con le proprie precedenti ricerche; il 15,5% ha cambiato il disegno e la metodologia della ricerca per accontentare chi finanziava la ricerca.» Complessivamente si può dire che: «In totale circa il 33% di coloro che hanno risposto hanno ammesso di aver avuto almeno un cattivo comportamento fra quelli sopra elencati.» A complemento dell'articolo di Garattini, sulla stessa pagina del quotidiano economico, è apparso l'articolo " Lavori truccati a causa del conflitto di interesse" di Federico Mereta. Se il caso del tabacco è paradigmatico: «nei lavori prodotti dagli autori degli articoli finanziati dall'industria del tabacco esisteva una probabilità maggiore di concludere la ricerca con una sostanziale assoluzione del fumo passivo per l'organismo umano di circa 88 volte maggiore rispetto a quanto emergeva negli studi indipendenti» ... esiste pure una casistica in cui, riguardo alla sperimentazione sui farmaci, i principi di una corretta pratica medica sono stati messi da parte solo per semplificare l'onerosità della ricerca: «A fronte di un arruolamento che doveva prevedere quasi 17mila pazienti, ne sono state invece reclutate poco meno di 11 mila. [...] Nel caso, studiato dall'Office for research integrity (Ori), che ha interessato 99 donne inserite nello studio poi apparso sulla rivista, un medico dell'Ospedale Saint Luc di Montreal ha falsificato i dati relativi alle pazienti, per inserire nell'indagine pazienti che non presentavano le caratteristiche cliniche richieste dal protocollo d'ammissione al trial. In altri casi non era stato chiesto il consenso informato necessario per aderire allo studio». Come scrive Garattini: «L'editoriale di "Nature" mette il dito nella piaga e mostra comportamenti che intaccano l'integrità della scienza, comportamenti di cui la comunità scientifica deve prendere atto e, riconoscendone l'esistenza, prospettare adeguati provvedimenti. [...] È tempo che i ricercatori, ai vari livelli organizzativi si occupino seriamente di questi problemi. Ignorarli vuol dire mettere le basi per far divenire la ricerca una della tante attività cui non si può più credere».
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martedì, giugno 21, 2005 |
Scienziati come testimonial politici
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«Attribuire [...] uno spazio esorbitante all'opinione degli «esperti», significherà semplicemente [...] contribuire a una deresponsabilizzazione etica-politica dei cittadini dalla quale la democrazia non ha nulla da guadagnare.» Così termina l'articolo di Ernesto Galli della Loggia " Scienziati: un'opinione di troppo" apparso sul Corriere della Sera del 31 maggio. Anche se si tratta di un articolo d'occasione, che rientra nel dibattito sul referendum del 12 e 13 giugno mi è parso che, al di là del tema specifico, in esso venga colto un aspetto, a volte trascurato, del rapporto fra scienziati e politica. Scrive Galli Della Loggia: «Voglio semplicemente osservare che nella cultura della nostra società è così forte la fiducia riposta negli "esperti", nel sapere scientifico-tecnico, che ne nasce una pressione sociale tale da mettere a rischio la soglia di vigilanza critica degli stessi esperti, degli stessi scienziati. I quali, alla fine, si sentono inevitabilmente investiti di una sorta di funzione oracolare a 360 gradi». Anche se, a parer mio, la fiducia nella scienza non è così totale come sembra ritenere Galli Della Loggia, è indubitabile che in molti casi assistiamo alla strumentalizzazione (anche auto-strumentalizzazione) dell'Accademia scientifica per scopi che non hanno nulla a che vedere con l'accademia. Le ragioni possono essere molteplici: prestigio, carriera, ambizione, finanziamenti alla ricerca. In ogni caso però nuocciono all'autonomia della ricerca. Nell' item precedente si è parlato di Principio di precauzione, perciò per i politici e per gli scienziati... un po' di precauzione.
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martedì, giugno 07, 2005 |
Principio di precauzione. Strumento della scienza o del diritto?
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Nella sezione Argomenti è presente una Proposta di un percorso di lettura sul Principio di precauzione in cui viene citato il saggio " Il principio di precauzione tra incertezza intrinseca e razionalità limitata" di Gavino Zucca. Senza entrare nel merito del saggio (esula dalle finalità di questa rassegna stampa) mi sembra opportuno, però, riprendere l'affermazione di Zucca secondo cui «Il Principio di Precauzione (PdP) è uno strumento decisionale di tipo giuridico», per associarla alla recensione (Il Sole 24 Ore del 10 aprile,) " Opinioni geneticamente modificate" di Gilberto Corbellini al libro di Luca Marini, "Il principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitario. Disciplina del commercio di organismi geneticamente modificati e profili di sicurezza alimentare" (Cedam, Padova 2004, pagg, 432, euro 35). In realtà l'articolo di Corbellini parte da una recensione al libro di Francesco Sala "Gli OGM sono davvero pericolosi?" (Laterza, Bari-Roma 2005, pagg, 158, euro 10,00). Scrive Corbellini: «Sala dimostra che rinunciando a usare l'ingegneria genetica si perderanno in breve tempo proprio alcuni di quei prodotti tipici, minacciati dai parassiti, che dovrebbero sostenere l'economia agricola del Paese: come il pomodoro San Marzano e il riso Carnaroli.» E aggiunge: «E denuncia la scarsa deontologia di quegli scienziati che accettano di farsi condizionare dalla politica nella scelta degli obiettivi della ricerca. Ovvero sono disposti a condurre inutili studi su inesistenti rischi da ogm, pur di disporre di finanziamenti. A partire da quest'ultima affermazione vale la pena soffermarsi sull'articolo " Il paladino del biologico che non gradisce il biotech" apparso su La Voce Repubblicana del 26 maggio a firma Katia Mammola, in cui, a proposito di alcune critiche del ministro Alemanno all'operato dell'EFSA, European Food Safety Authority si afferma (quasi che l'Efsa non sia l'organo di consulenza della Commissione Europea per quanto riguarda la consulenza alimentare e non sia già per sé stesso "terzo" rispetto al gioco degli interessi): «Alemanno invoca "ricerche scientifiche realizzate da istituti terzi" che "assicurino che i prodotti ogm destinati alle nostre tavole siano innocui"». Nel mirino di Sala anche il Principio di precauzione: «Si tratta di un principio che legittima l'arbitrarietà nelle scelte politiche su materie controverse. [...] Ormai il principio di precauzione è diventato un criterio "metagiuridico" che influenza il diritto comunitario e internazionale in materia di sicurezza alimentare». Sul Principio di Precauzione è altrettanto critica Katia Mammola: «chi controllerà il controllore nel gioco infinito del rilancio di un principio di precauzione divenuto muro di gomma di interessi non abitati in comune?» Venendo al libro di Luca Marini " Opinioni geneticamente modificate" scrive poi Corbellini: «Il libro di Luca Marini ne ricostruisce [del Principio di Precauzione] opportunamente ed esaustivamente le origini e il modo di funzionare, sviscerando le complesse interazioni tra scienza, etica, politica e comunicazione che alimentano le controverse interpretazioni di un principio che troppo spesso veicola solo irrazionalismo antiscientifico o il paternalismo etico-politico.» Al libro di Sala è stata recentemente dedicata in questo sito anche una Segnalazione.
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