Su Avvenire del 29 luglio, a firma Enrico Negrotti è apparsa, con il titolo "La scienza alla sbarra" la recensione al libro della giurista Sheila Jasanoff, che insegna Science and Public Policy alla Kennedy School of Government della Harvard University, “La scienza davanti ai giudici ” (Giuffré editore, pagine XXII + 392, euro 25,82).
‘Jasanoff osserva che oggi si presta molta più attenzione al rapporto tra scienza e diritto e che la nostra teorizzazione della società si è molto modificata: "Un tempo le scienze politico-sociologiche si occupavano di stratificazioni sociali, ora anche di knowledge o risk society, di scienza e tecnologia in ambito sociale"’.
In conseguenza di ciò:
‘i magistrati sono chiamati a pronunciarsi (talora in assenza di leggi specifiche) su temi quali inquinamento ambientale (dall’elettrosmog alle scorie nucleari), biotecnologie, genetica, effetti avversi dei farmaci (vedi caso Lipobay) o adeguatezza delle cure mediche (caso Di Bella)’.
Ma se questo è il quadro di riferimento, si ha d’altra parte che:
‘le risorse concettuali della giurisprudenza appaiono inadeguate, sia per il ritardo con cui interviene il diritto, sia per l’ignoranza scientifica, sia ancora per il ruolo "ibrido" dei periti ("un soggetto con conoscenze specialistiche, ma che ha un’importante influenza nel sistema giuridico").’
A ciò occorre aggiungere che, come scrive Negrotti:
‘nel Libro bianco sulla governance, redatto per conto della Commissione europea, è emerso il crollo di fiducia nella competenza degli esperti da parte della popolazione europea, che non guarda più solo ai benefici ma anche ai danni che il progresso può portare con sé’.
Nella lettura che fa Negrotti del libro della Jasanoff occorre sottolineare l’affermazione che occorre pervenire alla “democratizzazione degli esperti”. Poichè l’espressione “democratizzazione degli esperti” può essere di per sé abbastanza ambigua (gli esperti non si riconoscono nelle istituzioni democratiche?) è opportuno richiamare il testo del Libro bianco della Commissione (pag. 20):
‘Le recenti crisi nel settore alimentare hanno posto in rilievo l’importanza d’informare il pubblico ed i politici su quanto è certo e su quanto invece è ancora incerto, ma queste crisi hanno anche minato la fiducia del pubblico nell’elaborazione delle politiche basate sui pareri degli esperti. L’opacità del sistema dei comitati di esperti dell’Unione e l’assenza di informazione sulle modalità dei loro lavori non giovano alla percezione che il pubblico ha di queste politiche. Spesso non è chiaro chi decida effettivamente, l’esperto o chi detiene autorità politica. Al tempo stesso, un pubblico meglio informato tende a mettere sempre più in questione la fondatezza della decisione e l’indipendenza dei pareri degli esperti’.
A sua volta la Jasanoff sulla questione scienza democrazia scrive:
‘Siamo forse tutti d’accordo che i progressi scientifici vadano realizzati in un quadro di democrazia e che il potere di condurre indagini scientifiche è una libertà fondamentale. Tuttavia la scienza negli ultimi due secoli ha avuto così successo in senso ideologico nel proporre il proprio modello, da avere perso un’interfaccia istituzionale. E l’istituzione – puntualizza la giurista – è un modo strutturato per risolvere problemi a livello sociale’.
In altre parole, se scienza e diritto di per sè non non sono sufficienti a garantire il rispetto dell’opinione pubblica, è necessario che la politica si faccia carico di individuare nuovi livelli istituzionali capaci di far sì che le ricadute sociali delle realizzazioni della ricerca scientifica non siano in contrasto con le esigenze della partecipazione democratica.
Su questa problematica si vedano i precedenti item:
- Piero Bassetti, servono regole per gestire il rischio
- Una “Camera Alta” per la responsabilità della scienza. La proposta di Veronesi e le osservazioni di Bassetti
- Democrazia e sondaggi. Il “metodo Fishkin”
Su Sheila Jasanoff e sul libro recensito si veda, nel sito di Harvard, "Science at the bar.