Immagine periodica
Based on a story by famed science fiction writer Philip K. Dick, Minority Report is an action-detective thriller set in Washington D.C. in 2054, where police utilize a psychic technology to arrest and convict murderers before they commit their crime.
[www.minorityreport.com]
Aggiornamento del 27 agosto 2004: vai
La metafora di questa immagine è duplice: riguarda al contempo la visione e la società della sorveglianza ("the surveillance society").
La benda copre occhi ai quali è stato operato un trapianto di cornea occhi [Massimo Bartoli mi fa notare che è un trapianto di… bulbo oculare. Grazie Massimo! (23/7/2004)]: l’unico modo che il protagonista del film di Steven Spielberg "Minority Report" (tratto da un romanzo di Philip K. Dick) ha per sfuggire al controllo di polizia realizzato attraverso la scansione dell’iride. Ma gli occhi, prima ancora che essere oggetto di sistemi di identificazione biometrica, sono organo della visione. La "visione" è un tema di base in Minority Report: la società che vi è preconizzata ha fatto della pre-visione un mezzo di pre-venzione del crimine (omicidio). Un buon sistema questo (forse), se tutto funzionasse a dovere: nessuna necessità di ricorrere a sistemi di cura a posteriori per le azioni devianti. Il problema è però che il sistema non è perfetto (né, secondo l’implicazione filosofica sottostante alla narrazione, potrebbe esserlo).
Senza entrare nei dettagli del racconto (né dell’implicazione filosofica), per i quali rimando all’esperienza "immersiva" dell’eccellente sito web del film, voglio qui evidenziare per quale motivo l’immagine alla quale questo post è dedicato sia stata scelta per il terzo articolo dell’iniziativa denominata "Collaborate".
L’articolo fa parte di una serie che ripercorre il dibattito suscitato da Bill Joy, nel 2000, sui rischi che potrebbero derivare dall’autoriproduzione incontrollata di organismi biotecnologici e nanotecnologici. L’immagine si collega al punto in cui la responsabilità (di chi fa ricerca applicata) viene posta in rapporto con la capacità di prevedere le conseguenze dannose di una tecnologia. La questione sottostante è, primariamente, quella della fiducia, o meno, nella possibilità di fare previsioni azzeccate. Joy, nella sua riflessione, insiste molto sulla prevedibilità del rischio e sulla capacità di saper rinunciare all’anelito prometeico che spinge a sviluppare una tecnologia anche quando si ha la fondata percezione che possa condurre a disastri irreversibili. Egli individua in tale capacità, nel sapersi cioè fermare in tempo, una forma di saggezza: sostiene che è opportuno rallentare lo sviluppo delle tecnologie GNR (Genetica, Nanotecnologie, Robotica) e sottoporre a controlli la ricerca.
Raymond Kurzweil, invece, pur condividendo le preoccupazioni di Joy, ritiene che il credere nella previsione degli effetti è un modo primitivo di forgiare il proprio destino e ripone fiducia in un progresso in cui sia proprio la tecnologia ad essere al servizio dell’essere umano, al fine di controllare (nel senso di "governare") quei pur sempre possibili sviluppi in senso catastrofico che caratterizzano invece la visione di Joy. In breve: tecnologie per il controllo della tecnologia. O, per essere più esatti riguardo a ciò che egli intende: tecnologie per evitare che alcuni esseri umani possano fare della tecnologia un uso distorto a danno di altri esseri umani o dell’intero genere umano. Tutto sommato, sembra che Kurzweil (che è tecnologo e inventore di primissimo piano) sia del parere che è l’uomo ad essere meno affidabile dei robot.
I robot…
Bene: proprio i robot sono protagonisti delle riflessioni di Joy e di Kurzweil, perché nella loro forma e sostanza più moderne sono una concretizzazione del concetto di meccanismo autoevolvente (Kurzweil, per la verità, si spinge anche oltre, parlando di "spiritual machines", ma soprassediamo) ed è a piccoli robot, simili a ragni, che in "Minority Report" sono affidati controlli di polizia mediante la scansione dell’iride.
In fondo, si tratta della tentazione dell’uomo di affidare se stesso e il controllo del proprio destino a forme di controllo tecnologico (di "governo" tecnologico)… purtroppo, come osservano alcuni, quella che oggi possiamo interpretare come pura tentazione, un domani (che forse è già dietro l’angolo) potrebbe rivelarsi un’esigenza. Se ascoltiamo Joy, potrebbe essere il primo passo verso l’Apocalisse, mentre altri (che, come Joy, il futuro lo inventano) hanno a riguardo opinioni più temperate: Michael Dertouzos, per esempio. [Aggiornamento del 13 ottobre 2004: si veda anche il quinto articolo di "Collaborate"]
Aggiornamento del 27 agosto 2004
Nel blog "Toutsetient" il significato del rapporto di minoranza e il riferimento alla recensione del film scritta da Mario Sesti per Kata Web: "Esiste almeno per noi un ‘rapporto di minoranza’?"
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— Nota 1 —
Mi viene in mente una frase famosa di Alan Kay: "Don’t worry about anybody else is going to do. The best way to predict the future is to invent it".
(chi è Alan Kay)
— Nota 2 —
Michael Dertouzos dal 1974 fino alla scomparsa (agosto 2001) è stato direttore del Laboratory for Computer Science del MIT. Inseguiva una visione precisa: la materializzazione dell’informatica antropocentrica, di un’informatica che si adatti agli esseri umani. Il suo punto di vista sui rischi della tecno-scienza era divergente, se non opposto, rispetto a quello di Bill Joy. Sosteneva, infatti, che anche le più fosche previsioni sono frutto della stessa presunzione che ci conduce a credere di poter dominare il corso degli eventi, o di poterlo correggere affidandoci esclusivamente a valutazioni di ordine razionale.
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