Contributo di Beniamino Sidoti, scritto Mercoledì 26 Gennaio 2005 alle 18:02
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Due amici o fratelli, o persone che si incontrano per caso; evidentemente hanno un mucchio di tempo e niente da fare. Tant'è che giocano.
Luigi: Ho un'idea. Facciamo un gioco.
Carlo: Che gioco?
Luigi: Io dico una cosa e tu dici il suo contrario. Tutto.
Carlo: Niente!
Luigi: Caldo.
Carlo: Freddo!
Luigi: Silenzio.
Carlo: Rumore!
Luigi: Ordine.
Carlo: Confusione!
Luigi: Piccolo.
Carlo: Grande!
Luigi: Grande.
Carlo: Mediocre!
Luigi: Aspetta. non è giusto: se "grande" è il contrario di "piccolo", il contrario di "grande" deve essere "piccolo".
Carlo: Non è vero. Quando hai detto piccolo ho pensato a un quaderno; quando hai detto grande mi è invece venuto in mente un eroe come Ulisse.
Luigi: Forse hai ragione. Proviamo, allora: vero
Carlo: Falso!
Luigi: Falso.
Carlo: Onesto! Come prima.
Luigi: Come prima, ho capito. Allora. "io".
Carlo: Io!
Luigi: Scusa, non ho capito, come fa "io" a essere il contrario di "io". Una cosa non può essere il contrario di se stessa.
Carlo: Già però quando hai detto "io" intendevi "tu", e io invece intendevo "io".
Luigi: Però così sciupi il mio gioco.
Carlo: Aspetta: se lo giochiamo insieme è il nostro gioco.
Luigi: A me non piace più.
Carlo: Va bene, allora provo io: intelligente.
Luigi: Stupido!
Carlo: Geniale.
Luigi: Stupido!
Carlo: Non vale, l'avevi già detto.
Luigi: A me piaceva dire così. È il mio gioco.
Carlo: Uffa. Chi ha avuto questa stupida idea?
Luigi: Non ne ho la più pallida idea.
Carlo: No, dico sul serio: tu hai proposto un gioco. Però le regole erano insufficienti. Insomma: l'idea c'era, ma dovevamo giocarlo per capire quali altre regole servivano. Allora chi ha inventato il gioco? Chi ha messo la prima idea o noi, ogni volta che cercavamo nuove regole?
Luigi: Potremmo dire che non esistono giochi in astratto: che diventano veri solo quando qualcuno li gioca.
Carlo: E che quando vengono giocati, tutto diventa più complicato.
Luigi: Più semplice.
Carlo: Ehi, stai giocando ancora?
Luigi: No, dicevo sul serio: più semplice, perché non dobbiamo dire le regole, ma le scopriamo giocando. E poi l'idea era mia. E basta.
Carlo: Aspetta: il tuo gioco, da solo, non voleva dire niente. Con le mie idee il gioco è diventato più interessante.
Luigi: Vuoi dire che allora le idee non valgono niente? Che poi, arriva qualcuno, le mette in pratica, e si prende tutto il merito?
Carlo: Sì e no. Voglio dire che se qualcuno costruisce insieme a te gli sviluppi di un'idea, questi valgono quanto l'idea stessa. Nel bene e nel male.
Luigi: Come fai a distruggere un'idea?
Carlo: Te lo faccio vedere. Rifacciamo il tuo gioco, dì qualunque cosa.
Luigi: Gatto.
Carlo: Niente.
Luigi: Come niente?
Carlo: Beh, il gatto fa un sacco di cose, il niente no.
Luigi: Uhm. Sento puzzo di fregatura. Musica.
Carlo: Niente.
Luigi: Come, niente di nuovo?
Carlo: Quando non c'è musica, può anche non esserci niente.
Luigi: Ho capito: mi vuoi dire che se questa era la nostra prima partita, non avremmo mai giocato al mio gioco.
Carlo: Al nostro gioco.
Luigi: Sì, vabbeh, è la stessa cosa.
Carlo: È quello di cui stiamo parlando, quindi non è la stessa cosa. Più o meno volevo dirti questo, ma volevo anche farti vedere come il tuo compagno di giochi può mostrarti un difetto evidente, un bug da risolvere.
Luigi: E allora per te le idee non valgono finché non sono perfette?
Carlo: No, semplicemente che le idee non basta "averle": bisogna anche "farle". Come i giochi.
Luigi: Possibile.
Carlo: Sicuro!
[ad libitum]
Contributo di T.C.S., scritto Venerdì 28 Gennaio 2005 alle 12:26
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L'ultima proposta di dialogo, spedita da Beniamino Sidoti, è stata pubblicata. La si può leggere nella Pagina Iniziale di DiaBloghi.
Contributo di Vittorio Bertolini, scritto Lunedì 31 Gennaio 2005 alle 16:21
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METAFORE
IL CIRCOLO DEL PUZZLE
Scena: Un bar.
Personaggi: Corinna, una giovane socia del circolo, il Presidente, Vito barman.
In corsivo quello che i personaggi dicono fra sé e sé.
Dalla porta entra Corinna
Corinna.
Oddio, quel rompicoglioni del Presidente. Ormai mi ha visto, pazienza. Vediamo di recitare bene la mia parte.
Pres. Signorina Corinna, che piacere incontrarla. Vedo che ha acquistato una nuova scatola. Presumo si tratti ancora di un ritratto di Modiglioni. Sono indiscreto a chiederle il titolo? Come ben sa, il lavoro di voi giovani mi affascina in modo particolare. Siete voi il nostro futuro
C. E dagli con la tiritera dei giovani. Interessato sì, ma a quali? Quello scorfano dell'Alberta non la guarda nemmeno e Ferdinando, appena ne ha l'occasione lo manda a quel paese. Interessato ai giovani? Senz'altro alle giovani, ma che siano anche carine. E bene o male la mia figura la faccio.
Perspicace come sempre. Ha indovinato. Sì, un altro Modigliani, questa volta un ritratto.
Forse da vecchio satiro avrebbe preferito un altro nudo.
P. Sappia che apprezzo molto ciò che sta facendo. Ho intenzione, se lei è d'accordo, di fare appena possibile, una mostra delle sue opere. Mi consenta, intanto, di offrirle qulcosa. Vito, per me il solito, e lei,signorina, cosa prende?
C. La ringrazio della sua gentilezza. Un analcolico.
P. Oh voi giovani. Non fumate, non bevete. Non ho ancora ben capito se non avete tentazioni o siete così bravi a vincerle. A noi vecchi, invece, la saggezza consiglia di non resistere alle tentazioni.
C. Questa volta però non ci casco. Vorrebbe gli dicessi che non è affatto vecchio. Se lo è son fatti suoi, non si aspetti però che lo consoli. Però cosa ci si rimette andare incontro a ciò che la gente si aspetta?
Ma che dice. Lei non è affatto vecchio, anzi. Ed io non sono un mostro di virtù.
E' solo che non sono abituata a bere alcolici.
P. Va bene. E' perdonata. Ma prima o poi riuscirò a trasformarla in una giovane trasgressiva. Senza però arrivare agli eccessi del suo amato Modigliani. Piuttosto per la mostra cosa mi dice. E' d'accordo?
C. E' una proposta lusinghiera.
Non me ne frega niente. Sarebbe molto più importante che si desse da fare per quella borsa di studio.
Ma non vorrei qualcuno che è nel vostro, anzi nostro, circolo da molto più di tempo di me si ritenesse offeso e poi mi riguardasse come una ambiziosa.
P. Lasci stare. L'ambizione è di più rude stoffa. E' Amleto o il Giulio Cesare?
C. Non sono sicura. Ma credo sia nel discorso di Antonio ai funerali di Cesare. Però potrei sbagliarmi.
P. Non ha nessuna importanza. Non la citazione, intendo. Ma che qualcuno sia invidioso delle sue capacità. Se le propongo la mostra non è solo perché lei è meritevole, ma per uno scopo più alto. Nonostante tutti i nostri sforzi, è ancora diffusa l'opinione che la nostra attività sia il passatempo di vecchi pensionati o di signore di mezza età che non sanno bene come passare il tempo.
C. Oh, no, non è così. La nostra è una attività intellettuale che ci permette di comprendere l'unità del risultato attraverso la composizione dei molteplici elementi che lo compongono. Io, per esempio, componendo i miei puzzle di Modigliani, ho potuto cogliere quei dettagli che il più delle volte sfuggono. La lunghezza del collo acquista un significato se viene vista in rapporto al suo sviluppo e all'ovale del viso. Si tratta di due figure che grazie alle loro trasformazioni topologiche riescono a suscitare sempre sensazioni diverse.
P. Dice benissimo, ma queste sue osservazioni non possono essere solo sue, o riservate a una conversazione privata come la nostra. Vanno diffuse, devono essere conosciute. E credo che lei sia tra le più indicata a far conoscere la nostra filosofia. Si immagina se facessi una mostra delle cascate del Niagara o dei laghi di Como di quel Luciano?
C. Non spetta a me dare giudizi, specialmente sui soci che hanno più esperienza.
Mi stava scappando il termine più vecchi. Ed ora solletichiamo la sua vanità.
Non vorrei apparire, non so come dire, colpevole di piaggeria. Ma fra lei e Luciano c'è più di un abisso culturale. Quel Luciano mi sembra un po' limitato, culturalmente intendo.
P. E come posso darle torto? Ma non possiamo esigere dagli altri tutte quelle buone qualità che, seppure con qualche modestia, riconosciamo in noi. Devo aggiungere, inoltre, che in ogni associazione, c'è bisogno di figure operative. Guai a noi, se per ogni cosa ci fosse bisogno di un intellettuale.
C. Per fare il puré ci vuole anche chi pela le patate. Il rischio è che appena lo incarichiamo di mescolare l'impasto durante la cottura lui creda di essere un Vissani o un Gualtiero Marchesi.
P. Sarcastica! Fra lei e quel Luciano non corre proprio buon sangue. Non è che le abbia fatto qualche osservazione impropria.
C. Eufemismo. Più che osservazioni improprie delle avances vere e proprie.
Oh no, comunque in ogni caso saprei difendermi.
Questo anche per te, se per caso avessi qualche grillo per la testa
P. So bene che ha la testa a posto e non si lascia abbagliare dalle apparenze.
Mi tolga però una curiosità. Qual è il soggetto del suo nuovo puzzle? Ha parlato di un ritratto di Modigliani. Può mostrarmi quale?
C. Mi dispiace molto ma proprio non mi è possibile.
P. Ho fatto una gaffe. Il nostro regolamento ci dice che solo a lavoro finito si può mostrare il risultato. E c'è un motivo. Se poi il lavoro non viene terminato, da un lato si creano false aspettative e dall'altro possono nascere critiche ingiustificate. E' imperdonabile che proprio io che del regolamento sono l'autore, sia quello che le abbia chiesto di trasgredirlo.
C. Non si tratta di questo. In fin dei conti le regole sono state fatte apposta per essere trasgredite; in questo caso poi con lei so che non corro il pericolo di pettegolezzi. Il fatto è che ancora non lo so.
P. Come non lo sa? Sul coperchio della scatola c'è sempre la riproduzione del puzzle da realizzare.
C. E' questo il punto. Che dalla segretaria ho fatto ricoprire la riproduzione con un foglio bianco e poiché è stato incollato molto bene.
P. Allora lei, in un certo senso intende lavorare al buio. E come fa?
C. Inutile le dica che un puzzle è un insieme di elementi che si accoppiano, meglio si incastrano fra di loro. Quello che appare su ogni singolo elemento tutto sommato è inninfluente. L'importante è che gli elementi combacino fra loro. Indubbiamente l'immagine conta. Aiuta. Ma quante volte basandoci sull'immagine scopriamo che poi i pezzi non combaciano. Per me il puzzle può essere inteso come una deduzione logica. Inutile ricordare a lei il sillogismo barbara di Aristotele. Se tutti i greci sono uomini e tutti gli uomini sono mortali allora tutti i greci sono mortali. La verità della deduzione non dipende dal fatto che parliamo di greci e di uomini, se parlassimo di capre e di animali non cambierebbe nulla. La verità della deduzione dipende dalla forma delle singole proposizioni, dal come cioè le incastriamo fra di loro.
P. Veramente interessante. Si tratta di un'idea geniale.
C. Me lo auguro. La pregherei per il momento di considerarla come un nostro segreto. Sa che nel circolo i Luciano sono parecchi. Gente, che come scrive Machado Castiglia mistica e guerriera che disprezza tutto quel che ignora. E per affossare un'idea non c'è modo migliore che diffonderla prima. Tanto più che ancora devo mettere a punto la tecnica. Ed ora, se permette, devo proprio lasciarla. Ho il fidanzato che mi aspetta. Grazie dell'aperitivo e della piacevole conversazione.
P. Anzi il piacere della sua compagnia è stato tutto mio. E quando alla sera passa qui vicino, non dimentichi di dare una sbirciatina dentro. E' facile che mi trovi
Contributo di T.C.S., scritto Venerdì 4 Febbraio 2005 alle 16:01
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L'ultima proposta di dialogo, spedita da Silvana Barbacci, è stata pubblicata. La si può leggere nella Pagina Iniziale di DiaBloghi.