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lunedì, agosto 25, 2003

 La responsabilità nei sistemi (ovvero: le cattedrali nel Medioevo)

--- posted by Gian Maria Borrello ---

--- Permalink (da utilizzare per segnalare questo post) ---

Nel sito della Fondazione Bassetti ho deciso di inserire un richiamo ai passaggi salienti di un thread che avviai nel newsgroup it.arti.architettura nell'ottobre del '99. Li riproduco qui sotto perché mi sembra che si rivelino come un buon esempio di collaborazione (a saperli usare, i newsgroup sono un mezzo di arricchimento culturale insostituibile).

Tutto è partito dalla seguente affermazione, che si trova nel verbale di un workshop svoltosi nel '99.

«Il vero rischio di cambiamento della nostra società è che la responsabilità passi dall'uomo ai sistemi, un'evoluzione cui non siamo preparati. Forse nel Medio Evo sapevano come gestire la responsabilità nei sistemi (le cattedrali erano costruite senza architetti e progetti), ma noi no.»
(Piero Bassetti, Workshop sulla Fondazione Giannino Bassetti, gennaio 1999)

Jean Fouquet, 'La costruzione di una cattedrale', Quindicesimo secolo - cliccare sull'immagine per vederla ingrandita
Jean Fouquet, "La costruzione di una cattedrale", Quindicesimo secolo
(cliccare sull'immagine per vederla ingrandita)

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Newsgroup: it.arti.architettura
Subject: Le cattedrali nel Medio Evo
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From: Gian Maria Borrello
Date: Mon, 18 Oct 1999

Potremmo approfondire l'affermazione secondo cui le cattedrali nel Medioevo sarebbero state costruite senza ricorrere ad architetti?

Grazie

P.S. La domanda riguarda un'affermazione che può valere come spunto per una riflessione sulla gestione della responsabilità nei sistemi (se la responsabilità di un sistema complesso possa essere personale, oppure no... e nel caso possa esserlo, chi debba assumerla).

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From: Gabriele Pranzo
Date: Tue, 19 Oct 1999 03:16:29 +0200

Non esisteva proprio la figura dell'architetto moderno, ma c'erano capomastri molto qualificati, depositari del sapere del costruire. E poi dipende dai casi, per esempio alla progettazione del Duomo di Milano (anche se è un po' tardo come esempio) hanno partecipato anche matematici, scienziati etc. Certo non devi pensare che le cattedrali fossero tirate su a caso senza nessuna pianificazione.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Tue, 19 Oct 1999 11:17:01 GMT

On Tue, 19 Oct 1999 03:16:29 +0200, Gabriele Pranzo wrote:

>Non esisteva proprio la figura dell'architetto moderno, ma c'erano
>capomastri molto qualificati, depositari del sapere del costruire. E
>poi dipende dai casi, per esempio alla progettazione del Duomo di
>Milano (anche se è un po' tardo come esempio) hanno partecipato anche
>matematici, scienziati etc. Certo non devi pensare che le cattedrali
>fossero tirate su a caso senza nessuna pianificazione.

No, infatti è proprio questo il punto.

I progetti che venivano stilati con quali criteri erano condotti?
Certo non ricorrevano al PERT o a diagrammi di Gannt... ma forse a metodi equivalenti in quanto a efficacia. Per esempio: usavano diagrammare lo sviluppo di un progetto? Visto che le costruzioni duravano decine di anni, come riuscivano a gestire la pianificazione? E ancora -aspetto connesso, ma niente affatto secondario- come attribuivano e disciplinavano la responsabilità per la riuscita del progetto? Quali tecniche usavano per controllare, coordinare, correggere il tutto?
C'erano capomastri molto qualificati che erano depositari del "sapere". Bene. Come lo mettavano in pratica, allora?

Mi sembra un argomento di estremo interesse e immagino che ci saranno degli studi importanti sul tema.

Dunque: innanzitutto grazie per la risposta; in secondo luogo, quali altre info potete darmi a riguardo? (tenendo presente l'esigenza mia originaria, e cioè, la correlazione tra questo discorso e la responsabilità nello sviluppo dei sistemi complessi)

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From: Gabriele Pranzo
Date: Wed, 20 Oct 1999 01:29:06 +0200

On Tue, 19 Oct 1999 11:17:01 GMT, Gian Maria Borrello wrote:

>I progetti che venivano stilati con quali criteri erano condotti?
>Certo non ricorrevano al PERT o a diagrammi di Gannt... ma forse
>a metodi equivalenti in quanto a efficacia. Per esempio: usavano
>diagrammare lo sviluppo di un progetto? Visto che le costruzioni
>duravano decine di anni, come riuscivano a gestire la pianificazione?

Bè, c'era un sapere consolidato che oggi molto spesso manca.
Esistevano regole che, anche quando ci si dedicava alla sperimentazione strutturale, non venivano infrante.
Per esempio, nella fase di costruzione si partiva sempre dall'abside, l'orientamento era già deciso (sempre est - ovest), il numero di navate era sempre dispari (da 1 a 5) etc.
Comunque, veniva tracciato uno schema all'inizio in cui si decideva l'impostazione planimetrica generale e le altezze, in maniera tale da dimensionare gli elementi strutturali. E poi ogni capo mastro lasciava il suo segno nel periodo di direzione, prendendo molte decisioni senza variare l'impostazione decisa all'inizio.
Ovviamente ho parlato in senso generale, e solo riferendomi alle cattedrali costuite in un breve lasso di tempo.

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From: Max99
Date: Wed, 20 Oct 1999 01:16:59 +0200

Innanzitutto bisogna dimostrare che le cattedrali nel medioevo venissero costruite senza né progetti nè architetti.
Gli architetti c'erano eccome, ed anche i progetti. Le cattedrali gotiche erano costruite utilizzando progetti estremamente dettagliati, con raffinate tecniche costruttive (che restavano, nei calcoli, patrimonio rigorosamente segreto dell'architetto - c'era anche allora la concorrenza!!)
Personalmente ti consiglio di approfondire l'argomento leggendo, per esempio, qualcosa su Arnolfo di Cambio; o magari sui Solari a Milano; oppure, in generale, qualche manuale di architettura gotica (un bel testo è "Le radici delle cattedrali" non mi ricordo l'autore... ricordi universitari!).

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From: Gabriele Pranzo
Date: Wed, 20 Oct 1999 20:06:05 +0200

>magari sui Solari a Milano

Però i Solari non fanno parte di una vera architettura medioevale, hanno già molte caratteristiche protorinascimentali. Credo che il nostro amico si riferisse alle cattedrali gotiche più note, come quelle francesi del '2-'300.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Wed, 20 Oct 1999 19:50:37 GMT

Probabilmente sarebbe molto interessante entrare un po' nel dettaglio per avere delle informazioni su come "stavano dietro" allo sviluppo di un progetto nel tempo, per conoscere gli aspetti organizzativi, anche, per esempio, per quanto riguarda le c.d. "risorse umane" (dagli operai di vario livello ai consulenti: astronomi, matematici, geologi, ecc.).
Tuttavia, mi sa che alla fine sarebbe come saperne di più -che so- sulle tecniche di calcolo con l'abaco, o sui sistemi meccanici e/o architettonici per lo studio del cielo. Voglio dire che, in passato, si usavano tecniche per controllare processi in modo che fossero *di umana portata*.
In conclusione, quelle tecniche sarebbero certo inadeguate per costruire un grattacielo con tutti i suoi impianti, e poi dentro ai grattacieli, oggi, ci sono dei computer che *presiedono* al corretto funzionamento del complesso nel tempo (è un organismo "vivente").
Ma... infatti nel Medioevo i grattacieli non c'erano... né avevano bisogno di costruirli (anche allora le costruzioni "vivevano", perché i materiali erano, per es., soggetti a decadimento, ma è ben altra cosa rispetto al grattacielo).

(il che è come dire: un computer può essere costruito anche col meccano e l'hanno fatto, sia pur se di dimensioni ridotte [*]: il problema sta nei tempi di costruzione e di calcolo... e nei costi)

[*] Nel '79 alcuni studenti del MIT costruirono davvero un manipolatore di informazioni con un meccano di legno, usando bastoncini e rocchetti forati. Questa macchina sapeva giocare a filetto ed era stata costruita con trenta scatole di meccano, qualche cavo, un asse e una manovella. Tutto il marchingegno sembrava un enorme abaco verticale accoppiato a un ponte sospeso capovolto: non aveva bisogno di elettricità, non aveva né schermo, né tastiera. Quando il suo operatore avviava la manovella e assegnava una posizione del filetto regolando delle levette, il ponte sospeso calava lentamente, e nella sua discesa trovava alla fine la mossa prestabilita per quella posizione.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Wed, 20 Oct 1999 20:34:25 GMT

Aggiungo qualcosa.

Il discorso era legato al seguente tema: la prevedibilità, o meno, del comportamento di un sistema complesso (v., anche, "teoria del caos", studio dei sistemi stocastici).
Interessanti sono gli studi che ricostruiscono, con modalità quasi archeologiche, i metodi seguiti in passato per fare cose che oggi penseremmo fattibili solo con strumenti di calcolo potenti. Per meglio dire: questi studi collocano alcune nostre visioni entro una più una corretta prospettiva storica. Un esempio: la divisione del lavoro (per questo ho fatto il quoting del punto sulle risorse umane) non l'ha certo inventata Smith (v. in "La ricchezza delle nazioni", quando parla del processo di produzione in una fabbrica di spilli).
Tuttavia, l'analisi di Smith è interessante per mettere in rilievo il seguente argomento chiave.
Da un lato, la divisione del lavoro permetteva a ognuno degli operai di produrre 4800 spilli al giorno, mentre, lavorando da solo, ogni operaio poteva produrne solo 20 al giorno. Dall'altro, un ipotetico operaio che avesse fatto tutto da solo avrebbe padroneggiato l'intero processo di fabbricazione, anche se avrebbe prodotto meno spilli. Quando il compito (task) è minutamente suddiviso, ogni operaio non sa quasi nulla del processo di fabbricazione. In altre parole, la divisione del lavoro moltiplica l'ignoranza. Estrapolando il concetto, è come dire che l'uso intensivo di metodi o
tecniche di controllo ("control" nel senso anglosassone del termine) -nel nostro caso, la divisione del lavoro come "tenica di produzione"- può generare conseguenze impreviste -nel nostro caso l'ignoranza, e quindi problemi in caso di "emergenza", ecc. O, al limite, conseguenze prevedibili, ma comunque "nuove" e *da tenere in debito conto*.

Bene: da qui al discorso del *capomastro* (o *architetto* che fosse), depositario del "sapere", il passo può essere anche abbastanza breve. Per questo sarebbe quindi interessante sapere se ci sono studi sulla divisione del lavoro nella costruzione delle cattedrali.

L'affermazione sulle cattedrali costruite senza architetti potrebbe portare a concludere che la frammentazione del "sapere" era molto relativa, cioè che il "sapere" era in buona parte condiviso tra più (anche molti) artefici dell'opera. Il sistema era controllato nel suo sviluppo da più processi paralleli interconnessi, in senso cibernetico: feed e feed-back. Se mancava "un cervello" (il capomastro/architetto), allora il "cervello" era *nel* sistema stesso, cioè nel modo in cui questo si auto-organizzava, in modo organico.

Commenti? ...

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From: Andrea Nicolosi
Date: Thu, 21 Oct 1999 11:14:29 +0100

L'unica!! perplessità è come far rientrare un sistema "chiuso", per quanto complesso, (cattedrale!)
in un discorso più generale (teoria del caos!) che riguarda l'interazione di micro e macrosistemi
strutturali... in una sorta di stratificazione temporale che trae dal suo disordine un nuovo ordine.
Operazione aleatoria legata allo studio dei sistemi stocastici?

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From: Gian Maria Borrello
Date: Thu, 21 Oct 1999 13:56:34 GMT

:-) forse...

Comunque il considerare una cattedrale come un sistema chiuso è discutibile, perché la qualificazione di "chiuso", o "aperto" dipende dal livello a cui ci si pone. Stesso discorso per "macro" e "micro".

Il punto, in ogni caso, è l'*evoluzione* del sistema, chiuso o aperto che sia. Infatti, il richiamo al modo in cui nel Medioevo venivano costruite le cattedrali riguardava non "la cattedrale" conclusa, bensì il "processo" attraverso il quale si giungeva alla sua realizzazione finale.

E allora, la tua considerazione cade più che a pennello, infatti parli di "stratificazione temporale". Il che significa che si prende in esame un divenire.

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From: Andrea Nicolosi
Date: Thu, 21 Oct 1999 17:13:57 +0100

Potremmo anche disquisire sulla scala d'intervento, ma a mio modo di vedere l'evoluzione costruttiva finalizzata all'edificazione del contenitore religioso non può essere preso a parametro di evoluzione caotica.
Se il processo di evoluzione costruttiva portasse alla fine alla trasformazione (anche parziale) dell'organismo... potrei anche essere d'accordo, ma in questo caso il tempo non trasforma il progetto iniziale, può semmai modificarne l'aspetto!
La Sagrada Familia è tutt'oggi in costruzione, ma ciò non toglie che esiste un fine ultimo che si intende perseguire; ossia costruire una cattedrale.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Thu, 21 Oct 1999 21:44:29 GMT

On Thu, 21 Oct 1999 17:13:57 +0100, Andrea Nicolosi
wrote:

>a mio modo di vedere l'evoluzione costruttiva
>finalizzata all'edificazione del contenitore religioso non può essere preso a parametro di
>evoluzione caotica.

Infatti. Se parti dall'affermazione che ha dato il via al thread, vedi che il senso era proprio ciò che dici. Il fatto è però che volevo verificare il grado di verità di quell'affermazione, indipendentemente dalla tesi che può servire a sostenere.
La teoria del caos studia proprio in quali condizioni e secondo quali processi il caos generi ordine (detto in parole molto ma molto povere), e mette in luce come sistemi apparentemente disordinati siano in realtà ordinatissimi... ma qui il discorso si fa complesso, può sfociare nell'"esoterico"...

>Se il processo di evoluzione costruttiva portasse alla fine alla trasformazione (anche parziale)
>dell'organismo...potrei anche essere d'accordo, ma in questo caso il tempo non trasforma il progetto
>iniziale pùò semmai modificarne l'aspetto!
>La Sagrada Familia è tutt'oggi in costruzione, ma ciò non toglie che esiste un fine ultimo che si
>intende perseguire; ossia costruire una cattedrale.

Anche qui direi: infatti. E' proprio questo punto che è interessante: come (cioè seguendo quali dinamiche) il sistema rimanga coerente *nel tempo*.

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From: Antonio Bonomi
Date: Thu, 21 Oct 1999 13:09:49 GMT

Gian Maria Borrello ha scritto:

>Probabilmente sarebbe molto interessante entrare un po' nel dettaglio
>per avere delle informazioni su come "tenevano dietro" allo sviluppo
>di un progetto nel tempo, per conoscere gli aspetti organizzativi,
>anche, per esempio, per quanto riguarda le c.d. "risorse umane" (dagli
>operai di vario livello ai consulenti: astronomi, matematici, geologi,
>ecc.).

Vorrei contribuire con alcune osservazioni:
1) la trasmissione delle disposizioni di progetto agli esecutori tramite disegni "tecnici" e' cosa molto recente. Mel medioevo la trasmissione orale era molto piu' precisa di quanto non lo sia ora e l'analfabetismo diffuso favoriva le capacita' di visualizzazione e memoria.
Fino all'inizio del XVII secolo in Olanda non si eseguivano i disegni delle navi ma si costruivano flotte di vascelli capaci di arrivare alle Indie o di manovrare nelle grandi battaglie dell'epoca di Cromwell (forse piu' complessi di un moderno jet). I primi disegni di ingegneria navale sono degli inglesi della fine del XVII° secolo (dovettero apprendere la tecnologia dall'estero).
2) Sappiamo alcuni nomi di abati che presiedettero alla costruzione di grandi edifici religiosi e ne descrivono, a parole, la distribuzione (Chartres - Notre Dame). Alcuni ordini, come i Cistercensi, avevano loro norme tipologiche e stilistiche precise. Ci sono poi i taccuini di Villars d'Honnecourt e numeroso schizzi di cantiere ritrovati su intonaci. Costruire un castello su un cocuzzolo e' altrettanto difficile che una cattedrale.
3) Ranuccio Bianchi Bandinelli descrive in un suo libro la diffusione di modelli decorativi in scala, d'avorio o di metalli preziosi, che gli Imperatori del Sacro Romano Impero o il Re di Francia distribuivano a citta' o abazie per orientare il gusto delle costruzioni.
4) L'epoca delle cattedrali (se parliamo del gotico medioevale) e' molto breve; comprende poche generazioni per cui non si puo' parlare di un atavico mestiere diffuso ma di una fioritura di creativita' e di sperimentazione (la volta dell'abside di Beauvais crollo' tre volte prima che il poligono funicolare riuscisse ad essere contenuto nei suoi piedritti). Un'epoca di grande liberta' (San Francesco e Boccaccio, i Comuni col popolo sovrano, Villon, le cambiali, la magna charta e i Lollardi ecc.).
5) Sulla responsabilita' nella conduzione dei lavori: le norme corporative, gli occhi cavati ai progettisti, l'inferno e il paradiso.

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From: Gabriele Pranzo
Date: Thu, 21 Oct 1999 20:47:47 +0200

On Wed, 20 Oct 1999 20:34:25 GMT, Gian Maria Borrello wrote:

>Bene: da qui al discorso del *capomastro* (o *architetto* che fosse),
>depositario del "sapere", il passo è breve. Sarebbe interessante
>sapere se ci sono studi sulla divisione del lavoro nella costruzione
>delle cattedrali.

Bè, il lavoro era comunque diviso; anche se l'ignoranza sul processo di produzione era molto minore, i compiti erano precisi (muratori, scalpellini, pittori etc.).

> Se mancava "un cervello" (il
>capomastro/architetto), allora il "cervello" era *nel* sistema stesso,
>cioè nel modo in cui questo si auto-organizzava, in modo organico.

Forse il parallelo con l'auto organizzazione calza molto meglio al discorso della *produzione* di città medioevale. La pianificazione urbanistica era pressochè inesistente, mentre per la cattedrale esisteva comunque un disegno generale da seguire e un depositario del sapere con funzioni di controllo.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Thu, 21 Oct 1999 21:44:40 GMT

Ottimo spunto, in grado di "correggere il tiro". A questo punto l'esempio della cattedrale potrebbe anche essere sostituito da questo della pianificazione urbanistica.

Grazie, veramente molto utile questo mini-dibattito.

A presto (se ve ne sarà occasione chiederò altri lumi: credo che esistano notevoli attinenze tra gli studi di architettura e la teoria dei sistemi con tutti i suoi nessi e connessi; io di questa devo occuparmi in questo periodo)

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From: Gian Maria Borrello
Date: Wed, 20 Oct 1999 19:50:36 GMT

On Wed, 20 Oct 1999 01:16:59 +0200, Max99 wrote:

>Personalmente ti consiglio di approfondire l'argomento
>...
>"Le radici delle cattedrali"

Lo farò, grazie

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From: Franco
Date: Sun, 24 Oct 1999 11:27:25 GMT

E' difficile accostare problematiche, figlie di una mentalita' moderna a quelle dell'uomo del medioevo.
I costruttori delle grandi cattedrali dell'antichita' erano uomini di fede e grandi iniziati prima che semplici tecnici di architettura, e la loro opera era assimilabile ad una preghiera di pietra.
Come gli antichi teatri venivano costruiti in maniera che la voce degli attori venisse naturalmente amplificata dalla struttura architettonica, cosi' le chiese venivano costruite di modo che da un lato inducessero nel fedele il raccoglimento ed il senso della grandezza di Dio, e dall'altro riuscissero con le loro strutture architettoniche e con la loro stessa disposizione geografica ad amplificare ed a magnetizzare la preghiera per renderla piu' grata a Dio.
Pensate solo che la disposizione geografica di certe cattedrali gotiche ricalcava la disposizione degli astri della costellazione della Vergine.
La Bibbia è molto precisa riguardo la costruzione del Tempio di Salomone e' molto precisa e nulla e' affidato al caso, o alla semplice pratica abitabilita'.
Non sono un fanatico religioso e sarei l'ultima persona degna di scagliare la prima pietra, ma la mia critica e' rivolta a TUTTO il sistema moderno e alle sue discutibili regole morali.

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From: Francesco Tedeschi
Date: Mon, 25 Oct 1999 10:26:00 +0200

>[...]
>Non sono un fanatico religioso e sarei l'ultima persona degna di
>scagliare la prima pietra, ma la mia critica e' rivolta a TUTTO il
>sistema moderno e alle sue discutibili regole morali.

Come si fa ad essere così nostalgici di epoche nel quale il sapere, e quindi il potere, erano concentrati nelle mani di poche persone, mentre il resto della umanità doveva solo "credere, obbedire e combattere" ?

E non è che l'allineamento delle piramidi rispetto la costellazione dell'Orione o delle cattedrali lungo una linea ideale che univa Stonehage con Gerusalemme siano "costruzioni" a posteriori di studiosi repressi che cercavano una motivazione al tempo trascorso in polverose biblioteche e intellettuali convinti che tutto il mondo, ed in particolar modo i capitalisti ebrei, cospirasse contro di loro ?

I costruttori delle cattedrali medioevali erano ARCHITETTI, che volevano proporre degli spazi urbani coperti dove il popolo potesse riunirsi a pregare ma anche a ragionare, dove un uomo poteva esaltarsi davanti l'opera di suoi simili ma contemporaneamente doveva umiliarsi in cospetto della potenza divina, dove le mura sembravano stare in piedi per scommessa quando invece tutta la vera struttura portante era celata in cordoni di pietra.

O no ?

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From: Franco
Date: Mon, 25 Oct 1999 15:01:21 GMT

Dici molte cose giuste, anzi... corrette, pero' devi ammettere che per una persona immersa nella magia della cattedrale di Notre-Dame sentirsi un cicerone pronunciare parole come "spazi urbani" non aiuti a capire il senso dell'opera e della sua funzione sincrona.

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From: Francesco Tedeschi
Date: Mon, 25 Oct 1999 19:46:58 +0200

Per un turista frettoloso e ansioso di mettersi in fila per visitare (si fa per dire) il Louvre, è certamente così. Ma ad un "voyageur" è forse il caso di far comprendere il rapporto tra forma e funzione.

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[ a questo punto, qui si è aperto un altro thread che, pur se interessante, non riporto in quanto riguarda un tema diverso da quello iniziale, che invece desidero circoscrivere; qui sotto, quindi, prosegue il thread portante ]
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From: archimap
Date: Thu, 21 Oct 1999 03:40:42 +0200

Saluti a tutti.

> Bè, c'era un sapere consolidato che oggi molto spesso manca.
> Esistevano regole che, anche quando ci si dedicava alla
> sperimentazione strutturale, non venivano infrante.

> Gli architetti c'erano eccome, ed anche i progetti. Le cattedrali gotiche
> erano costruite utilizzando progetti estremamente dettagliati, con raffinate
> tecniche costruttive (che restavano, nei calcoli, patrimonio rigorosamente
> segreto dell'architetto

Sono d'accordo, le Tecniche dell'architettura gotica si basavano anche sul raggiungimento del fine per approssimazioni successive, varianti in corso d'opera che si trasformavano in sperimentazioni sul campo che nel tempo hanno costituito il fondamento delle conoscenze, il sapere consolidato anche se "Non esisteva proprio la figura dell'architetto moderno, ma c'erano capomastri molto qualificati, depositari del sapere del costruire".

Peter Murray fa coincidere la figura dell'architetto moderno con Brunelleschi.
Infatti nell'Architettura Rinascimentale al progetto si aggiunge la sua pianificazione, facendo tesoro delle esperienze passate fino ad essere "un deliberato ripristino delle idee e della prassi degli architetti dell'antichità classica ... romana" come afferma P. Murray ne 'L'architettura del Rinascimento italiano' che indica in Brunelleschi "il primo a capire il sistema strutturale dell'architettura classica e ad adattarne i principi alle esigenze moderne".

Si tende quindi ad avere il controllo totale della realizzazione fin dalla fase progettuale cercando di prevedere e di disegnare ogni particolare. Brunelleschi realizzerà, tra l'altro, diversi modelli in muratura della cupola del Duomo di Firenze, macchine di ausilio alla costruzione ed anche una mensa a quota elevata per evitare che gli uomini, costretti a scendere per consumare i pasti, perdessero tempo. Perdessero tempo... il tempo, un altro elemento oggetto di pianificazione o il fondamento stesso della pianificazione. Si inizia a pensare a tempi e metodi della produzione.

Quindi, in sintesi, una pianificazione così accurata è ciò che mancava all'architettura del Medio Evo.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Thu, 21 Oct 1999 13:56:35 GMT

Molto interessante. Il fattore tempo come elemento integrante di
un'accurata pianificazione: questo è qualcosa che nel Medioevo mancava.

Mancava una pianificazione accurata come quella che verrà introdotta nel Rinascimento!

C'è qualcuno che vuole aggiungere qualcosa per integrare l'affermazione?

Ma... siete tutti d'accordo sul merito dell'affermazione?

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From: Franco
Date: Thu, 28 Oct 1999 14:59:12 GMT

Effettivamente l'illuminismo e (non me ne vogliate) il materialismo, prerogative se non addirittura dogmi della mentalita' moderna, ebbero inizio proprio nel Rinascimento, o forse nel tardo Medio-evo (fine del XIV secolo) fase che vide l'inizio della disgregazione della Cristianita', quindi del regime feudale e dell'Impero e segno' la nascita delle varie nazionalita' centralizzate, maggior causa dei conflitti e delle intolleranze che ancor oggi non sembrano placarsi. Mentre nel medio-evo, la forma mentale era di tipo "qualitativo" sia nelle arti che nelle scienze e nella filosofia, dal rinascimento in poi vi e' stata una deviazione a favore del tipo "quantitativo", che esplose nei "lumi" del settecento e di lì a poi crebbe con progressione geometrica fino ad oggi.
Questo fu nella chimica ad esempio con la teoria atomistica che enunciava il dogma della quantita' che determina la qualita' (numero di atomi, elettroni...) in contrapposizione ad una visione alchemica di tipo qualitativo e spirituale (non a caso gli alchimisti erano chiamati "filosofi").
Inevitabilmente anche il concetto di "tempo" muto' in maniera drammatica.
Mentre nel medio-evo ed anche anteriormente il tempo aveva una qualita' (ed ancora troviamo tracce di questa antica concezione nei resti della saggezza contadina) ovvero vi era un tempo favorevole vuoi per la disposizione degli astri o per un "segno" della natura, nella mentalita' moderna e' rimasto solo l'aspetto quantitativo di esso. Paradigmatici sono gli studi di Galileo sul pendolo e su tutto cio' che poi nei tempi moderni servira' a scandire l'ossessivo movimento delle macchine (agli estremi: il computer "vive" grazie al suo "orologio" interno e tutto e' determinato dalla quantita' di bit).
Riassumendo:
dalla rinascenza in poi la quantita' piglia il posto della qualita' ed anche il concetto del tempo non risulta essere immune dal processo. Quindi non parlerei di "mancanza del fattore tempo come elemento integrante di un'accurata pianificazione": il tempo come lo intendiamo oggi e' un concetto proprio solo a civilta' ove il produrre assume piu' importanza dell'essere, parlerei quindi di diversi sistemi, diversi modi di vedere il mondo ed in tutta sincerita' non mi sento di affermare che l'odierno sia quello piu' giusto.

Saluti

PS. scusate il fuori tema

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From: Gian Maria Borrello
Date: Sat, 23 Oct 1999 18:38:21 GMT

La domanda sulle cattedrali era innanzitutto dettata da una mia esigenza culturale.

La questione si inserisce all'interno di un workshop privato relativo alla responsabilità nei sistemi complessi. Un tema che è l'apoteosi dell'interdisciplinarietà: dalla filosofia alla religione, dalla storia alla biologia, alla fisica, alla teoria dei sistemi... all'architettura.

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From: Gian Maria Borrello
Date: Mon, 25 Oct 1999 15:39:44 GMT

Forse può essere utile il riferimento bibliografico sul citato "Le radici delle cattedrali"

Livello bibliografico: Monografia
Tipo documento: Testo a stampa
Autore: Bechmann, Roland
Titolo: Le radici delle cattedrali : l'architettura gotica espressione delle
condizionidell'ambiente / Roland Bechmann ; traduzione di Giangiacomo
Amoretti
Pubblicazione: Milano : A. Mondadori, 1989
Descrizione fisica: 320 p. ; 19 cm.
Collezione: Oscar saggi
Numeri: ISBN - 88-04-31974-7
Nomi: Bechmann, Roland Amoretti, Giangiacomo

Altri titoli collegati:
[Altro documento correlato] Les racines des cathedrales
Soggetti: ARCHITETTURA E AMBIENTE NATURALE - EUROPA - SEC. 12.-14.

ARCHITETTURA GOTICA - TECNICA

Classificazione: 723.5 - ARCHITETTURA GOTICA
Paese di pubblicazione: IT
Lingua di pubblicazione: ITA
Localizzazioni:
AQ0047 - Biblioteca provinciale Salvatore Tommasi - L'Aquila - AQ Bib. Didattica di Architettura - Politecnico Milano
Bibl. centrale Fac. di Ingegneria - Univ. Padova
Bibl. Architettura e Urbanistica per l'Ingegneria - Univ. Roma
Bibl. Civica di Collegno
Bibl. Dip. di Progettazione della Architettura - Univ. Firenze
Bibl. Dip. di Storia Medioevale e Moderna - Univ. Trieste
Bibl. Fac. di Scienze Politiche - Univ. Milano
Sistema bibliotecario urbano di Bergamo
FI0098 - Biblioteca nazionale centrale - Firenze - FI
RM0267 - Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II - Roma -
RM
VA0059 - Biblioteca civica Luigi Majno - Gallarate - VA
VE0200 - Biblioteca del Dipartimento di storia dell'architettura
dell'Istituto universitario di architettura di Venezia - Venezia - VE

Codice identificativo: IT\ICCU\CFI\0180463

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From: Gian Maria Borrello
Date: Mon, 25 Oct 1999 19:55:11 GMT

Le radici delle cattedrali - Bechmann Roland, Mondadori, Prezzo: Lire 13000 EUR 6.71, Disponibile in 1 - 2 giorni

Su www.zivago.it

E' uscito prima nell'84, edito da Marietti (Casale Monferrato), nella Collana di Saggistica, poi è stato ristampato, nell''89, negli Oscar Mondadori.

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From: Francesco Tedeschi
Date: Tue, 26 Oct 1999 18:11:38 +0200

Segnalazione sulla correlazione tra pianificazione del
territorio ed organizzazione "spontanea" (in apparenza) dei sistemi
complessi:

Antonio Giuliano, "Urbanistica delle Città Greche", Edizioni Il Saggiatore 1966 (nel 1978 la terza edizione costava 8.000 lire)

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From: Andrea Nicolosi
Date: Tue, 2 Nov 1999 13:40:43 +0100

>È difficile accostare problematiche, figlie di una mentalità
>moderna a quelle dell'uomo del medioevo...

Infatti tutto il tuo ragionamento si basa sulla riscoperta dei veri fondamenti dell'arte medioevale che risale, però, al XVIII secolo... ossia nell'era moderna.
Prima di allora infatti il Gotico aveva assunto un'accezione negativa derivante dall'origine "barbarica" dei fautori di tale arte!
(Gotico deriva da Goti ossia popolazioni nord-europee considerate barbare!)

>I costruttori delle grandi cattedrali dell'antichità erano
>uomini di fede e grandi iniziati prima che semplici tecnici
>di architettura, e la loro opera era assimilabile ad una
>preghiera di pietra...

Mi sa che ti stai confondendo con il periodo detto delle "Crociate delle Cattedrali"...
J.Gimpel, I costruttori di cattedrali, Mondadori Milano, 1961 pag.43-44

>Come gli antichi teatri... così le chiese venivano costruite
>di modo che da un lato inducessero nel fedele il raccoglimento
>ed il senso della grandezza di Dio, e dall'altro riuscissero con
>le loro strutture architettoniche e con la loro stessa disposizione
>geografica ad amplificare ed a magnetizzare la preghiera per renderla
>più grata a Dio.

Su questo si potrebbe disquisire a lungo... ma basterà dire che le cattedrali non avevano soltanto uno scopo religioso... "la gente vi poteva dormire, mangiare, parlare invece che bisbigliare. Vi poteva introdurre animali, per esempio cani e sparvieri. Vi si circolava molto più liberamente di oggi, d'altronde, perchè non v'erano sedili; vi si poteva incontrare per discutere di affari che il più delle volte, non avevano nulla di religioso. E nelle cattedrali i rappresentanti del comune si radunavano per parlare delle cose cittadine. Infatti in talune città in cui furono fondati dei comuni e in cui vennero innalzate grandi cattedrali, i borghesi non costruirono il municipio" (J.Gimpel, I costruttori di cattedrali, Mondadori Milano, 1961 pag.45)
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domenica, agosto 17, 2003

 Patricia Piccinini's Ethical Aesthetics

--- posted by Gian Maria Borrello ---

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(Le immagini di questo post sono tutte cliccabili)

Nel blog di Massimo Mantellini c'è un post, intitolato "Rivedere Patricia", che mi ha molto incuriosito. Sono così andato a vedermi il sito di Patricia Piccinini, un'artista australiana di fama internazionale che è interessata ad esplorare ciò che chiama «the often specious distinctions between the artificial and the natural». E' affascinata dalle problematiche che premono al di sotto della scienza e della tecnica, come l'ingegneria genetica e la biotecnologia tutta.

Nel suo sito si trovano le foto delle mostre (dal 15 giugno al 2 novembre di quest'anno espone alla Biennale di Venezia) e delle sue opere.

Quelle che appartengono alla categoria "Biosphere" sono uno sguardo pensoso sul portato delle moderne biotecnologie e sulle implicazioni etiche degli interventi sul corpo da parte della tecnologia.

AGGIORNAMENTO del 4 settembre 2003

L' "Alife Journal" dell'International Society of Artificial Life (pubblicato dal MIT) e altre risorse

• "Vita artificiale", di Tommaso Russo su Mediamente (Rai)

Molte delle riflessioni artistiche della Piccinini riguardano il concetto di "essere umano", il concetto di "vita" e quello di "artificiale" (per inciso, collabora con Christopher Langton, ricercatore di fama nel campo della vita artificiale, cioè nella simulazione, mediante il computer o altri mezzi tecnologici, di comportamenti simili a quelli di esseri viventi).


Ogni sviluppo sociale, tecnologico/scientifico, ogni innovazione può essere vista in termini di minore o maggior distacco rispetto a un'ipotetica definizione del "ciò che c'era prima", del "sè", del "naturale". Per esempio, lo sviluppo delle tecnologie bioniche comporta che diventino sempre più inadeguate le vecchie definizioni di quello che è naturale e di quello che non lo è. Ma la relazione tra umanità, tecnologia e natura è complessa e le opere di quest'artista suggeriscono che le valutazioni di quel che è "giusto" e di quel che è "sbagliato" sono estremamente problematiche e lo diventeranno sempre più.

«On the use of animal brain tissue in machines, for example, NASA's chief bio-ethicist comments, 'You are creating an organism that by its very definition could not exist in nature .... we need to start having a moral conversation about the implications - about how far we should take them, and what we shouldn't do'.»
["Fast Forward: accelerated evolution"]

La Piccinini si sofferma sul problema della responsabilità legata alle nuove forme di vita che la genomica può produrre e, in particolare, sul fatto che una volta venuta ad esistenza una forma organica che potremmo anche definire vita, chi ne è il creatore non può evadere la questione del suo rapporto con essa (ma la responsabilità riguarda più in generale noi tutti). "Non può", nel senso che "non deve".
«Piccinini's work, like "Still Life with Stem Cells", suggests that we examine carefully the technology now on offer to us. As a resource, its potential has yet to be fulfilled. But mishandled, or abused, it might become a contemporary Pandora's Box.»
["Fast Forward: accelerated evolution"]
Questa è una posizione etica che oltrepassa il problema di definire giusto o sbagliato quel che è già avvenuto, scegliendo di vertere invece sulla necessità che gli esseri umani abbiano cura di ciò che sono riusciti e che riusciranno a generare (artificialmente?... naturalmente?). In sintesi, molte di queste opere d'arte pongono davanti ai nostri occhi una problematizzazione di genere etico non solo sulle origini di tali organismi, ma anche (e soprattutto) sul loro destino.



«Piccinini confronts us with some profound and thoroughly contemporary ethical questions. What are our responsibilities towards life created through other than biological reproduction? Should our ethical responsibilities depend on the means of life's creation? What of the increasing number of children created through fertility technologies? How can we still meaningfully distinguish between a natural and an artificial living being given the extent of technological intervention in producing, maintaining and enhancing life?»
["Patricia Piccinini: Ethical Aesthetics"]
In particolar modo, è da sottolineare che la Piccinini evita intenzionalmente di dare a queste problematiche una risposta che entri nel merito, piuttosto ci invita ad acquisire un atteggiamento di amore verso i prodotti della tecnologia, quasi per entrare nei loro confronti in un rapporto di armonia: occorre (nel senso che è doveroso) prendersi cura di essi. Questo può probabilmente essere definito come un modo di porsi eticamente orientato: l'uomo deve sentirsi responsabile delle trasformazioni che produce nel mondo, perché egli il mondo lo modifica e, a prescindere dalla valutazione morale, occorre che comunque si prenda cura delle conseguenze (buone o cattive che siano). Non può sottrarsi, se non altro perché lo riguardano.

Osserviamo l'espressione dei due scienziati qui a fianco. Questa --il titolo è "Science Story"-- mi sembra una delle opere più riuscite perché sono proprio quegli sguardi ad essere rivelatori del messaggio insito nell'opera.

In conclusione, credo che l'attività di quest'artista sia un buon esempio di come l'arte possa vedere oltre il velo del presente; se ciò poi avviene in modo privo di pregiudizi e senza l'intenzione di esprimerne, la rappresentazione artistica può essere un invito a riflettere. L'arte della Piccinini è accompagnata dalla fiducia nell'uomo, nella sua capacità di giudizio, dalla fiducia nell'importanza del sentimento (l' esprit de finesse), sentimento inteso come viatico, o almeno fonte d'ispirazione, perché possiamo "creare" il nostro futuro con una grossa dote in pegno: la responsabilità del destino nostro e altrui. «With clear eyes, but also with a look of love».

«In many ways, Piccinini?s work seeks to engender love. [...] ultimately it is love in the form of an ethical position towards the products of technology, particularly biotechnology. This position might accept responsibility for human intervention in life and in nature, and acknowledge that there is no longer much to be gained by insisting that we distinguish between what is artificial and what is organic, with all the ensuing value judgements and differential treatment. At the same time, like the love of a model parent, this position might also grant technological progeny the opportunity to affirm their own autonomous way of being.»
["Patricia Piccinini: Ethical Aesthetics"]

«As an artist, I am primarily interested in ideas, particularly ideas that have direct relevance to contemporary life. My interest in contemporary technology proceeds from that, as I find it impossible to deal with the contemporary issues without reference to contemporary technology.
[...]
Wonder is as important to me as politics. Something that art can do, and that makes it valuable, is that it can transport the viewer to somewhere new. It can create a new thing or experience that exists outside of the rules of global capital.
[...]
Contemporary technology is full of promises and myths. Media culture plays on our hopes and desires for technology with a multitude of pledges and assurances. Cloning, the internet, dot-coms, genetic manipulation, post-human bionics, nano-technology and the like are all going to revolutionise our world and make it a better place. No problems, no questions asked. This is of course rubbish, as is the idea that there is nothing valuable in any of these things. If I appear equivocal it is because I am. No system this vast or complex can be so easily evaluated, yet still we yearn for a straightforward guilty or not verdict. As artists, it is tempting to slip into the comfortable (self-righteous) position of providing such a verdict, and indeed it is important that we have an opinion. My solution to this is to be compromised; to allow myself the space within the work to enjoy what I criticise. Just because something is bad, doesn't mean it isn't good.»
["Artist Statement"]

Altri articoli sui lavori di Patricia Piccinini si trovano, nel suo sito, in: Essays
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