Impegnarsi in una ricerca e innovazione responsabile (RRI) significa concentrarsi sul rapporto tra ricerca, innovazione e società. Il che si traduce, anche, in un coinvolgimento attivo della cittadinanza, nel tener conto della dimensione di genere, nella promozione di un’educazione scientifica ed etica adottata da amministratori e policy maker. È questo il senso del ciclo di tre incontri (uno al mese dal 2 ottobre al teatro Binario 7 di Monza) Essenze di Scienza, ideati dalla giornalista scientifica e fisica dell’ambiente Marta Abbà (vicina a Fondazione Bassetti, presente tra gli enti patrocinatori) e dalla libraia indipendente Raffaella Musicò, fondatrice della Libreria Virginia e Co. «È un tema che ci stava a cuore per diverse ragioni», dice Abbà. «Esiste un chiaro problema di gender gap quando si parla di discipline STEM, e partendo da quei dati, abbiamo voluto centrare la questione sul rapporto tra questo divario di genere e le ricadute sulla società, l’ambiente, che stiamo costruendo. Anche per questo, la modalità scelta è quella aperta a tutti e gratuita, il linguaggio degli interventi universale e accessibile, il luogo forse tra i più vissuti in città, le scienziate ospiti, professioniste del quotidiano, a dimostrazione che con la scienza ci si può costruire una carriera e un’indipendenza economica, il che spiega anche la presenza tra gli organizzatori, oltre al Comune di Monza dell’Associazione no profit Centro Aiuto Donne Maltrattate».
Sarà il caso di ricordare qualche numero. Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Stem della Fondazione Deloitte, nonostante le donne rappresentino la maggioranza della popolazione universitaria (55 per cento, dati ANVUR), le studentesse in ambito STEM, ormai da dieci anni, rappresentano solo il 37 per cento; e anche all’interno dei diversi corsi di laurea STEM le differenze sono importanti se si pensa che il 58 per cento sceglie un ambito scientifico, ma solo il 23 Ingegneria Industriale e dell’Informazione, e il 15 Informatica e Tecnologie ICT. La ricaduta sul mercato del lavoro è ancora più evidente, con una percentuale del 58 percento di divario tra la retribuzione tra uomini e donne con lo stesso livello di istruzione (OECD Educationa at Glance 2024), relegando l’Italia all’ultimo posto tra tutti i 38 Paesi dell’Organizzazione (che in media hanno un 23 per cento di pay gender gap). «Si tratta di un pericoloso impoverimento del capitale umano di un Paese», continua Abbà. «Chi pensa l’innovazione la pensa, naturalmente, a sua immagine e somiglianza, e questo ci dice che per disegnare un’innovazione equa è necessario mettere al tavolo la diversità, non solo di genere, ma anche di cultura, di provenienza sociale… Tanto più che ormai è chiaro che un’innovazione “ingiusta” è anche un’innovazione di peggiore qualità, e che una società che perpetua o amplifica le disuguaglianze ci perdiamo tutti».
Il 6 novembre, sarà proprio Anna Pellizzone, esperta di innovazione e società per Fondazione Bassetti, a portare nella discussione l’importanza del coinvolgimento dei cittadini per un’innovazione responsabile. «Il percorso partecipativo organizzato nell’ambito del progetto EU TRANSFORM per raccogliere le raccomandazioni di cittadini e cittadine residenti in Lombardia sul tema della mobilità intelligente e responsabile è stato uno dei primi esempi in Italia di esercizio di deliberazione pubblica. Il campione coinvolto era diversificato, anche nel genere, per includere punti di vista differenti, considerato che sono molti gli studi a evidenziare che anche negli spostamenti nella città uomini e donne hanno modalità e traiettorie diverse, e non tenerne conto porterebbe a configurare servizi di mobilità dispari. Si tratta di pratiche e metodologie ampiamente testate, soprattutto in nord Europa, che prevedono fasi di informazione, confronto e dialogo con esperti con varie competenze, discussioni con facilitatori professionisti, fino alle raccomandazioni finali che le amministrazioni pubbliche si sono impegnate a tenere in considerazione».
Un processo di avvicinamento, quello tra cittadinanza e scienza, che parte dall’ascolto e dal linguaggio, quindi. «Un linguaggio semplificato ma non semplicistico, comunicativo, come è stato nella mission dalla libreria fin dalla sua origine otto anni fa», dice Raffaella Musicò. «L’inclusione comprende la necessità di trovare una base comune per uomini e donne, quella base che secondo l’ecofemminismo è la cura del nostro pianeta, anche attraverso il valore dato alla scienza. Ecco allora che il tema del gender gap nelle discipline STEM assume un significato universale, con un legame molto stretto tra i diritti delle donne e i diritti dell’ambiente. In questo tris di appuntamenti, oltre a chimiche, astronome, biologhe, ci saranno esperte di clima, diritti umani e sostenibilità».
Si comincia dunque il 2 ottobre con la tossicologa Eleonora Scarcello e la Natura Mortale di piante apparentemente innocue, l’astronoma Patrizia Caraveo e il lato oscuro dell’illuminazione artificiale, l’esperta di diritti umani e coordinatrice della sezione “clima e diritti” di Italian Climate Network Erika Moranduzzo, e Fabrick che presenta il suo progetto DonNA per favorire la crescita dell’imprenditoria femminile innovativa. Il 6 novembre sarà la volta della chimica Ottavia Bettucci che racconterà come si formano nel nostro cervello memorie ed emozioni, quindi l’esperta in farmacosorveglianza Barbara Deodato, poi Anna Pellizzone di Fondazione Bassetti, e Lucia Giannini di Italian Climate Network che spiegherà come la crisi climatica impatta sul diritto alla salute di ciascun abitante della Terra. Infine, il 4 dicembre, la biologa e ricercatrice ISPRA Cecilia Silvestri e le “sue” Ghost nets, la biologa e National Geographic Explorer Martina Panisi, e Cecilia Robellini, volontaria di Italian Climate Network, che svelerà cosa vuol dire davvero ESG.