Nel febbraio del 2011 "The Economist" usciva con la famosa copertina Print me a Stradivarius e l’articolo ad essa collegato suggellava la stampante 3d come innovazione dalla portata grandissima: "Just as nobody could have predicted the impact of the steam engine in 1750–or the printing press in 1450, or the transistor in 1950–it is impossible to foresee the long-term impact of 3D printing." Nello stesso numero della rivista un altro articolo, The printed world, sottolineava gli aspetti legati alla produzione, all’economia di scala e alla distribuzione degli oggetti.
La tecnologia da allora si è evoluta, e le possibilità si sono moltiplicate: "The possibilities are endless, and opportunities are coming fast and furious" si legge nell’articolo Will 3D Printing Change The World? su Forbes.
Nonostante la tecnologia abbia già qualche decennio solo ora si comincia a verificarne l’efficacia nei moltissimi e inaspettati campi d’applicazione: commerciali, medicali, chirurgici, aeronavali, spaziali… la precisione del laser sommata a una quantità in crescita di materiali differenti, dalle materie plastiche e metalliche a materiale organico (anche commestibile). Oggetti fin’ora impossibili da realizzare, costruibili ovunque possa essere installata una stampante, nel numero che si desidera, senza scarti, completamente personalizzabili e adattabili alla specificità della singola occorrenza… La necessità di un pezzo di ricambio in mare aperto, su un aereo, nello spazio, di una protesi temporanea o definitiva su misura… il panorama è vastissimo ed entrerà prepotentemente nelle dinamiche produttive e distributive di qualsiasi oggetto, dal più minuto (con dimensioni al di sotto dei 100 nm) fino alle fondamenta delle case.
Come tutte le vere innovazioni non sono ancora ben definiti i rischi o le possibili ricadute su dinamiche non solo di mercato ma anche umane.
Il processo di stampa in 3d permetterà di risparmiare in prove, pezzi, scarti, disavanzi, ma non sarà per caso che la sua diffusione possa portare ad un atteggiamento di "usa e getta" legato alla facilità di sostituzione del pezzo? Sulla stessa logica si potrebbe al contrario dire che oggetti che verrebbero gettati per la rottura di una loro minuscola parte, potrebbero invece avere allungata la vita.
Sempre che ne sia disponibile il modello in 3d o che i programmi di modellazione 3d siano divenuti così semplici da essere alla portata della gran parte delle persone (oggi esiste, gratuito, SketchUp di Google, talmente semplice da andare a provarlo subito).
La vendita potrebbe diventare di progetti e non più di oggetti, così come un condominio potrebbe pensare ad un locale stampante (come quello della lavanderia), per tutti quei piccoli oggetti di ferramenta o di minuteria per riparazioni ordinarie.
Proprio il fatto che tutto si regga sulla realizzazione, esistenza, condivisione di un file digitale di un modello 3d, porta alla dimensione globale del fenomeno e a tutte le sue conseguenze.
In rete stanno proliferando i siti dove si offre un servizio di stampa dei propri progetti in 3d, di modellazione facilitata, di acquisto di progetti realizzati da una comunità sempre più ampia e senza confini.
Un esempio è Sculpteo che propone "3d print easily", "Design at your fingertips", "Sell your creations" e "Get inspired" in quella che loro stessi chiamano printing cloud.
Pare effettivamente la nascita di un nuovo artigianato, che impegna abilità differenti per la produzione di oggetti, oggetti che paiono manufatti ma sono microproduzioni.
Il mondo della rete inoltre raduna community non solo di scambio di progetti 3d ma anche di pratiche: tutorial, fotografie, video, consigli… Esiste una stampante 3d opensource: la RepRap, già evolutasi in differenti modelli, fatta per auto-replicarsi.
E poi, Pirate Bay nel gennaio di quest’anno ha dichiarato di aprire la sezione Physibles dedicata ai progetti 3d.
Così, dopo aver aperto scenari meravigliosi di diffusione e personalizzazione, fantastiche o vere visioni sul futuro della produzione di scala, nuovi campi di progettazione e produzione di oggetti fino ad ora irrealizzabili, dopo quindi lo stupore delle potenzialità dell’oggetto, con l’evolversi della tecnica e il suo diffondersi, senza la possibilità di dare una regolamentazione a qualcosa che ancora deve svilupparsi appieno, si accede alla parte problematica dei diritti d’autore, scoprendo che il fenomeno è già abbastanza grande da doverlo rincorrere.
Segue subito la scoperta che le problematiche maggiori probabilmente saranno quelle poste alle policy nazionali e internazionali in merito alla produzione di particolari oggetti: mentre Obama cerca nuove soluzioni per gestire la proliferazione delle armi private, qualche giorno fa un appassionato ha deciso di provare a stamparsi il suo mitra personale.
Verificata la sua funzionalità con una serie di prove di fuoco, ha anche deciso di mettere in vendita on-line il suo disegno 3d, in modo che altri appassionati potessero costruirsi da sé, in casa, l’arma.
Al momento sembra che, preso alla sprovvista, il sito di vendita on-line dei progetti abbia immediatamente vietato la distribuzione di modelli per armi funzionanti, ma la questione probabilmente non potrà essere di solo appannaggio delle scelte individuali dei commercianti.
Per concludere vorrei mettere l’accento su un aspetto particolare: innovazioni globali come le biotecnologie, la robotica e le nanotecnologie sembrano destinate a restare tra le mani degli scienziati e degli esperti (anche se un laboratorio di bioingegneria può essere allestito da un privato nel proprio garage con un investimento relativamente basso), nel caso delle stampanti 3d si tratta di qualcosa alla portata di tutta la popolazione. Il costo di una stampante base al momento è di 1000€ circa (quanto costava una stampante laser a colori una decina di anni fa?), occupa lo spazio di una fotocopiatrice da ufficio e per usarla richiede una abilità pari a quella richiesta dall’uso di una qualsiasi stampante su carta.
Le stampanti 3d cambieranno il mondo? Sicuramente le attività, chissà se anche l’uomo.
———————
(foto: stampante 3D – VisionLab Triennale & Politecnico di Milano)