1. Vorrei partire dalla definizione che Piero Bassetti ha dato della innovazione: la creazione dell’improbabile. Mi sembra che essa corrisponda a quello che nella teoria della informazione ed in termodinamica è la negentropia. Nei sistemi chiusi l’entropia di Clausius, cioè il disordine, aumenta sempre. Il sistema tende infatti verso il suo stato più probabile nei sistemi aperti invece l’entropia può essere messa all’esterno ed il sistema evolvere verso uno stato meno probabile, verso l’improbabile. Tutta l’organizzazione della vita è il prodotto di questa emergenza dell’improbabile. L’evoluzione, in quanto porta dagli organismi più semplici ai più complessi, fino al cervello umano, fino alla società umana contemporanea, è una produzione del sempre più complesso (e, quindi, del sempre più improbabile).
Da questo punto di vista l’innovazione compiuta dall’uomo – l’imprenditore, lo scienziato, l’artista – può essere considerata la manifestazione di un unico grandioso processo cosmico di cui l’intelligenza umana è il frutto più maturo. Un processo iniziato con la combinazione degli atomi di idrogeno e poi, via via, nelle combinazioni che hanno generato la materia organica. In seguito hanno agito le combinazioni genetiche grazie alle informazioni scritte sul DNA. Oggi questo processo di combinazione dipende fondamentalmente dall’uomo perché tutto diventa sempre più un artefatto e, quindi, un prodotto dell’intelligenza e della volontà umana. Con gli ultimi progressi della biologia e con l’ingegneria genetica lo stesso sviluppo dell’evoluzione viene a dipendere dall’uomo, dalla sua attività innovatrice.
2. L’uomo è animato da una inquietudine esistenziale che lo porta a cercare sempre altre cose. Osserviamo un bambino. Sta delle ore davanti alla televisione dove beve con avidità ogni tipo di programma. Nello stesso tempo il suo corpo partecipa delle cose che vede perché è identificato coi personaggi, gli oggetti, le situazioni. Spesso, però, mentre guarda la TV fa anche altri giochi: muove delle macchinine, degli aerei, degli animali di pezza. Inoltre salta, scivola per terra, lotta coi fratelli. Poi lascia la TV e chiede altre esperienze. E’ una fama insaziabile di stimoli. Il bambino va alla ricerca degli stimoli che aumentano il suo eccitamento. Mentre nella fame, nella sete e nel sonno la soddisfazione placa il bisogno, qui la soddisfazione di un bisogno lo arricchisce, lo accresce. Certo, ad un certo punto, esausto, il bambino si addormenta, ma al risveglio è pronto ad incominciare dove aveva interrotto il giorno precedente. La soddisfazione dei bisogni non scarica il loro potenziale energetico, lo acresce e il piacere sta ad un tempo nello scarico e nell’accrescimento.
Questo che abbiamo trovato nel bambino lo troviamo anche in alcune attività dell’adulto. Pensiamo al giocatore: più gioca più è catturato dal gioco fino ad esserne invasato, dominato completamente. Oppure all’amore. L’innamorato dice a se stesso: mi basta vedere la mia amata solo una volta al mese, anche per pochi minuti. Ma, rivedendola, il suo bisogno cresce. Non gli basta rivederla una volta al mese, la cerca ogni settimana, poi ogni giorno. E non gli bastano pochi minuti, vuol passare con lei ore ed ore, poi tutto il giorno, tutta la notte, vivere quotidianamente con lei. Il proverbio dice: vuole un dito, poi la mano, poi il braccio, poi tutto. Il processo a valanga in cui la soddisfazione accresce il bisogno c’è anche nel denaro,nel possesso. Chi possiede una casetta vuole un palazzo, chi possiede un campicello incomincia a desiderare il campo vicino.
Nel bambino, nel giocatore, nell’amante, nel possidente noi vediamo all’opera lo stesso principio. Questo dai sociologi e dai filosofi è stato interpretato come una tendenza alla sfrenatezza. E’ l’immagine freudiana dell’Es, caldaia ribollente di desideri sfrenati ed inesauribili. Se l’uomo vi si abbandona, l’Es travolge la sua coscienza, il principio di realtà e lo porta ad una attività frenetica, orgiastica, ad una vertigine dionisiaca. Questo calderone di pulsioni è anche fatto coincidere con l’animalità e con ciò che c’è di più arcaico nel nostro cervello. In realtà gli animali hanno, in genere, impulsi che, soddisfatti, si calmano. La componente ribollente e sfrenata dell’uomo non è qualcosa che egli ha in comune con le forme inferiori della vita. E’ una proprietà delle forme superiori e che trova in lui il massimo della espansione. E’ quindi solo l’uomo che ha una fame di stimoli e, quindi, una fame di bisogni da soddisfare.
Quando diciamo che l’uomo vuol soddisfare i suoi bisogni diciamo quindi solo metà della verità. L’altra metà è che l’uomo ha bisogni di bisogni, ha una bramosia di accrescere i suoi bisogni, di dilatare i suoi desideri. Ogni méta raggiunta è solo l’occasione per vedere una méta più lontana. Lo scopo dell’uomo perciò non è solo quello di raggiungere le sue méte ma di produrne continuamente delle nuove. Se l’uomo volesse solo soddisfare dei bisogni, il piacere proverrebbe solo dalla scarica della energia accumulata. Ma poiché l’uomo ha bisogno di bisogni, c’è anche un piacere che nasce dal nascere del desiderio, un piacere dell’energia che si accumula, un piacere che accompagna il crescere della complessità. Gli organismi complessi, per la loro esistenza, dipendono da un numero innumerevole di meccanismi, di feed-back, di stimoli, di controlli. Se ogni cosa che serve è un bisogno, allora un organismo complesso ha innumerevoli bisogni (coscienti ed incoscienti). Il bambino, quando va alla ricerca di stimoli, aumenta la sua complessità. Il bisogno di bisogni è cioè un bisogno di complessità; il piacere che accompagna il crescere dei bisogni, è il piacere che accompagna il crescere della complessità.
3. La complessità è l’unificazione, l’ordinamento del molteplice. Delle infinite combinazioni possibili di elementi solo alcune hanno la proprietà della stabilità. Possono cioè esistere come unità se si rispettano certe regole (bisogni). L’entropia è la fuga nelle infinite combinazioni. La negentropia l’emergere di quell’unica stabile: quella complessa, quella che ordina il molteplice. Pensiamo ad una distribuzione di Bernoulli del lancio di una moneta. Vi sono innumerevoli sequenze possibili di testa e croce. Per esempio: testa, testa, croce, croce, testa, croce, testa, etc. Ma solo pochissime di queste sequenze sono regolari come quelle formate tutte da teste, o tutte da croci, oppure cinque teste e cinque croci alternate:
ttttt ccccc ttttt ccccc ttttt ccccc etc.
Solo alcune sono in realtà delle serie, riproducibili se è nota la ragione generativa. Queste – propriamente parlando – non sono sequenze casuali. Certo, appaiono anche nel lancio della moneta, appaiono anche a caso. Ma possono essere più facilmente immaginate, pensate come serie. Immaginiamo un essere che conosce solo il caso. Per ottenere una di queste sequenze dovrà compiere innumerevoli lanci nella speranza, mai nella certezza, che alla fine gli appaia. Immaginiamo ora un essere che invece, una volta visto la sequenza, può abbandonare il caso, il metodo casuale e predisporre le cose in modo deterministico affinché esca la sequenza richiesta: cinque teste, cinque croci, cinque teste, etc. L’ordine non è allora un evento particolarissimo del processo casuale, è qualcosa d’altro, il prodotto di un’altra operazione. L’emergere dell’ordine dal disordine è un salto di questo genere, da un piano all’altro. E’ come saltare dall’universo di Planck a quello di Einstein. E, fra i due, c’è una soglia da superare: la soglia di entrata e quella di uscita dal caso.
L’innovazione si alimenta del molteplice, della scorribanda nella diversità. Come il bambino che deve cercare innumerevoli stimoli. Ma lo fa per uscirne. Come il bambino che è un essere vivente perché è capace di unificare questi stimoli, di selezionarli, di ricavarne qualcosa di coerente. Il processo è quello stesso che vediamo nella soluzione di un problema in cui la nostra mente osserva tanti particolari, come sulle cose, poi intravede qualcosa, un principio di unificazione che le sfugge, fa tentativi, ma con poco convincimento. Alla fine le parti si compongono come in un puzzle, ed appare l’insieme, la soluzione: l’unità ordinata del molteplice: la complessità. Non è necessario fare tutti gli innumerevoli tentativi richiesti dal caso. Ne bastano molto meno.
La combinazione puramente casuale degli elementi avrebbe ugualmente prodotto gli esseri viventi che abitano nel nostro pianeta. Ma in miliardi di miliardi di anni. E’ un principio ordinatore che supera il puro caso quello che ha reso possibile, in tempi così brevi, la vita e l’evoluzione. Questa scorciatoia sul caso, questa economia sul possibile è l’innovazione.
4. Il mondo moderno diventa sempre più artificiale. Fra poco non ci saranno più foreste vergini, regioni incontaminate. Se vorremo la foresta dovremo cintarla e proteggerla. Se vorremo le bestie feroci dovremo costruire per loro, artificialmente, un habitat adatto. Gli equilibri ecologici spontanei sono stati rotti dalla innovazione umana. Costruendo l’improbabile abbiamo messo in moto un processo che richiede un progressivo intervento intenzionale. Finora potevamo innovare senza tener conto delle conseguenze. Eravamo convinti che il sistema natura fosse capace di assorbire qualunque nostro intervento. Ora non più. A poco a poco la terra diventa un manufatto che deve essere riparato come una astronave. Tutto dovrà essere tenuto sotto controllo.
Finora qualunque manufatto era compatibile col mondo. D’ora in avanti non sarà più così. Le bombe atomiche sono il primo esempio di manufatto incompatibile col mondo. Ma già ci stiamo domandando se certe mutazioni genetiche lo siano. E, a poco a poco, tutti i manufatti, tutte le azioni, saranno sottoposte al vincolo della compatibilità. Più il mondo diventa artificiale e, quindi, più arbitrario, più si elevano nuovi vincoli sconosciuti prima, nuove proibizioni. Innumerevoli soluzioni dovranno essere scartate. Ci sarà perciò bisogno di un immenso aumento delle innovazioni per poterle selezionare. Aumento delle innovazioni e aumento dei criteri, una vertiginosa esplosione di tutto ciò che non è dato, natura, ma prodotto della ricerca, dell’invenzione. Le quantità di informazioni manipolate e da manipolare crescono esponenzialmente. La natura ha sempre proceduto creando milioni di esemplari di cui poi solo uno si dimostra adatto e sopravvive. Ma, col progredire dell’evoluzione, la produzione di esemplari diminuisce. Milioni di uova nei pesci, molto meno negli uccelli, pochi figli nei mammiferi fino ad arrivare all’uomo e al figlio unico di oggi. Il figlio unico è il prodotto di una selezione che avviene prima della produzione. Lo stesso sta per avvenire nei manufatti. Fino alla nostra epoca tutti i prototipi venivano prodotti, testati sul mercato. Le armi, per esempio, sono sempre state usate poco dopo essere state inventate. Oggi l’esperimento, la simulazione stanno prendendo il posto della produzione e dell’azione. Lo sviluppo dell’elettronica consente la dilatazione smisurata dell’innovazione simulata, senza trasformazioni materiali. La prova, la verifica restano tutte interne all’esperimento, al gioco e, in prospettiva, al pensiero. Le banche dati sostituiscono la continua azione di raccolta e quindi di trasformazione. L’elettronica, per prima cosa, aumenta smisuratamente la memoria e, così facendo, consente gli esperimenti mentali. Si apre l’éra dell’immaginario razionale.
(1986)