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La mission della Fondazione Giannino Bassetti
La mission della Fondazione Giannino Bassetti è di operare affiché l’innovazione diventi responsabile. La Fondazione vuol fornire cioè un contributo finalizzato a rendere consapevoli e responsabili del proprio ruolo gli attori che partecipano agli scenari complessi dell’innovazione: policy-makers, comunicatori enti di formazione e ricerca, etc.
Tra i primi obiettivi della promozione della responsabilità dell’innovazione vi sono quelli di darne una definizione e un’analisi, di farne conoscere la problematica, di promuoverne la soluzione in contesti precisi. Per perseguire tale scopo, la Fondazione opera secondo queste linee-guida:
- promuovere il concetto di innovazione responsabile, renderne più chiaro e comprensibile il significato, la natura, la funzione e l’impatto
- favorire la presa di coscienza di chi comunica, fa politica e scienza, delle gravi responsabilità che si assumono quando decidono, o partecipano a una decisione, o si esprimono sul valore dell’innovazione, aiutandoli ad acquisire una maggior consapevolezza delle molteplici (e a volte imprevedibili o inconoscibili) conseguenze che ne possono scaturire
- comunicare le sfide, ma anche i drammatici interrogativi, che l’innovazione comporta nella società del rischio
- elaborare strumenti e prassi comunicative, istituzionali e decisionali in grado di rispondere a tali interrogativi
- formare policy makers, imprenditori e classe dirigente a comprendere, promuovere, comunicare e rendere applicativo il concetto di innovazione responsabile
- sensibilizzare gli imprenditori e le imprenditrici – secondo lo spirito di Giannino Bassetti – sul ruolo primario dell’impresa fra i vari attori, sociali e politici, che producono innovazione. Un ruolo che il solo mercato non è in grado né di regolare, né di responsabilizzare pienamente
- diffondere la consapevolezza che, in una società veramente democratica, la corresponsabilità delle scelte innovative non possa essere limitata a chi l’innovazione la introduce e la produce, ma vada estesa a chi, direttamente o indirettamente, la diffonde, ne fruisce o la subisce
- individuare, osservare e analizzare esempi di innovazione irresponsabile e responsabile, fornendo un’indicazione autorevole di buone pratiche in questo campo.
In tali direzioni la Fondazione Bassetti ha sviluppato un’articolata attività su diversi piani – coinvolgendo interlocutori e protagonisti appartenenti all’accademia, alle istituzioni, all’impresa, alla politica – ma sempre in uno sforzo di integrazione e di sintesi finalizzato a cogliere la natura complessa e le sinergie fra i diversi ambiti che l’innovazione inevitabilmente istituisce nelle società glocalizzate.
Attività
Nei suoi primi anni di vita, la Fondazione si è dedicata innanzitutto a tematizzare analiticamente l’innovazione, per concludere che essa
- E’ “realizzazione dell’improbabile” e non semplice “novità”. L’innovazione infatti produce nuovi legami fra sapere e potere tali da concretizzare oggetti, relazioni o situazioni fino ad allora inesistenti.
- Non è necessariamente legata ai soli risultati della ricerca scientifica (science and capital intensive) ma anche alla creatività estetica e pratica, cioè alla capacità di tradurre in modo nuovo, e accettato dal mercato, stili di vita, beni di consumo e servizi. L’innovazione poiesis intensive fa quindi riferimento essenzialmente a caratteristiche culturali difficili da definire, quali il senso del bello, il gusto, la cura delle cose.
- Non è un atto creativo puntuale, ma un processo che penetra a fondo nella società, nei suoi assetti istituzionali e politici, e che da essi a sua volta dipende.
- Non coincide con la creatività e quindi non può essere promossa solo puntando sulla beata incoscienza del genio
- Ci obbliga a mettere in campo riflessioni e strumenti perché questo processo non si esplichi senza che ne nessuno se ne assuma la responsabilità.
- E’ intrisa di aspetti valoriali che meritano di essere dibattuti nel cuore stesso della società con opportune drammaturgie, così come la società ateniese si interrogava, col teatro, sui propri principi e fondamenti.
Nel rispetto delle premesse e dell’obiettivo statutario di “creare attorno al ricordo di un antesignano una nuova e aggiornata consapevolezza, un nuovo e diffuso senso di responsabilità sociale, civile, politica tra chi innova”, la Fondazione perciò opera attraverso molti modi, con funzioni e finalità diverse, che vanno da un sito internet ricco e articolato, alla attività della sede, alle pubblicazioni, all’attività di formazione e sponsorizzazione della ricerca, ai rapporti assidui con istituzioni idealmente destinatarie del nostro lavoro (quali la Regione Lombardia) e associazioni e enti che condividono con la Fondazione l’interesse per l’innovazione responsabile.
- Questo sito sito internet, recentemente rilanciato con una grafica e modalità interattive appropriate al mondo del web2, ospita calls for comments, blogs, la newsletter della Fondazione, un’approfondita rassegna stampa, segnalazioni e videoconferenze.
- La Fondazione promuove annualmente una Lecture sui suoi temi di riferimento, in collaborazione con gli atenei lombardi, ospitando personalità di prestigio internazionale.
- La Fondazione si assume incarichi di formazione e partecipa con lezioni magistrali ad ambienti coerenti con la propria missione, per una preziosa integrazione di conoscenze ed esperienze (per esempio al Corso di formazione trasversale ai Dottorati di Ricerca del Politecnico di Milano e al Corso di Laurea Magistrale in Economia Aziendale dell’Università Carlo Cattaneo – LIUC).
- Le pubblicazioni recenti della Fondazione sono, oltre alla newsletter periodica, la biografia di Giannino Bassetti (frutto di un accurato lavoro di raccolta di testimonianze e documenti storici), le Lectures della Fondazione Giannino Bassetti 2002-2005 (con i contributi di Richard Nelson, Bruno Latour e Daniel Callahan), e i Quaderni della Fondazione Giannino Bassetti 2005/2006 (sull’esperienza di formazione degli imprenditori del futuro condotta alla LIUC).
- La Fondazione collabora con enti pubblici e privati partecipando a importanti progetti di ricerca/azione (quali il primo esperimento in Italia di consensus forum) e organizza e partecipa a convegni scientifici e strategici di grande rilievo (Innovazione tecno-scientifica, innovazione della democrazia, IRER/FGB, luglio 2006, L’innovazione di prodotto nell’economia delle reti. La nuova strada per la nuova imprenditorialità, PDMA Southern Europe-Fondazione Bassetti-AIDAF Giugno 2006).
- La Fondazione presta assistenza a studiosi e organizzazioni che intendano approfondire pensiero e prassi della responsabilizzazione, anche attraverso l’erogazione di borse di studio per studenti di livello avanzato impegnati in ricerche e strutture interdisciplinari (le esperienze già avviate riguardano l’Università Bocconi, il Politecnico di Milano e i colloqui internazionali di Cerisy-la-Salle).
- La Fondazione partecipa a fatti associativi e ad eventi comunicativi che siano strumento di diffusione consapevole e partecipato dei temi della sua mission (per esempio la governance della salute, la democrazia partecipata, gli studi sociali dell’innovazione scientifica) ed è interessata ad attivare iniziative di valutazione e osservazione di buone pratiche quale veicolo di confronto con la prassi di attori concreti.
L’intento è quello di far avanzare a tutto campo lo sforzo di ricerca, riflessione, sperimentazione e diffusione dei risultati, in rigoroso rispetto del nesso fra invenzione, pensiero, prassi innovative e valori che ne risultano coinvolti. E’ facendo tutto questo che la Fondazione pensa di onorare l’impegno di corrispondere alla missione assegnatale da Giannino Bassetti. Ma il suo compito non sarebbe completo se la FGB non si adoperasse per far sapere della sua esistenza e del suo lavoro al maggior numero di soggetti operativi e aventi causa. Diffondendo la conoscenza delle sue convinzioni e della sua prassi attuieremo in pieno la nostra missione.
Per assolvere a tali compiti la Fondazione Giannino Bassetti dispone delle rendite derivanti dalla dotazione iniziale del legato testamentario del Fondatore, dell’uso in comodato dei locali della sede, di donazioni pervenute a vario titolo, dei proventi conseguenti all’attività di ricerca o di progetti svolti per conto di committenze istituzionali e non. Grazie a essi può mantenere l’indipendenza della propria attività.
Giannino Bassetti. Un ritratto.
Ai suoi tempi il compito di redistribuire le risorse create producendo era strutturalmente affidato ai singoli che si trovavano a disporne: se si vuole al loro paternalismo. Oggi il discorso è un altro: lo Stato –in particolare il Welfare State– si è assunto il compito della redistribuzione delle risorse. Il riscatto è già compiuto dal fisco. Di contro, all’imprenditore si è sempre più attribuita, accanto alla funzione di produrre beni e servizi, a condizioni di produttività ed efficienza crescenti, un’altra e più impegnativa funzione: quella di “innovare”, dove innovare non vuol più dire semplicemente “introdurre prodotti commercialmente nuovi”. Anche questo. Ma in molti casi vuol dire proporre, sulla base di tecnologie e processi innovativi, nuove soluzioni di consumo, di produzione, di vita, dando così, nelle cose concrete, un contributo tutt’altro che trascurabile al cambiamento del mondo che ci circonda. Un mondo nel quale non conta solo l’apparizione dell’energia atomica, dei viaggi stellari, del computer, della pecora Dolly, ma anche –e forse non di meno– quella di una buona pila, della Vespa, di un programma per la lavatrice, dell’aspirina, dello zip, del velcro, e –perché no– di un nuovo modo di dormire col piumone.
Tutte cose che sono state fatte e introdotte da imprenditori. Molte volte con l’aiuto determinante della Scienza e della Tecnica. In molti casi no: con il semplice apporto della fantasia, dell’intelligenza, del sapere. Sempre però assumendosi, di fatto, consapevolmente o meno, delle responsabilità.
Bene. Finché il mondo era quello ottocentesco, della scarsità, chiunque aggiungeva qualcosa in quantità o qualità, al poco esistente, era comunque benemerito. Il mercato era in grado di stabilire da solo se un’innovazione era valida: se lo era la premiava consentendo lauti profitti, se non lo era la puniva con l’espulsione.
Ma con la crescita della Scienza, con l’emergere dei problemi ambientali, tutti cominciamo a chiederci se veramente gli automatismi degli incentivi e disincentivi di mercato esauriscono il problema. Tutti cominciamo a intuire che chi decide in alcuni di questi campi si assume responsabilità che, oggettivamente, vanno ben al di là del rischio di compromettere i bilanci, suoi o delle sue imprese, e si prende un ruolo, un ruolo civile e morale, ben più impegnativo: per l’influenza che le sue scelte hanno sui modi di vivere, il costume, le relazioni sociali, in qualche caso con un impatto addirittura storico (se della Storia si rispetta anche la storia “minore”, che qualche volta, però, minore non è!).
Certo l’establishment, di cui anche lo zio Giannino faceva parte, può ben ripetere le risposte ideologiche del laissez-faire o quelle, di sinistra, della pianificazione statale, ma il problema civile di responsabilizzare, dall’interno della loro coscienza morale, gli individui in grado di intraprendere e perciò di innovare, resta lì in tutta la sua rilevanza e difficoltà: rilevanza perché il problema della direzione verso la quale vogliamo trasformare il mondo è grosso in sé, difficoltà perché valutare le conseguenze dirette e indirette di qualunque innovazione, al di là del mero risultato economico che le fa seguito, è pure difficile sotto moltissimi aspetti.
Ecco perché io ho sempre insistito affinché mio zio –che queste cose le capiva benissimo ed era anche in grado di valutarne le conseguenze di coscienza– decidesse di legare il suo, e nostro, nome a qualche istituzione che accettasse di occuparsene.
Giannino Bassetti (5 maggio 1964)Che un Rockefeller non avesse avuto le stesse responsabilità di un Edison, o un Krupp del signor Cantoni, o un Nobel di Ford, o lui stesso quelle di nonno Giovanni o di suo nipote, lo zio Giannino lo sapeva benissimo. Sapeva cioè benissimo che l’imprenditore moderno è costretto dal suo mestiere a un ruolo che non è più limitato o limitabile a quello smithiano di efficiente coordinatore di fattori; e nemmeno a quello –pur più complesso– schumpeteriano di innovatore, il cui contributo al cambiamento, oltre a giustificarne il profitto, si chiude comunque sul mercato. Non gli sfuggiva affatto che il vero ruolo di un imprenditore responsabile si definisce e completa anche per il contributo dato allo sviluppo civile della società in cui opera. Del resto, a capirlo più e meglio di molti suoi colleghi contemporanei lo aiutava, oltre all’intelligenza, che certo non gli mancava, la sua cultura cattolica. Solo che entrambe queste doti lo aiutavano anche a capire quanto il problema fosse difficile: per il problema di valori che coinvolge, ma soprattutto per l’oggettiva difficoltà di come stabilire un nesso tra scelte dell’imprenditore e conseguenze sulla vita della gente senza interferire nell’insostituibile valore della libera creatività umana.