Il genome editing (o gene editing) è una tecnologia che sta rivoluzionando il mondo della ricerca e presto potrebbe dare importanti risposte a malattie genetiche finora incurabili.
Tutte le tecniche di genome editing riescono a tagliare e modificare il genoma, anche quello umano, con grande efficienza e precisione, ma non ancora al livello necessario per il passaggio alle applicazioni cliniche.
Anche se alcune metodiche, raggruppate sotto questo stesso nome, esistono da circa dieci anni (come le Zinc Finger nucleasi o le TALE nucleasi), è stato l’avvento della tecnica CRISPR/Cas9 che ha realmente cambiato l’approccio agli studi della genetica. Metodica poco costosa e facilmente utilizzabile, è basata su un sistema di immunità innata dei batteri per combattere la presenza di virus invasori.
La sua facilità d’uso così come la sua potenza d’azione, rendono CRISPR/Cas9 un mezzo potenzialmente ideale per intervenire su cellule umane su cui finora non si è riusciti a lavorare efficacemente (laddove le norme lo permettano), come quelle riproduttive – cellule uovo e spermatozoi- ed embrionali. Le modifiche avrebbero allora non solo l’effetto di alterare geni “difettosi” e correlati allo sviluppo di malattie, ma anche quello di perpetrarsi alle generazioni successive. Quest’ultimo effetto, dagli esiti ora non prevedibili, solleva dubbi etici e sociali enormi.
Gli stessi scienziati che lavorano in questo ambito hanno colto la portata dei problemi di governance della responsabilità dell’applicazione del genome editing e già da mesi hanno istituito gruppi di discussione e opinione su come gestire questa tecnologia.
Il 3 dicembre 2015 si è poi chiuso il primo summit internazionale sul gene editing, in cui esponenti della comunità della ricerca americana, inglese e cinese, assieme a rappresentanti di diversi paesi del mondo, sia della scienza che della bioetica, si sono confrontati per redigere uno statement che servisse come indicazione globale su come procedere nella ricerca e nella clinica del gene editing. Non sono state richieste pause o moratorie, come inizialmente sembrava si profilasse come ipotesi, ma hanno de facto demandato ad organi nazionali la regolamentazione degli argomenti più scottanti, come l’utilizzo di embrioni e cellule germinali. Allo stesso tempo hanno dichiarato “irresponsabile” l’applicazione su embrioni destinati a un impianto per ottenere una gravidanza, finché non ci saranno dati necessari sulla sicurezza della tecnica nell’uomo e una deliberazione a più voci (anche se non ben esplicitata nei suoi meccanismi).
Una parte della comunità scientifica che si occupa di cellule staminali e dei loro aspetti etici e legali, l’Hinxton Group, si era precedentemente espressa a settembre con uno statement dettagliato sul genome editing. Una sorta di roadmap sugli aspetti scientifici da verificare prima di passare all’applicazione terapeutica sia su cellule somatiche che germinali, sia sugli aspetti sociali ineludibili e intrinsecamente connessi a tecnologie di grande impatto, per arrivare così a una presa in carico e una gestione responsabile dell’innovazione del genome editing.
Attivamente impegnato nella discussione e nella produzione del testo è stato (unico scienziato italiano tra i firmatari) Giuseppe Testa, professore di biologia molecolare all’Università di Milano e direttore del Laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. Il team del laboratorio di Testa, nello scorso giugno, aveva co-organizzato con FGB e il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano “Da Vinci”, un evento di public engagement proprio sul genome editing, in occasione della manifestazione WAVE.
Qui lo statement dell’Hinxton Group (anche nel nostro account in Issuu).
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(Foto: Fairy DNA di Stuart Caie -Flickr)
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