Unica nel panorama italiano, MolMed è anche fra le poche realtà mondiali che sta facendo della terapia genica e cellulare un business industriale. Insediata all’interno dell’Istituto San Raffaele di Milano, e con programmi di espansione ambiziosi, sta sviluppando soluzioni originali e all’avanguardia per la cura dei tumori, ma fornisce anche servizi di alto livello tecnologico ad aziende farmaceutiche e centri di ricerca.
A guidarla è Claudio Bordignon, medico che prima di passare all’imprenditoria ha lavorato a lungo come ricercatore negli Stati Uniti e al San Raffaele, contribuendo come pochi altri al mondo a porre le basi della terapia genica. Lo abbiamo intervistato.
Perché è passato dalla ricerca all’impresa?
È stata soprattutto una scelta strategica. Quando sono rientrato dagli Stati Uniti, all’inizio degli anni Novanta, ho lavorato per alcuni anni allo sviluppo di nuovi approcci di terapia genica e cellulare. Presto però mi sono reso conto che né l’accademia né i centri di ricerca privati disponevano delle risorse necessarie a trasferire questi studi in terapie approvate per impiego nella pratica clinica. Un programma di ricerca scientifica in questo settore può costare 1-2 milioni di euro, ma ne servono 20 o 30 per realizzare una struttura industriale in grado di produrre le cellule e i vettori necessari a somministrare la terapia su una scala che va oltre la sperimentazione. Ricordo che all’epoca anche nel settore della comunicazione spesso la scoperta di un gene legato a una malattia veniva immediatamente associata a una possibile cura. Il passaggio, invece, non era così semplice. Per consentire uno sviluppo industriale era necessario un investimento forte da parte di un privato.
Come ci siete riusciti?
L’opportunità di espanderci ci è stata data dall’azienda farmaceutica Boehringer Mannheim, che credeva molto nelle possibilità della terapia genica e cellulare ed ebbe l’intuizione di svilupparla appoggiandosi a un centro di ricerca all’avanguardia come il nostro. MolMed è nata nel 1996, come joint venture fra la Boehringer e il San Raffaele: la prima ha investito economicamente e ha messo a disposizione gli ingegneri per la progettazione dei laboratori: il secondo ha reso disponibili gli spazi e i suoi ricercatori. Nei primi anni siamo stati soprattutto una società che forniva servizi biotech di altro livello, producendo le cellule e i vettori per la terapia genica da usare nelle sperimentazioni. In questo modo è stato possibile eseguire studi che prima non erano pensabili sui tumori, sull’Aids e, in collaborazione con Telethon, sulle malattie genetiche rare.
Quando avete iniziato a sviluppare prodotti vostri?
Nel 1999 la Boehringer è stata acquisita dalla Roche, un’azienda farmaceutica con un’impostazione più classica, che ha scelto di interrompere il rapporto con MolMed perché considerava che i tempi non fossero ancora maturi per terapie d’avanguardia come le nostre. Fu un duro colpo perché il supporto industriale ed economico era indispensabile. L’unica possibilità per proseguire l’attività era trovare altri investitori, e così abbiamo fatto. Roche fu disponibile a rendere il passaggio meno traumatico possibile, cedendo le quote a un costo accettabile. I nuovi investitori erano la Fininvest, la Herule Finance (ora H-Equity) e La Leonardo Finanziaria (ora Delfin). In questo periodo abbiamo iniziato anche a sviluppare i nostri prodotti. Gli aumenti di capitale ci hanno poi permesso di quotarci in Borsa, nel 2008.
Quali soluzioni state sviluppando?
Abbiamo due prodotti nella fase più avanzata dell’iter sperimentale. La terapia genica TK per le leucemie ad alto rischio rende possibile eseguire trapianti di midollo da donatori anche non totalmente compatibili, e sta dando risultati persino superiori alle aspettative iniziali. Per questo, a marzo abbiamo chiesto all’EMA (l’autorità che regola il commercio di farmaci in Europa ndr) l’autorizzazione condizionale* per la messa in commercio e siamo fiduciosi nell’esito positivo. Di solito la procedura richiede circa un anno e mezzo, ma nel nostro caso potrebbe essere un po’ più lunga, perché è la prima volta che viene applicata su una terapia genica. Stiamo valutando se seguire lo stesso iter anche per il secondo prodotto nella nostra pipeline: il farmaco NGR-hTNF, che inibisce la crescita dei vasi sanguigni che alimentano i tumori, e che ha dato buoni risultati per il mesotelioma, soprattutto sui pazienti con la prognosi peggiore. In entrambi i casi, affrontiamo malattie che non hanno un’alternativa terapeutica altrettanto valida con soluzioni che si mostrano efficaci e hanno un profilo di sicurezza altissimo.
Avete abbandonato la produzione conto terzi?
No, affatto. Anzi, questa funzione resta centrale dal punto di vista economico e ci permette di migliorare ulteriormente le nostre competenze. Continuiamo quindi a essere impegnati nella produzione di cellule e vettori, che portiamo avanti stabilendo di volta in volta delle partnership. come per esempio, in questo momento, con Telethon e GlaxoSmithKline.
Come proseguirà l’attività?
Stiamo realizzando una nuova facility a Bresso, presso il parco scientifico Open Zone, che ci permetterà di triplicare la capacità produttiva e sarà dedicata soprattutto alla terapia TK e alla produzione di cellule e vettori. Prevediamo di fare nuove assunzioni, ma è difficile dire con esattezza che cosa succederà perché la terapia genica per i tumori è in fortissima espansione. Dopo anni di attività pionieristica questo settore potrebbe decollare rapidamente nel prossimo futuro.
* La Conditional Marketing Authorisation è una particolare procedura di autorizzazione all’immissione in commercio che può essere rilasciata anche in assenza dei dati finali di studi registrativi di Fase III. Tale autorizzazione anticipata è essenzialmente basata su dati di sicurezza ed efficacia ottenuti in precedenti studi clinici.
Può essere concessa se sono rispettate tutte le seguenti condizioni:
1. il rapporto rischio – beneficio del medicinale è positivo;
2. è probabile che il richiedente sarà in grado di fornire dati clinici completi;
3. il medicinale soddisfa un importante fabbisogno terapeutico;
4. il beneficio per la salute pubblica derivante dall’immediata disponibilità sul mercato del medicinale in questione è maggiore del rischio inerente al fatto che siano necessari dati aggiuntivi.
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