Uno studio sulle molteplici dimensioni della disuguaglianza nella popolazione anziana.
L’Università degli studi di Milano-Bicocca, in collaborazione con Fondazione Golgi Cenci e con il supporto di Fondazione Cariplo, ha presentato un nuovo studio sull’interrelazione tra divario digitale e disuguaglianze sociali, salute, lavoro.
Un progetto che mette radici in un gruppo di ricerca, Ageing Societies, nato alcuni anni fa per iniziativa di Alessandro Caliandro, Alessandra Gaia, Emma Garavaglia, Emanuela Sala, Daniele Zaccaria, con l’obiettivo di studiare l’invecchiamento attivo e le opportunità per gli anziani, miste a sfide, in relazione al ruolo sempre più importante degli strumenti digitali. E che, come hanno illustrato durante la presentazione dello scorso 5 luglio alla libreria Les Mots di Milano, presenti Alessandra Gaia e Sara Herskovits Barrias dall’Università degli studi di Milano-Bicocca, Michele Rossi e Antonio Guaita di Fondazione Golgi Cenci e Annalisa Dordoni, vuole ampliare il campo di ricerca accogliendo, e studiando, la complessità del fenomeno invecchiamento. «Quello che ci interessa» dice la responsabile del gruppo di ricerca multidisciplinare Alessandra Gaia, «è comprendere come e in che misura le disuguaglianze, rispetto al diverso accesso agli strumenti e tecnologie digitali, siano associate alle disuguaglianze nel capitale sociale, nella salute, nel mercato del lavoro. L’idea che sottende la ricerca Ageing in a DIGITAL world. A study on multiple dimensions of inequality, in old AGE (Digital-Age), in collaborazione con la Fondazione Golgi Cenci e con il supporto di Fondazione Cariplo, è infatti che le varie forme di disuguaglianza si alimentino una con l’altra, che esista cioè un’interrelazione che poi è il focus del nostro progetto e del nostro approccio multidimensionale. La letteratura dice che chi appartiene a gruppi svantaggiati soffre maggiormente anche il divario digitale; al contrario, si genererebbe invece una sorta di circolo virtuoso. Ma la novità di Digital-Age sta anche nello sguardo al rapporto tra generazioni. Esiste, come è noto, un digital generational divide sull’accesso e sulla capacità di utilizzo efficace delle tecnologie digitali, ma quello che ci interessava era indagare quali disuguaglianze digitali e di capitale sociale hanno influenzato i lavoratori e lavoratrici a cominciare da quelli pre-senior, ovvero della fascia tra i 55 e i 65 anni. Abbassare la soglia a un’età in cui, almeno nei paesi occidentali, la partecipazione al lavoro inizia a diminuire, ci ha permesso di prendere in considerazione un profilo sociodemografico più ampio, ma soprattutto di prendere una fetta di popolazione prossima a essere considerata “anziana” e già vulnerabile al digital divide, soprattutto tenuto conto della transizione al lavoro da remoto in pandemia», conclude Gaia.
Con un primo rilascio dei dati a settembre 2023, la partecipazione alla Digital Week di Milano prevista per ottobre e una tavola rotonda conclusiva nella primavera del 2024, il progetto Digital-Age si inserisce negli interessi di Fondazione Bassetti e del suo ciclo Longevità e Innovazione soprattutto per il suo sguardo al fenomeno demografico con un taglio multi-generazionale. Come spesso ripetiamo, la compresenza di cinque generazioni, la diversa proporzione tra giovani e anziani, l’invecchiamento combinato al de-giovanimento, impattano sul fenomeno innovativo, con conseguenze tangibili nelle scelte politiche, economiche, produttive e valoriali. Nonostante l’Italia abbia la quota di popolazione anziana maggiore d’Europa, la stessa è la meno digitalizzata: in Italia 19 per cento degli anziani usa internet contro il 36 per cento in Europa. Sono dati che emergono dal primo filone della ricerca. «Faremo un’analisi di dati quantitativi provenienti da indagini a larga scala a livello europeo per avere un inquadramento generale del tema» continua Gaia. «Il secondo filone invece, responsabili Rolandi e Rossi di Golgi Cenci, prenderà in considerazione la banca dati che ogni anno la fondazione di Abbiategrasso implementa intervistando i grandi anziani nati nella cittadina alla periferia di Milano dal 1935 al 1939. Serviranno per capire se livelli più elevati di utilizzo delle TIC sono associati a un’adozione precoce delle vaccinazioni o a migliori risultati per le infezioni da Covid-19, e se l’uso delle tecnologie digitali favorisce in qualche modo le relazioni sociali». Da sottolineare che una parte di questa indagine si pone l’obiettivo di creare un ponte tra nativi digitali e grandi anziani, verificando successivamente se questo interscambio generazionale avrà migliorato l’uso efficace delle tecnologie digitali da parte degli anziani, e se avrà invece ridimensionato gli stereotipi legati all’invecchiamento dei più giovani.
Il terzo filone, si diceva, è quello che analizza l’interrelazione tra le disuguaglianze digitali e il mercato del lavoro. Coordinato da Annalisa Dordoni, si basa su una raccolta di dati ad hoc. «Saremo noi a raccogliere dati qualitativi attraverso interviste strutturate e narrative, rispettivamente a testimoni privilegiati, dagli impiegati alle risorse umane alle associazioni di categoria, e a lavoratori anziani e senior», dice Gaia. Ma l’indagine qualitativa prevede, come ha spiegato Dordoni durante la presentazione, anche l’utilizzo di tecniche visuali (participant-generated image) che consistono nell’analisi di fotografie scattate dagli stessi partecipanti delle loro postazioni di lavoro da remoto e delle dotazioni individuali (dispositivi o altri strumenti tecnologici). Tutti elementi che aiutano nella comprensione qualitativa delle esperienze di lavoro da remoto in età avanzata.
Ultimo, ma non meno importante, la volontà dichiarata di portare i risultati del progetto al di fuori del mondo accademico. «Trasferire la conoscenza scientifica acquisita alla collettività in modo da generare e incrementare cultura e consapevolezza sul tema demografico è un obiettivo che perseguiremo fin dall’inizio», conclude Gaia. «Dall’evento di apertura, coinvolgendo le diverse realtà interessate, come amministratori locali ed enti del Terzo Settore, fino a primavera 2024 quando, dopo una tavola rotonda con stakeholder e policy maker, redigeremo un policy brief in cui elencheremo una serie di proposte politiche e di buone pratiche anche per le aziende. Il ritorno alla cittadinanza di una conoscenza che abbiamo appreso anche grazie alla loro partecipazione, è un aspetto etico della ricerca che vogliamo sottolineare». Oltre alla presenza agli eventi citati, sono in programma podcast, video, anche se l’identificazione di agende politiche condivise volte alla riduzione delle varie dimensioni delle disuguaglianze; la definizione di future urgenze e criticità nell’accesso ai servizi pubblici erogati in forma digitale da parte della popolazione anziana a cui sarà necessario rispondere; e in definitiva la trasformazione dei risultati finali della ricerca in raccomandazioni e atti concreti, compresa l’implementazione di buone pratiche aziendali per sostenere la popolazione anziana, promuovere sistemi di supporto intergenerazionali e superare le rappresentazioni ageiste, saranno la vera misura dell’efficacia di questo studio.
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