Daniel Mulhollan, Direttore del Congressional Research Service della Library of Congress degli Stati Uniti, è stato ospite mercoledì 3 dicembre 2008 della Fondazione Giannino Bassetti nell’ambito del programma di ricerca dell’IRER (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia), “I forum consultivi come strumento di fiducia“, coordinato da Alessandro Colombo, direttore della ricerca.
Introdotto da Piero Bassetti, Presidente della Fondazione, e da Roberto Ronza, Delegato del Presidente della Regione Lombardia per le Relazioni Internazionali, Daniel Mulhollan ha risposto alle numerose sollecitazioni del pubblico a proposito dell’esperienza del Congresso, la cui biblioteca fu appositamente concepita nel 1800 e incrementata personalmente da un lascito di Thomas Jefferson per supportare il legislatore statunitense. Nell’ambito della Library of Congress fu istituito, all’inizio del ventesimo secolo, il Congressional Research Service.
Nel suo intervento Roberto Ronza ha ricordato che per “forum consultivi” si intende quella fase di discussione e dialogo, formalizzata e strutturata, che precede il momento decisionale politico. Non si deve dunque confondere il verbo in lingua inglese deliberate con l’italiano deliberare: to deliberate non significa decidere, bensì ponderare, valutare, riflettere, sentire pro e contro. La parola “consultivi”, quindi, è da preferire a “deliberativi” per quelle esperienze, relativamente nuove e in continua crescita, che si propongono di consolidare la democrazia affiancando e integrando i tradizionali istituti rappresentativi con momenti di discussione e dibattito collettivo su temi di grande rilevanza e di difficile soluzione.
L’ipotesi proposta dal progetto di ricerca IRER, come ha sottolineato introducendo il seminario Alessandro Colombo, è che i forum consultivi possano essere uno strumento di rilancio della politica sussidiaria per ridare forza alla politica in caso di scelte su materie complesse e per verificare se possono essere funzionali al percorso intrapreso verso una nuova concezione dello Stato.
Il rilancio della politica si misura oggi con due traiettorie epocali: da una parte vi è l’impatto della scienza, con la quale la politica è chiamata a misurarsi innovando le forme di esercizio della propria responsabilità decisionale; dall’altra vi è il desiderio di partecipazione della società. Quest’ultimo aspetto è reso ancora più importante dal grado di maturazione, di consapevolezza e di richiesta di partecipazione dei diversi attori sociali. La maturazione della società impone un ripensamento critico della tradizionale concezione statuale moderna e dei meccanismi top-down, a favore di esperimenti bottom-up.
Nel suo intervento Piero Bassetti ha introdotto alcune delle parole chiave del dibattito su democrazia e partecipazione: innovazione, conoscenza, responsabilità, fiducia. L’innovazione è la realizzazione dell’improbabile e per questo implica un rischio: essa rientra dunque nella sfera delle decisioni difficili. Per questo motivo conoscenza e responsabilità devono essere messe in campo quando si parla di innovazione. La decisione politica (il plus di potere) arriva dopo la scoperta scientifica (plus di sapere): la decisione politica deve pertanto essere responsabile, oltreché informata. Su questa assunzione di responsabilità da parte dei decisori politici si basa la fiducia data loro da chi detiene il diritto al voto. Di fronte a decisioni difficili il problema è quello di trovare le migliori soluzioni possibili. Come procedere? Come individuare le soluzioni giuste?
Soprattutto di fronte a casi difficili, sono le stesse procedure a dover essere migliorate per giungere a soluzioni migliori. Piero Bassetti fa riferimento alle migliorie procedurali introdotte all’interno dello Statuto della Regione Lombardia. La legge regionale statutaria 30 agosto 2008 n. 1 “Statuto d’autonomia della Lombardia” è entrata in vigore il primo settembre 2008. L’articolo 8 è dedicato interamente alla partecipazione, l’articolo 9 alla pubblicità e trasparenza dell’operato della Regione e l’articolo 10, dedicato a ricerca e innovazione, fa esplicito riferimento a “procedure e strumenti idonei ad adattare i suoi procedimenti all’esercizio responsabile del suo potere decisionale in materia di innovazione tecnico-scientifica”.
Se i legislatori possono migliorare le procedure o le organizzazioni (dando vita ad esempio, come nel caso statunitense, al Congressional Research Service), Alessandro Colombo si chiede sino a che punto la partecipazione può migliorare la democrazia. Nello stesso tempo Roberto Ronza si pone il problema di garantire una democrazia informata senza arrivare ad un’oligarchia degli esperti. In particolare, come si può salvaguardare il principio democratico in caso di decisioni difficili?
Daniel Mulhollan ripercorre le fasi storiche che hanno portato alla nascita e alle successive trasformazioni del Congressional Research Service. Questi brevi riferimenti storici sono importanti non solo per sottolineare le differenze esistenti nelle figure dei rappresentanti politici in USA e in Europa, ma anche per ribadire come i centri di ricerca e le università siano state in USA precocemente intese come risorse per i legislatori.
Nel 1914 il Congresso votò la creazione di un istituto distinto all’interno della propria biblioteca. Il presidente Woodrow Wilson convertì in legge la proposta del parlamento e così nacque il CRS, allora chiamato Legislative Reference Service, al fine di rispondere alle necessità del Congresso.
Con il “Legislative Reorganisation Act” del 1970, il Congresso diede all’agenzia il nuovo nome “Congressional Research Service” e aumentò in modo significativo i suoi doveri statutari. I servizi forniti oggi dal CRS sono il risultato diretto degli indirizzi e delle istruzioni del Congresso. Il CRS è tenuto a garantire una legislazione nazionale informata; pertanto deve sviluppare modi creativi di affrontare l’analisi delle politiche, anticipare i bisogni legislativi, nonché rispondere a richieste specifiche dei legislatori in modo tempestivo. Rimanendo rigorosamente aderente ai propri valori, il CRS fornisce analisi che devono essere nello stesso tempo autorevoli, riservate, oggettive e non di parte.
Parlando degli scopi per cui è nato il CRS, della sua mission e delle sue prassi, Daniel Mulhollan sottolinea il forte senso di responsabilità che tutto lo staff sente nei confronti del Paese e dei cittadini americani: “Tutti noi lavoriamo per il Paese – dice Mulhollan – e per la democrazia rappresentativa. Noi serviamo lo Stato aiutando i rappresentanti eletti ad analizzare i problemi in modo multidisciplinare e a sintetizzare idee complesse. In modo imparziale, utilizzando un linguaggio appropriato, informato e consapevole, rendiamo servizio ai membri del Congresso e quindi all’intero popolo americano”. Per garantire il raggiungimento di obiettivi tanto importanti, strategici per l’intero Paese, la selezione del personale avviene su base assolutamente meritocratica: “Al tavolo vogliamo avere solo i migliori pensatori. Per questo la prima selezione dei curricula avviene per via telematica, attribuendo un punteggio alle diverse voci del profilo. Solo dopo ulteriori fasi di selezione, i candidati sono ammessi ad un colloquio personale”.
Lo staff del CRS è composto da 700 dipendenti, tra cui 450 avvocati, analisti politici e esperti in varie discipline. Essi rispondono a 900 mila domande all’anno, a 200 mila telefonate, partecipano a 1300 incontri diretti con membri del Congresso o con i loro staff e producono 2000 memorandum interni: “Il congresso è formato da 435 membri della Camera di Rappresentanti eletti ogni due anni e da 100 senatori che restano in carica sei anni. Ogni membro del Congresso ha uno staff che deve seguire il suo lavoro, anche all’interno dei diversi comitati specializzati. Sono dunque circa 17 mila le persone che possono avere bisogno degli esperti del CRS”.
Tutti i colloqui con i membri del Congresso sono strettamente confidenziali: i membri dello staff non possono divulgare i contenuti di conversazioni avute con i membri del Congresso o con i loro collaboratori: la fiducia, dunque, non è solo dei cittadini verso i membri eletti, ma anche di questi verso i membri dello staff. “La nostra sfida continua – sottolinea Daniel Mulhollan – è legata alla responsabilità che abbiamo nei confronti dei membri del Congresso: per noi la questione dell’interpretazione dei fatti è cruciale. Il nostro lavoro è passato dall’indicazione di riferimenti bibliografici alla ricerca vera e propria che dà inizio all’identificazione del problema e alla formulazione di questioni politiche. Ma è lì che noi dobbiamo fermarci: sono i membri del Congresso che devono declinare le questioni secondo le proprie convinzioni morali e politiche. Noi dobbiamo garantire loro tutti gli strumenti per conoscere le questioni. Per questo è importante anche la prontezza e la tempestività con cui dobbiamo rendere conto di realtà complesse e in continua evoluzione (un esempio recente sono i rapporti tra Pakistan e India dopo gli attentati a Mumbai)”.
Un altro elemento che caratterizza il lavoro del CRS e dei suoi dipendenti è l’accuratezza e l’autorevolezza dei contenuti delle ricerche: le fonti vengono vagliate con cura, comparate, nessun dettaglio viene tralasciato nell’analisi di un evento, di una situazione, di un fenomeno.
Il lavoro degli esperti del CRS è sottoposto a una accurata valutazione dei contenuti, del linguaggio – che non deve essere retorico o pregiudizievole -, del rigore metodologico. Un altro tipo di valutazione a cui è sottoposto il lavoro del CRS va sotto il nome di accountability, parola che in italiano non ha una traduzione altrettanto sintetica: è la capacità di rendere conto delle proprie azioni, in particolare l’obbligo di rispondere a qualcuno del proprio operato. Attraverso il sito internet, sempre di più, l’operato del CRS viene sottoposto anche al giudizio dei cittadini: “Io so bene che il mio stipendio è pagato dai contribuenti americani – dice Mulhollan -. Per questo sento ancora più forte il senso di responsabilità legato al mio lavoro, che è un servizio reso a tutti i cittadini della Nazione attraverso l’operato dei propri rappresentanti”. La nuova sfida della digitalizzazione delle fonti pone la biblioteca voluta da Jefferson indirettamente in concorrenza con fonti alternative, anche se ancora meno autorevoli, di informazioni – come wikipedia – ma deve essere intesa come una grande risorsa al servizio di tutti i membri del congresso, da quelli più anziani a quelli più giovani che con queste tecnologie hanno grande dimestichezza.