Il 29 aprile 2021 si è svolto in piattaforma Zoom, il dialogo con Nicola Attico dal titolo Blockchain, cambio di paradigma? Responsabilità, istituzioni e nuovo business.
Malgrado l’enorme successo della trasformazione digitale, ampi ambiti delle nostre interazioni sono ancora principalmente analogici: la burocrazia, la legge, i notai, la politica. Inoltre, esistono i lati oscuri della digitalizzazione (…) La blockchain si insinua nelle crepe del sistema e permette di immaginare un mondo fatto diversamente, di cui oggi ci sono solo alcuni pezzi pronti. (Nicola Attico, Blockchain. Guida all’ecosistema, Guerini Next, p. 16).
Si tratta dunque di approfittare di una tecnologia emersa, sebbene ancora non del tutto compresa nelle implicazioni, per tendere a una nuova organizzazione del potere? Almeno alla sua redistribuzione, secondo Nicola Attico.
Dell’incontro, in questa pagina rendiamo disponibili: la sintesi, subito dopo il video e il podcast, e a fondo pagina alcuni screenshot dell’incontro.
Sintesi
Per il suo enorme potenziale, blockchain è un cambio di paradigma interno alla rivoluzione digitale. Per la sua trasversalità applicativa – dalla finanza alla logistica, dalla moneta all’informazione – esemplifica il cambio d’epoca che stiamo vivendo. Si capisce dunque perché il dialogo con Nicola Attico intorno al suo libro Blockchain, guida all’ecosistema (Guerini Next) è un’esplorazione di quel mondo già scoperto, del quale però non possediamo la mappa, che un altro libro caro a Fondazione Bassetti colloca Oltre lo specchio di Alice.
Francesco Samorè, introducendo, ha affermato che blockchain sembra covare una spinta libertaria e il suo opposto. In parallelo con il discorso sulla genesi ed evoluzione di internet in Silicon Valley, la domanda è: nate libertarie, tali innovazioni sono destinate necessariamente a morire liberiste? La conversazione con Attico si è avviata citando direttamente il libro:
Malgrado l’enorme successo della trasformazione digitale, ampi ambiti delle nostre interazioni sono ancora principalmente analogici: la burocrazia, la legge, i notai, la politica. Inoltre, esistono i lati oscuri della digitalizzazione (…) La blockchain si insinua nelle crepe del sistema e permette di immaginare un mondo fatto diversamente, di cui oggi ci sono solo alcuni pezzi pronti.
Si tratta dunque di approfittare di una tecnologia emersa, sebbene ancora non del tutto compresa nelle implicazioni, per tendere a una nuova organizzazione del potere, o alla sua redistribuzione? Dal sistema finanziario ai mercati, dall’energia all’arte, blockchain è già al lavoro. Fino a toccare l’identità digitale individuale e le strutture organizzative: come nel caso delle organizzazioni autonome decentralizzate (DAO).
Un oggetto ancora nuovo, blockchain, perché le sue implicazioni non sono ancora state elaborate dall’opinione pubblica. Difficilmente costringibile in rigidi confini, essa è un’infrastruttura di sistema, utilizzando la quale molti servizi possono nascere. E ciò richiede tempo “un sacco di cose da capire, righe di codice da scrivere, feedback degli utenti da registrare” dice Attico. Se fai un rogito, serve il notaio che ti riconosca con la carta d’identità, che poi si relazioni con la banca, con il venditore, con l’acquirente. In fondo, blockchain consente il reciproco riconoscimento con “una stretta di mano digitale” ma il suo utilizzo andrebbe integrato col catasto e con altri livelli consueti della società e della burocrazia.
Samorè ha sollevato la questione tempo. Spazi e tempi cui eravamo abituati sono stati messi in discussione sia dalla rivoluzione digitale, sia dagli accadimenti della pandemia. David Collingridge nel 1980 illustrò un dilemma: tecnologie potenti, appena comparse, sono controllabili perché non ancora diffuse; una volta distribuite nella società, possono prendere direzioni impreviste, desiderabili o meno, ma sicuramente in parte non più controllabili. Attico, sulla scorta di questa riflessione, si riferisce al modello peer to peer (paritetico, sociale) che caratterizzò la nascita di Internet. Col web 2.0 questa parità peer to peer sfuma per lasciare spazio alle aggregazioni di dati e alla concentrazione della potenza economica. Siamo dunque in una fase matura, ma non maturata, in cui blockchain è ancora orientabile.
Nel caso di blockchain, i servizi si fondano su reti decentralizzate, distribuite, che cercano di contrastare le tendenze opposte, gerarchizzanti. Quelle di blockchain sono reti resilienti, collettive, che contribuiscono a tenere acceso l’ecosistema blockchain. Ciascuno può diventare un nodo delle reti cosiddette aperte (Bitcoin, Ethereum), mentre ci sono anche le reti chiuse, più utilizzate dalle imprese, per esempio nel settore finanziario. La finanza decentralizzata è uno dei terreni più fertili di applicazione delle diverse blockchain. Ciò porta tra l’altro a confrontarsi con un’evidenza: dei GAFA (Google, Apple, Facebook ecc.) si è molto parlato anche perché le classifiche di capitalizzazione borsistica mondiale, negli ultimi anni, li vedono ai primi posti. Blockchain, essendo un sistema a moltissimi nodi, ha una sua politicità, perché implica la ricerca di un accordo tra tanti. Il consenso è un tema rilevante in questo ecosistema. Naturalmente ci sono gli incroci tra i mondi citati: quando Facebook lanciò la criptovaluta Libra, la risposta delle istituzioni finanziarie di tutto il mondo fu dura, inducendo un ripensamento (oggi il consorzio si chiama Diem e non vuole creare una nuova valuta, ma semplici sistemi di pagamento).
L’autore si è soffermato su altri esempi applicativi rilevanti per gli attori del mercato, come le filiere del lusso che hanno sperimentato il tracciamento dei beni con blockchain: soluzione interessante per il made in Italy o, come dice Bassetti, per il made by italics.
Dal pubblico, Piero Rivizzigno ha portato il discorso dalle applicazioni in ambito finanziario e monetario (criptovalute, bitcoin) a quelle in ambito salute. Blockchain può essere una modalità organizzativa per chi, come le associazioni di pazienti, cerca garanzie sulla gestione dei dati da parte di ospedali e case farmaceutiche?
Si è discusso poi di informazione: quando si tratta di sviluppare opinioni e assumere decisioni collettive, siamo destinati a rimanere nell’epoca dei social e degli influencer, dei like e dei retweet, oppure saremo protagonisti di trasformazioni più radicali, nei quali blockchain gioca un ruolo?
Piero Bassetti ha chiesto all’autore di spiegare se blockchain possa armare un’organizzazione sociale diversa e più democratica rispetto a ciò che è successo nel caso di altre innovazioni emerse in questi anni, come Amazon. Sempre dal pubblico, Camillo Fornasieri (direttore del Centro culturale di Milano) ha domandato se, a parere dell’autore, blockchain sia una tecnologia abilitante per restituire ruolo ai corpi intermedi.
Dopo un passaggio sulla geopolitica di blockchain (la Cina l’ha inserita nel piano quinquennale sull’innovazione tecnologica… e l’Europa?) Attico ha concluso sulle forme di sovranità individuale – cioè sulla possibilità, nella logica distribuita di blockchain, di autodeterminarsi nell’appartenenza a una collettività sociale di riferimento – e sulle ipotesi utopistiche dei criptostati.
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