Il 14 e 15 novembre 2011 si è svolto a Piacenza, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore il convegno “Innovating Food, Innovating the Law“.
Pubblichiamo le fotografie dell’evento (visibili in fondo pagina oppure nel nostro account Flickr), il report di Paola Sobbrio (qui sotto a seguire, in tre parti) e, nei prossimi giorni, i video suddivisi per interventi con le slide utilizzate nelle relazioni.
Il convegno “Innovating Food, Innovating the Law. An interdisciplinary approach to the challanges of the agrofood sector”.
di Paola Sobbrio.
Il termine innovazione è solitamente utilizzato per parlare di scienza, tecnologia e sviluppo economico ad esse correlate. Raramente, invece, esso è riferito al diritto e alla necessità di innovare gli strumenti di regolamentazione scientifico-tecnologica. Il settore agroalimentare non fa eccezione in tal senso.
Pur essendo uno degli ambiti in cui scienza e tecnologia hanno maggiormente rivoluzionato le conoscenze, le pratiche e le tradizioni esistenti, poca attenzione è stata prestata alle novità concettuali intervenute in ambito giuridico.
Il Convegno internazionale “Innovating Food, Innovating the Law An interdisciplinary approach to the challanges of the agro-food sector”, organizzato dalla Scuola di dottorato Agrisystem dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Piacenza, 14-15 ottobre 2011) ha inteso esplorare tre grandi temi dell’agrofood in cui scienza e diritto hanno contribuito a creare linguaggi e strumenti nuovi. Il primo riguarda i nuovi diritti di informazione, partecipazione e cooperazione, che hanno via via trasformato i consumatori in cittadini che operano scelte informate e consapevoli. Il secondo verte sui nuovi strumenti di sicurezza, dalla valutazione dei rischi alla precauzione, alle allerte, alla gestione delle crisi alimentari. Il terzo, infine, tocca la protezione dell’innovazione, dai diritti di proprietà intellettuale alle nuove forme di condivisione collettiva dei benefici di conoscenze e invenzioni.
Filo conduttore della prima sessione è stato il rapporto tra conoscenza e diritti soggettivi, individuali e collettivi.
Come evidenziato da Alberto Germanò, del Cnr, non è più la legge ad aspettare che la scienza imponga i suoi saperi ma è questa, oggi, che, in quanto sapere sempre più problematico ed incerto, attende dalla legge le risposte. Il principio di precauzione ha rivoluzionato il paradigma della stessa responsabilità civile, secondo cui ad un fatto lesivo corrisponde un evento dannoso, perché in quest’enorme area della scienza incerta il fatto non è sempre identificabile ed il danno non è sempre quantificabile o percepibile nell’immediato. La scienza incerta ha quindi rivoluzionato anche le categorie del diritto. Novel food e novel law non possono che andare a braccetto. Il problema, tuttavia, è che i legislatori devono affidarsi in queste materie nuove ad esperti e a saperi specialistici. Il problema dell’expertise è ampiamente controverso e spesso messo in discussione perché è difficile verificare sul campo l’oggettività e la neutralità che dovrebbero contraddistinguerlo. Tale terzietà dovrebbe comportare un giudizio, se non oggettivo, quanto meno volto alla tutela di interessi pubblici e non di parte.
La stessa Efsa, come ha sottolineato Dario Dongo, di Federalimentare, ha costantemente respinto le richieste di autorizzazione da parte di aziende di poter apporre degli health claims sui loro prodotti alimentari, richiedendo la c.d prova di efficacia a doppio cieco su soggetti sani. Ma dimostrare che un soggetto sano tragga indiscutibilmente beneficio dall’uso di prodotti nutraceutici è una probatio diabolica; a tutto vantaggio delle aziende farmaceutiche che immettono sul mercato i nutrienti che potrebbero essere assunti con il cibo sotto forma di farmaci. Il cibo che cura e le indicazioni terapeutiche ad esso legate non possono quindi essere indicate in etichetta, pena il ritiro dal mercato del prodotto stesso.
Collegata all’Efsa in materia del cibo è l’Autorità italiana garante della concorrenza ed il mercato che, come delineato da Iacopo Berti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha sovente segnalato all’Efsa prodotti che in violazione delle regole sulla concorrenza pubblicizzano effetti curativi mai provati secondo le regole del doppio cieco su soggetto sano. Il concetto di omologazione è alla base dei c.d novel foods, cibi che non nascono su un territorio, bensì in un laboratorio. Anche il Grana Padano, come ricordato dal presidente del consorzio Cesare Baldrighi, è un prodotto dietro al quale, e per arrivare al quale, la ricerca e l’innovazione sono costanti, e studi mirati sono volti a bilanciare le componenti chimiche e ad assicurare un prodotto di ottimo livello. Anche i prodotti tipici sono quindi soggetti ad innovazione.
Ma il nuovo diritto relativo al cibo si sostanzia anche di diritti individuali e di dimensioni simboliche. Tali dimensioni riguardano, per esempio, la tutela delle tradizioni religiose, di cui ha parlato Antonio Chizzoniti, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Dalle certificazioni di alimenti dotati di valenza religiosa fino alla macellazione rituale, le fonti legislative del cibo religiosamente orientato sono in costante aumento. La certificazione delle dimensioni etiche, in particolare connesse al benessere animale, è stato il tema affrontato da Paola Fossati, della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Milano. Il benessere animale, ha evidenziato la relatrice, sebbene abbia un ruolo centrale nelle normative sugli animali da reddito, non è tuttavia constatato e percepito dai consumatori, dal momento che essi non conoscono il processo che sta a monte di ciò di cui si nutrono. L’etichettatura, come nel caso degli OGM o piuttosto delle uova, è un modo per permettere al cittadino di essere eticamente competente e di scegliere sulla base di conoscenze effettive. Negare questo tipo d’informazione al consumatore significa, non solo non ritenerlo competente a decidere, ma anche non permettergli di esplicitare con la scelta le sue convinzioni etiche. E’ palese come l’etichetta spinga in direzione di certi consumi piuttosto che altri, e di conseguenza prevedere che vi siano etichette che indichino le condizioni di allevamento di un animale potrebbero influenzare il mercato e probabilmente spingere verso un mutamento significativo delle condizioni di allevamento degli animali. L’etichettatura, in questo senso, sarebbe un modo per far conoscere, permettere di scegliere, riconoscere la validità delle scelte e migliorare le condizioni di allevamento degli animali.
I temi etici e i diritti collettivi sono stati anche al centro dell’intervento di Marco Morganti, amministratore delegato di Banca Prossima, prima e unica in Italia dedicata in modo esclusivo al finanziamento di progetti e organizzazioni no-profit. Il mondo del no-profit in Italia si compone di quattro milioni di volontari e di un numero di ONG che è il più alto in Europa. I casi evidenziati, relativamente al tema del cibo, sono stati quello dei GAS (gruppi d’acquisto solidale) e delle associazioni che si occupano di recuperare cibo altrimenti inservibile escartato nelle mense, per distribuirlo a persone indigenti. Questi due casi vicini per comunanza di oggetto, il cibo, sono lontani per più motivi. Nel primo caso non esiste una regolamentazione del fenomeno, pur molto sviluppato, nel secondo esiste una legislazione volta alla preservazione del cibo così recuperato. Nel primo caso l’obiettivo è ampliare il fenomeno del cibo a km0, bypassando la grande distribuzione, in un’ottica anche di risparmio. Nel secondo, l’obiettivo, più che il risparmio, è l’evitamento dello spreco. Entrambi sono esempi di un profondo mutamento di prospettiva rispetto al cibo, visto come un’importante risorsa e non come un semplice soddisfacimento momentaneo.
Tra la prima e la seconda sessione del convegno, un interludio artistico, dedicato ai rapporti tra arte, scienza e normatività, ha proposto un diverso approccio intellettuale ai temi agroalimentari. L’artista e fotografa Caterina Saban ha illustrato attraverso le immagini una possibilità di sensibilizzazione al recupero della memoria alimentare. Gran parte delle varietà vegetali commestibili stanno scomparendo, insieme alla varietà di prodotti ad esse collegati, per far posto a cibi sempre più innovativi ed innovati. Tali erbe consentono di mantenere la biodiversità di un luogo e di caratterizzarlo rendendolo unico rispetto agli altri. Ma esse consentono anche un percorso della memoria e il recupero di pratiche ormai dimenticate.
>> continua >>
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