(vedi le fotografie dell’evento)
La ragion d’essere della Fondazione Bassetti è promuovere l’innovazione responsabile, formando le élite dell’impresa e del potere a rendere applicativo questo concetto in un mondo glocal.
Per questo non abbiamo esitato a riconoscere il merito di Mind The Bridge e della Fondazione Marzotto nel favorire l’incontro tra progetti innovativi e opportunità. L’innovazione si dà quando un plus di sapere si combina con la tecnologia e trova un plus di potere che la invera, portandola nel campo della Storia. E su questo gli Inspiring Principles di Mind The Bridge sono chiarissimi:
«The ultimate goal is to foster a sustainable Italian entrepreneurial ecosystem and spur more innovative ideas, and reinvigorate the complex new venture economy, providing Italian entrepreneurs with direct exposure to potential venture capital investors from the most experienced, entrepreneurial ecosystem in the world — Silicon Valley» (dal sito di Mind The Bridge).
L’impresa innovativa è sempre stata sensibile alle sollecitazioni di questo «ecosistema»; ma non si è mai posta il tema insolito della responsabilità. Possiamo dirlo perché impegnati, da tempo, nel raccogliere case studies di innovazione responsabile: dal settore assicurativo, per valutare l’impatto dell’innovazione su imprese abituate a confrontarsi con il rischio; alle procedure deliberative nel nanotech o nelle neuroscienze; alle istituzioni che ne misurano l’impatto sulla governance.
La responsabilità dell’innovazione – tema pionieristico fino a poco tempo fa – ha trovato solo recentemente platee più larghe. Lo abbiamo constatato partecipando alla Responsible Innovation conference, fortemente finanziata dal governo olandese e svoltasi, con interlocutori da tutto il globo, nell’aprile di quest’anno. Perché ciò accade oggi?
Se possiamo auspicare che «in an ideal world power goes hand in hand with responsibility», abbiamo tutti esperienza del contrario. Nel Novecento, a cominciare dalla generazione che ha visto utilizzare l’ordigno nucleare, siamo stati costretti a porci il problema dei fini dell’innovazione. L’imprenditore tende a definire il proprio «codice» di comportamento nel perimetro del codice penale: «non rubo, non uccido, mi limito a cercare il profitto». Ma l’innovazione tecnoscientifica penetra oggi in campi – e produce conseguenze – che travolgono i confini del diritto penale. Pensiamo al dibattito suscitato, negli Stati Uniti, dalle imprese che vendono al dettaglio i kit per i test genetici, e che ha coinvolto la comunità dei medici, i media e la politica.
Quindi l’incontro tra la conoscenza e la potenza di un atto, nelle applicazioni dell’alta tecnologia, manda in crisi il concetto tradizionale di responsabilità: eppure, paradossalmente, è proprio quando ci spingiamo nel territorio dell’improbabile, senza i cartelli indicatori dell’etica comune, che la responsabilità assume significato. Perché l’ecosistema in cui si muovono gli innovatori è intriso di rischio, e ciò allontana l’innovazione dalle gabbie degli standard.
Si deve invece cercare un equilibrio avanzato: la mission della Fondazione Bassetti è aiutare chi rischia a immettere consapevolezza e intelligenza nel processo innovativo. In questa direzione, Fondazione Giannino Bassetti e Mind The Bridge hanno messo a punto una survey qualitativa – un questionario parallelo all’analisi dei business plan che saranno presentati al Venture Camp di novembre 2011 – dal quale emergerà anche il modus operandi più responsabile tra i processi di innovazione. Valutare l’adozione, da parte dell’innovatore, di un cluster di pratiche responsabili è l’esatto opposto del chiuderlo nella gabbia degli standard. E’ lo spirito con cui si è inserita nel Codice Civile la diligenza del buon padre di famiglia, cioè il complesso di cautele che l’amministratore pubblico deve impiegare per osservare i propri compiti…
Inoltre ci interessa scoprire, con la survey, quali sviluppi i giovani creatori di start up immaginano per la loro innovazione. E’ scaturita à la Steve Jobs dalla visione di uno scenario futuro (l’uomo multimediale)? Oppure à la Arduino da un’intenzione specifica (immettere nel mercato un prodotto open a bassissimo costo)? E come si propongono di maneggiare responsabilmente la complessità affinché non accada ciò che è successo allo Stato, che per limitare il Principe ha inventato la burocrazia? Ecco: i nostri imprenditori hanno la responsabilità di innovare senza che debba emergere la burocrazia dell’impresa hi-tech.
Allora, acconsentire ad essere osservati è il primo passo per agire responsabilmente; dando retta a Dostoevskij, quando scriveva: «Mi sento responsabile ogni volta che qualcuno posa lo sguardo su di me».