Questa intervista, pubblicata in edizione speciale per gli amici di Piero Bassetti, è tratta dal volume “Una bussola per il nord”, Sellerio, Palermo, 1993.
“Esponente di una delle grandi dinastie imprenditoriali milanesi, Piero Bassetti ha dedicato gran parte della sua vita all’impegno pubblico e politico. Giovanissimo consigliere comunale e assessore di Milano, è stato uno degli animatori del regionalismo e quindi il primo presidente della Regione Lombardia. Dopo una breve esperienza par-lamentare, il ritorno a Milano dove Bassetti è oggi, dal 1982, presidente della Camera di Commercio.
Nella sua nuova veste Bassetti si è dato molto da fare per fare della Camera, oltre che un’istituzione amministrativa efficiente, un’autentica organizzazione degli interessi economici; e non ha perso occasione per mettere in guardia sui pericoli che il tessuto economico della città corre, primo tra i quali quello dell’infiltrazione malavitosa («A Milano c’è il formaggio, e i topi corrono dove sentono odore di formaggio» ha sintetizzato una volta le sue denunce).
Anche Tangentopoli ha stimolato Bassetti a prese di posizione sulla necessità di ripensare non solo le regole formali di controllo, ma l’intero rapporto col mercato, un rapporto vissuto nei secoli con difficoltà in Italia, da parte tanto dello stato che dell’imprenditoria privata, così che, ha scritto Bassetti di recente («Impresa & Stato», giugno 1992), «nel volgere di pochi anni una cultura politica ha degenerato al punto di distruggere il sistema di valori che la fondava, riducendo la prassi politica a mero sistema di scambio».
Di qui scritti, dichiarazioni, impegno per contribuire a costruire una reale «democrazia degli interessi» che parta dalla constatazione che «il vero fenomeno di innovazione sociale è il mercato». Con un inesauribile ottimismo di fondo: «Questa metropoli sta cambiando pelle, è un bruco che sta per diventare farfalla».
L’impegno pubblico di Bassetti dunque non è certo calato di tono dopo l’abbandono delle cariche politiche, continuando a rendere la sua esperienza relativamente atipica nel panorama di una classe imprenditoriale come quella lombarda tradizionalmente abbastanza distratta nei confronti della politica.” Salvatore Carrubba