Nei mesi e negli anni successivi alla Liberazione, Milano affrontò, con la partecipazione delle rinate rappresentanze civili, imprenditoriali, culturali e politiche, la sua ricostruzione. Materiale, con nuove case, scuole, ospedali; ma anche valoriale, con la rinascita, sulle macerie dei bombardamenti, dei simboli di una nuova cultura tecnico scientifica, artistica, civile. Questa la riflessione cardine del convegno La libertà di reinventare Milano. Quando rappresentanze e società civile pensarono la città nuova che Fondazione Giannino Bassetti ha curato all’interno del palinsesto Tempo di pace e di libertà. Ottanta anni di Liberazione promosso dal Comune di Milano nell’ambito del progetto Milano è memoria. Di seguito, l’intervento del segretario di Fondazione Francesco Samorè (qui una sintesi completa dell’evento, con video, podcast e immagini)
La reinvenzione è ciò a cui siamo chiamati quando la storia ci si ritorce contro. Fu così ottant’anni fa, a prezzo di inenarrabili dolori e privazioni. Oggi dobbiamo sapere che è tempo di reinvenzione perché lo dice il barometro, si smarrisce la bussola, si fa incerta la navigazione in un mare che tutto intorno si è fatto mosso, diciamo pure tempestoso. Ho avuto la fortuna di crescere studiando storia e credo di aver gioco facile, in una mattinata in cui è così ben rappresentata l’Università degli Studi di Milano, a dire che ho avuto l’onore di seguire uno degli ultimi corsi di Giorgio Rumi; il quale, proprio domandandosi perché la storia, rispondeva che “il passato si allontana e il futuro ci schiaccia riducendo il presente a ben poca cosa”. Erano gli anni Novanta, ci volevano le antenne – mentre qualcuno sosteneva la fine della storia – per rendersi conto che quel “presente ben poca cosa” si stava affacciando di fronte a noi.
Non parliamo solo di grandi mutamenti politici, geopolitici, di assetti istituzionali e alleanze internazionali. Parliamo di un nuovo Gutenberg determinato dall’irruzione di potentissime tecnologie, come l’intelligenza artificiale, applicata anche alle neuroscienze o alle life sciences. Insomma, parliamo di tutto quello che, se guardiamo l’Italia, ha in Milano il suo più alto grado di concentrazione: capitali, cervelli, infrastrutture.
Allora, ottanta anni dopo la Liberazione, Milano si reinventa: perché sa riconoscersi – unico agglomerato urbano italiano che abbia dimensioni strutturali, funzionali, europee; perché sa rileggersi, per esempio ricordando che nel 1960 tentò di candidarsi a capitale europea (il Consiglio della neonata CEE tenne un referendum in cui Milano si posizionò terza – tra moltissime candidate – dopo Bruxelles e Strasburgo), o ancora ricordando che al Castello si posero i prodromi degli accordi di Maastricht.
Ma soprattutto, Milano si reinventa perché sa ricollegarsi al presente del mondo, al cambiamento d’epoca del “Gutenberg 2”: necessitata a navigare in cresta – con la forza dei suoi valori umanistici e della propria essenza euro-mediterranea – un pianeta nel quale le carte sembrano altrimenti darle solo le funzioni tecno-capitaliste e la forza illiberale delle armi e del denaro.
Al convegno hanno preso parte anche l’Assessore del Comune di Milano Emmanuel Conte, Fiorenzo Marco Galli, Direttore del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, Fiorella Imprenti di Fondazione Aniasi, Maria Canella e Paolo Zanini dell’Università degli Studi di Milano, Luca Stanzione per la Camera del Lavoro, Massimo Minelli di Fondazione Triulza, Per fondazione Bassetti sono intervenuti Dario Baldini, Giulio Antonucci, il Segretario generale Francesco Samorè e il Presidente Piero Bassetti (i link rinviano ai loro interventi).