La potenza della crisi climatica ci spinge a temere solo per le nuove generazioni, o a chiudersi a riccio per salvare sé stessi e unicamente il proprio “popolo”. Oppure ignorando la realtà, come Mizaru e Kikazaru, due delle tre statuette guardiane del santuario shintoista di Toshogu, quella che non vede il male e quella che non lo sente. La cronaca ci ha ultimamente regalato l’opportunità di guardare al fenomeno in modo più ampio e completo, offrendo lo sguardo anche alle vittime meno mostrate, raccontate e ascoltate. È accaduto perché hanno alzato la voce, e hanno vinto una causa legale. Loro sono le Anziane per il Clima (KlimaSeniorinnen) e la colpevole dichiarata è la Svizzera.
Clima vs anziani: non è uno scoop
Chi vive di copertine con titoli ad effetto, ha accolto e trasformato questo caso come qualcosa di sorprendente e inaspettato. Le immagini di anziane signore accese dalla protesta e poi dalla gioia per la vittoria, sono state usate per suscitare stupore, facendo leva sull’abitudine di vedere i giovani di Friday for future come “quelli attivi” nelle proteste legate alla crisi climatica. Chi ne studia gli effetti sa però che le anziane arrabbiate non avrebbero dovuto stupire affatto.
“Il clima sta impattando sulla vita delle persone a ogni livello. Molti report, anche quelli delle Nazioni Unite e dell’IPCC , hanno certificato che ci sono forti impatti sulla salute e le principali vittime sono proprio le persone anziane, assieme ai bambini – spiega infatti Erika Moranduzzo, ricercatrice presso l’Università di Leeds (UK) sulle migrazioni climatiche e coordinatrice della sezione Clima e diritti di Italian Climate Network.
Soprattutto le ondate di calore e le alte temperature negli anziani fanno aumentare le probabilità di avere problemi cardiaci e portano a un peggioramento generale delle loro condizioni di salute. Questo porta a un generale aumento della mortalità che i numeri certificano. Non è un caso, infatti, che le Anziane per il Clima abbiano allegato come prova i certificati medici, che mostrano il peggioramento o la esacerbazione di malattie respiratorie e cardiovascolari, oltre che lamentare lo stravolgimento della loro vita quotidiana e sociale derivante dalla necessità di mettersi al riparo dalle alte temperature.
KlimaSeniorinnen: non è finita qui
Accogliendo le loro richieste, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato la Svizzera per la violazione del diritto alla vita privata e familiare, che include anche la salute, delle Anziane per il Clima derivante dalla mancata adozione di adeguate misure di mitigazione del cambiamento climatico.
“Ha riconosciuto di fatto la relazione tra difesa del clima e tutela dei diritti umani” spiega Moranduzzo, ricordando che questa causa forma una sorta di trilogia assieme ad altre due, entrambe però rigettate per difetto di ammissibilità. Quella Carême v. France, con protagonista l’ex sindaco del Paese transalpino Grande-Synthe, e quella Duarte Agostinho e altri v. Portogallo e altri 32 Stati. In particolare quest’ultima, intentata da un gruppo di giovani portoghesi, risuona e si lega a quella delle anziane svizzere. “Questi attivisti hanno puntato ancora di più sulla salute mentale, parlando anche di ecoansia (climate anxiety), ma entrambe le cause mostrano come oggi, quando si tratta di salute e clima, se ne deve parlare a 360 gradi, includendo anche la salute mentale – sottolinea Moranduzzo. Anche se nel caso delle Anziane per il Clima la causa si concentra sulle istanze di questo gruppo di attrici, la Corte tuttavia non tralascia la questione dell’equità intergenerazionale (intergenerational burden-sharing). La Corte infatti sottolinea l’importanza “del qui ed ora” dell’azione climatica (act in a good time and in an appropriate and consistent manner – para 550) affinché essa dispieghi i suoi effetti benefici anche per le future generazioni. In questo senso si può dire che la vittoria delle Anziane per il Clima potrebbe essere intesa come un ‘regalo da nonne ai propri nipoti’.
Il “subito” è ottimista, ma sicuramente prima si comincia, meglio è. Questo perché di fronte alla decisione presa dalla Corte Europea, il governo federale svizzero, seguendo le dichiarazioni del Parlamento svizzero, come prima reazione ha precisato di non sentirsi in dovere di fare alcunché poiché ritiene le proprie politiche climatiche già sufficientemente adeguate. Non un buon inizio, per un Paese che, al paragrafo 550 della sentenza, é stato esplicitamente chiamato a occuparsi meglio dei diritti dei propri cittadini con tanto di indicazioni per la pianificazione ed implementazione di un adeguato quadro di politiche climatiche di mitigazione in 5 step di lavoro.
“Le decisioni della Corte Europea sono legalmente vincolanti e prevedono una fase di implementazione e di monitoraggio delle azioni seguenti alla sentenza da parte della Commissione dei Ministri del Consiglio d’Europa. Il nostro è il sistema legale più avanzato al mondo per il rispetto diritti umani anche per questo. La vera domanda è: ma poi si implementa davvero?” Dopo l’iniziale reazione, – spiega Moranduzzo – la Svizzera è venuta a più miti consigli e recentemente ha presentato un piano di azioni, per alcuni ancora non convincente.
L’eredità della vittoria silver
Oltre al suo impatto mediatico, il caso vinto dalle Anziane per il Clima dimostra che i governi hanno l’obbligo giuridico di proteggere i loro cittadini dagli effetti negativi del cambiamento climatico. Per lo meno in Europa: “è la prima sentenza del genere – sottolinea infatti Moranduzzo – la Corte ha molta esperienza in ambito ambientale, ha già trattato moltissimi casi, ma mai relativi alla crisi climatica. Questa sentenza è quindi fondamentale per tutta l’Europa, perché mostra come la Corte ha deciso di comportarsi in questo preciso contesto”.
Prima di tutto, l’ha considerato un contesto a sé, non accorpando il caso delle Anziane per il Clima con quelli precedenti in materia di degrado ambientale non associato al cambiamento climatico (i.e. terremoti o disastri industriali). “Questo perché la crisi climatica è multi-causale e diffusa, non ha un preciso e unico colpevole e anche i suoi effetti sono diffusi ovvero, non colpiscono un’unica e precisa fascia o categoria – spiega Moranduzzo – tale separazione apre la strada alle prossime cause climatiche e ci fornisce indicazioni per altre simili situazioni che si potranno presentare in futuro”.
(La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) l’ha considerato un contesto a sé, non accorpando il caso delle Anziane per il Clima con quelli precedenti in materia di degrado ambientale (...) tale separazione apre la strada alle prossime cause climatiche e ci fornisce indicazioni per altre simili situazioni che si potranno presentare in futuro
Cosa si può imparare da quanto avvenuto? Che la Corte si affida alle evidenze emerse dalla ricerca scientifica (climate science) per formulare le sue decisioni. Ciò significa che la scienza del clima potrà essere un supporto anche per le prossime cause, secondo Moranduzzo. Un fatto non scontato, coi tempi che corrono anche in Europa. A ciò si aggiunge il riconoscimento di “fair share” di responsabilità degli Stati nella lotta al cambiamento climatico “Questi sono tenuti a fare il possibile contro la sfida climatica, perché hanno firmato i trattati per il clima” aggiunge, facendo poi notare un “dettaglio” a molti sfuggito. Le richieste che alcune anziane hanno avanzato come “attrici individuali” non sono state accolte. Al contrario la Corte ha accolto quelle formulate dalla ONG (Verein KlimaSeniorinnen Schweiz), per altro della stessa natura, che agiva in nome e per conto di un gruppo di circa 2000 anziane. ”Questo ci indica che le ONG possono giocare un ruolo fondamentale nelle future cause climatiche”.
Un assist alla giustizia universale made in Italy?
Nel 2021 l’organizzazione ecologista A Sud ha presentato un’azione legale contro lo Stato Italiano assieme a 200 ricorrenti tra associazioni e individui, di cui molti minori. È il primo contenzioso climatico in Italia meglio noto come “Giudizio Universale” e la giudice di primo grado l’ha rifiutata. Notizia deludente, ma non scoraggiante, è stato infatti presentato un nuovo appello e a decidere sulla sentenza di inammissibilità per “difetto assoluto di giurisdizione” sarà la Corte d’Appello del Tribunale Civile di Roma. Salvo rinvii, la prima udienza dell’appello è stata fissata per il 29 gennaio 2025.
Per chi percepisce e vive l’attesa, le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare quella delle KlimaSeniorinnen, fanno sperare che la pronuncia di primo grado possa essere ribaltata, ri-stabilendo il principio che i cittadini e la società civile possono rivolgersi a un Giudice per far valere i propri diritti minacciati dall’emergenza climatica. Secondo chi ha lanciato “Giustizia universale”, lo Stato italiano vi contribuisce per via della inadeguatezza delle misure adottate e, per dimostrarlo, all’atto di appello ha allegato un nuovo report scientifico: “Estimates of fair share carbon budgets for Italy”.
Per Carbon Budget di uno specifico paese si intende la quantità massima di emissioni cumulative nette di CO2 di origine antropica che si può ancora emettere senza compromettere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a un dato livello (nel caso del report, 1,5°C a fine secolo). Si considerano anche le responsabilità storiche emissive “nazionali” e, per quanto riguarda l’Italia, non c’è metodologia utilizzata che non mostri che l’Italia ha già esaurito il suo carbon budget. Nel “migliore” dei casi lo avrebbe fatto nel 2023.
Aspettando il 2025 per scoprire se questo nuovo elemento potrà ribaltare la decisione presa dai giudici italiani, la ricerca scientifica avanza e indaga sempre meglio il legame tra clima e salute. Le conferme non basterebbero mai, contro chi lo nega a priori, infatti ciò di cui va in cerca è la differenziazione degli impatti in base al genere e all’età. Che si parli di “anziane” svizzere, probabilmente non è un caso.
“Sarà sempre più importante fare le opportune differenze nello stimare gli effetti della crisi climatica sulla società, cosa che oggi non viene ancora fatta – spiega Moranduzzo – la scienza del clima potrà darci elementi importanti dal punto di vista giuridico, per la protezione dei diritti umani”. Scienza e giurisprudenza dovranno lavorare sempre più in sinergia: quando la prima evolve, permette di evolvere anche la seconda. E la Corte Europea ha scelto di basare le proprie decisioni proprio su questo: solo in tandem si può avanzare verso un maggior rispetto dei diritti umani di tutti nelle loro diversità.
Fonti:
https://climatecasechart.com/
https://climate.law.columbia.edu/content/climate-change-litigation
Per restare aggiornati
https://www.italiaclima.org/clima-diritti/
https://www.italiaclima.org/anziane-per-il-clima/)