Il testo che segue è la traccia seguita da Francesco Samorè, Segretario Generale di Fondazione Giannino Bassetti, per il suo intervento davanti ad una platea di oltre un centinaio di studenti medi superiori riuniti al Politecnico di Lecco, per Ideaimpresa, un’iniziativa della Camera di Commercio di Como-Lecco – con ComoNext – finalizzata a scoprire e coltivare giovani talenti imprenditoriali. Un progetto incluso nel programma della Giornata dell’innovazione 2024.
Le cinque (ri)generazioni: (r)innovarci responsabilmente
di Francesco Samorè
Dato che i protagonisti di oggi sono studentesse e studenti, non ho potuto fare a meno, per immedesimarmi nella mattinata, di immaginare che da qualche parte siano appostati anche gli insegnanti. Quindi ho affrontato l’invito di IdeaImpresa con lo stesso spirito col quale, all’epoca in cui frequentavo le superiori, leggevo la traccia di un tema da svolgere. Ho riletto il bando, che dice:
«cimentarsi su idee imprenditoriali che sappiano dare valore al potere della collaborazione»
E poi c’è un’altra frase:
«le persone sono la più inesauribile fonte di energia pulita»
Insomma, mettendo insieme le due tracce che abbiamo ricevuto, il compito diventa:
Cimentarsi su idee imprenditoriali che sappiano dare valore al potere della collaborazione tra le persone, le quali sono la più inesauribile fonte di energia pulita
Siamo a Lecco, ben più vicini alle montagne rispetto alla Milano dove vivo e lavoro. Qui una fonte pulita si trova più facilmente: è una sorgente. Il mondo del digitale ha mutuato questa parola, l’ha adottata, ed ecco il primo argomento di questo mio ideale tema: mai prima di oggi, nella storia, ciascuno di noi (letteralmente tutti noi) è stato considerato codice sorgente delle innovazioni.
Mai prima di oggi, nella storia, ciascuno di noi (letteralmente tutti noi) è stato considerato codice sorgente delle innovazioni
L’economia delle piattaforme digitali – quelle che quotidianamente usiamo tramite lo smartphone per relazionarci, per acquistare beni e servizi, per gli affitti brevi, per ordinare cibo – non a caso è stata definita estrattiva. Guarda caso, ci siamo imbattuti in un’altra parola che riguarda le risorse naturali: si estrae l’acqua, si estraggono le terre rare per produrre batterie di auto elettriche, si estrae petrolio… Alcuni tra voi avranno infatti sentito dire che «i dati sono il nuovo petrolio».
Insomma, noi siamo tutti codice sorgente di una nuova economia estrattiva perché siamo inesauribili produttori di dati: quando ci muoviamo, un’applicazione traccia il nostro itinerario (magari per consentire agli altri membri della famiglia di sapere dove siamo), quando paghiamo al supermercato un database archivia in tempo reale i dati dei nostri acquisti e formula analisi per il management e i responsabili delle vendite.
Anche se gli esempi sono innumerevoli, mi interessa incrociare altre due traiettorie e, a quel punto, spero sarò riuscito anche a suggerirvi la cornice nella quale le idee d’impresa possano attecchire, trovare terreno fertile.
A proposito di terreno fertile, avete mai sentito dire che i primi finanziamenti a una startup nascente vengono chiamati seed money? Seed (seme) è l’ennesimo concetto economico mutuato dalla natura. L’investitore che ha ben seminato, investendo denaro nella startup nascente, valuta il terreno intorno (cioè valuta se avete scelto bene il contesto dove “piantare” la vostra impresa, dove seminare) e poi naturalmente valuta la qualità della pianta, e valuta come pensate di innaffiarla (cioè se potete trovare altri finanziatori), se disponete delle competenze necessarie per farlo, se siete in grado di collaborare con persone che sappiano condurvi a cogliere i frutti.
Allora, la cattiva notizia è che, se ascoltiamo i demografi, se leggiamo le statistiche ufficiali dell’ ISTAT, se consultiamo gli imprenditori, se sfogliamo i giornali… scopriamo che queste persone pronte a lavorare sono sempre meno! Questo è un tema molto attuale e discusso, e rappresenta anche un enorme paradosso: nel secondo paese più longevo del mondo (l’Italia) ormai convivono fino a cinque generazioni, ma la proporzione tra giovani e anziani è del tutto cambiata. Non dimentichiamo che il pianeta era popolato da due miliardi di persone a metà del Novecento, e ora siamo quasi nove miliardi, ma i destini delle diverse aree del mondo si presentano ben diversi. L’Europa del 1970 “conteneva” un sesto della popolazione mondiale; quella di oggi, un sedicesimo.
In Italia, nel 1966 nacquero 930mila bambini;
nel 2000, 550mila;
l’anno scorso 393mila.
Bastano questi dati per capire che l’impresa manifatturiera, artigiana e industriale del nostro Paese non avrà gli stessi numeri di cinquant’anni fa. Inoltre, chi fa il liceo generalmente non intraprende una carriera “manuale”. Gli iscritti all’università nel 1966 erano 120mila, quest’anno 285mila. Cioè, dei pochi ragazzi e ragazze totali, una quota molto più ampia di prima si indirizza su itinerari formativi diversi da quelli tecnico-professionali, come gli ITS, che sarebbero il bacino più adatto per rinnovare anche le imprese alla ricerca di lavoratori.
Ricapitoliamo: nel mondo in cui viviamo i dati sono il nuovo petrolio – e infatti siamo in un’economia estrattiva – ma la risorsa inesauribile di questi dati così preziosi siamo noi, ciascuno di noi: siamo codice sorgente.
A questo punto la traccia che ci ha assegnato IdeaImpresa assume un significato un po’ più rotondo e dobbiamo rileggerla:
«Cimentarsi su idee imprenditoriali che sappiano dare valore al potere della collaborazione tra le persone, le quali sono la più inesauribile fonte di energia pulita».
Cosa succede se troviamo un modo attuale, contemporaneo, di collaborare? Negli ultimi dieci anni, praticamente il tempo in cui voi passavate dalle scuole elementari a oggi, si è affermata nei paesi più avanzati la sharing economy, cioè l’economia della condivisione e della cooperazione. Si sono create tantissime imprese intorno a questo concetto, e molte tra queste erano le piattaforme estrattive di cui abbiamo parlato. Mentre si condivideva – per esempio usando il car sharing – si producevano dati, e i dati erano il valore delle imprese.
Nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle, quello dei vostri nonni e dei vostri genitori, ha prevalso ora il cooperare ora – molto più spesso – il “thatcheriano” competere. Siamo convinti che invece, oggi, la convergenza tra saperi prodotta dall’innovazione obblighi alla cooperazione chi non voglia soccombere alla competizione.
Ciò è tanto più interessante in un’epoca di crescenti tensioni nella sfera della convivenza: in un mondo di innovazioni esiste il rischio di lasciar fuori dalla porta sempre più strati della società. Infatti la dialettica tra cooperazione e competizione si esprime sulle faglie delle principali tensioni della nostra società: il de-giovanimento e la cura; la mobilità negata o conquistata; l’accesso a un lavoro buono di fronte a nuove sfide – non ultima l’intelligenza artificiale! – e competenze.
Vi lascio con questa domanda, sulla cui attualità insistiamo in Fondazione Bassetti: a quale sapere andrà il potere? Secondo noi i saperi che si riveleranno più utili e che vi consentiranno di scoprire il vostro demone, cioè di sentirvi realizzati perché vi applicate a ciò che è veramente importante, sono quelli che vi consentiranno, collaborando, di lavorare al progetto di Una società per tutte le età.