Ne discuteranno insieme all’autore Anna Grandori, Fabio Rugge e Piero Bassetti.
Vi invitiamo a partecipare all’incontro via Zoom Meetings.
Di seguito alcune righe utili a introdurci al tema.
Paolo Perulli non si è mai fatto costringere dai confini, sia perché da sociologo economico ibrida le discipline accademiche, sia perché il suo spazio di analisi è il mondo: per intenderci, Atlante della società globale era il sottotitolo di Terra Mobile, libro nel quale autrici e autori diversi erano accomunati da coppie di temi in transizione. Per esempio, quando non era affatto di moda (nel 2014), vi si analizzavano gli “automatismi irresponsabili”, formula tuttora efficace per descrivere gli algoritmi e le nuove tecnologie del potere.
Nel 2050 il discorso continua a procedere per coppie concettuali (“inclusi/esclusi, locali/cosmopoliti, concentrato/esteso nella distensione spaziale e nell’urbanizzazione“, p.11) ma da fenomenologico si fa assertivo:
Privato di un soggetto antagonista che lo costringeva a innovare, dimenticata la dimensione comunitaria
che lo faceva progredire, nel capitalismo prevalgono l’agonismo di rapina e l’immaginazione tecnocratica:
la pretesa di voler connettere tutti gli individui perdendo di vista la società (p. 46)
Se l’analisi delle diseguaglianze descrive la tripartizione tra la classe media globale dei paesi emergenti, l’élite dei paesi avanzati e la classe media di questi ultimi – che perde terreno – lo schema proposto da Perulli è fondato sull’altra triade: minoranza organizzata, classe creativa, neoplebe. L’autore ci ricorda che ogni forma della società è stata lungamente preparata, che i gruppi emergenti e in declino entrano e escono di scena lentamente, ma ciò gli serve a introdurre la neoplebe, cioè la protagonista del libro, assimilata all’elettore di Trump: non connesso né mobile, bianco senza diploma in zone operaie e rurali o comunque al margine dei centri che detengono il potere economico e comunicativo, gli hubs (p. 49). È una parte maggioritaria del popolo sempre in procinto di staccarsi, di compiere una secessione. Le élite, sempre meno in grado di guidarla, provano a blandirla. Gli automatismi del mercato e delle tecnologie informatiche (ecco rientrare l’algoritmo) sembrano condizionarne i comportamenti (pp. 23-24)
Alle città l’autore dedica, non da oggi, grande attenzione (si ricordi appunto il suo The Urban Contract, 2017). Qui per esempio si utilizzano i microdati ISTAT 2019, elaborati da IUAV, per rileggerne la fisionomia attraverso i tre strati sociali appena ricordati e le loro sottoclassi di servizio, spingendosi a un’ipotesi di “coalizione per il progresso tecnologico” che veda alleata la classe creativa (istruita, tollerante e urbana: il 30 % e più della composizione sociale nelle città italiane) alla neoplebe di produzione, distinta da quella “parassitaria” (pp.59-60).
Cosa accomuna élite, neoplebe e classe creativa? La minaccia di annientamento simboleggiata dallo spillover, il salto di specie che reca la pandemia e costringe tutti a ripensamenti radicali. La pretesa visionaria che gli uomini si liberino dai legami naturali per creare una seconda natura a cui sottomettersi è giunta al termine (pp. 9-10). E infatti è qui che, per l’autore, “casca” la classe creativa, capace di inventare stili di vita ecologisti ma non di imporne l’adozione all’intera società. La sua principale debolezza è insomma non saper diventare “classe generale” (p.29). Dunque le occorre allearsi, come abbiamo detto, alla neoplebe o almeno a una sua parte, per definire un campo di regole comuni basate su pochi punti essenziali:
I diritti di controllo sull’informazione detenuta oggi dalle imprese dominanti del web,
i diritti sociali universali che coinvolgano l’intero lavoro globale, l’ecologia del pianeta
a rischio di estinzione (p. 32)
E proprio all’Alleanza è dedicato il sesto capitolo, aperto dal concetto di legittimazione, ovvero dalla credenza, largamente accettata, che chi detiene il potere ne abbia la facoltà. Legittimazione evolutasi sulle strade della biopolitica (niente più della pandemia può esemplificarlo) e articolata su quattro vettori: reti sociali, norme giuridiche, codici tecnici, ordine spaziale (pp.63-64). La dominanza del risentimento, nelle schiere della neoplebe, è un problema storicamente affrontato, nel suo tempo, da Gramsci (l’alleanza tra proletariato urbano e masse contadine esigeva educazione, dunque l’intellettuale doveva dedicarvisi) mentre la odierna classe creativa, erede della società civile hegeliana, crede in sé stessa e nelle proprie ragioni.
Dunque, il libro di Perulli è “un appello al lavoro intellettuale perché si mobiliti nel poco tempo che resta per progettare un mondo nuovo” (p. 7) e tutta la seconda parte del libro è dedicata al “mondo di domani“. La compongono capitoli quali “Verso la società glocale intelligente”, “L’azione collettiva del XXI secolo”, “Ridurre il rischio incalcolabile, “Atterrare”, “Rispondere”, fino ad arrivare all’Epilogo che rilegge il nostro presente visto dal (non lontano, in fondo) 2050.
Ne discuteremo di più e meglio insieme il 13 luglio, in Fondazione Bassetti con la collaborazione di Globus et Locus: vi invitiamo a registrarvi e collegarvi per partecipare!
—————————