Il 16 dicembre 2020 si è tenuta la prima presentazione pubblica del libro di Piero Bassetti “Oltre lo specchio di Alice. Governare l’innovazione nel cambiamento d’epoca” edito da Guerini e Associati.
Ospite l’Università di Pavia, pubblico le studentesse e gli studenti di diritto amministrativo e diritto pubblico comparato del corso di laurea in scienze politiche e delle relazioni internazionali del dipartimento di scienze politiche e sociali.
Un dialogo tra Piero Bassetti e Giampaolo Azzoni, Prorettore dell’Università, Francesco Samorè, Segretario Generale di Fondazione Bassetti, e Alessandro Venturi, professore dei corsi. Poco più di un’ora, serrata e densa, per riassumere i concetti espressi nel libro e fare considerazioni nello stile indicato dal titolo: oltre, lanciando lo sguardo a una idea di azione nella realtà aggiornata alla nuova forma di potere che l’innovazione ha dispiegato.
Rendiamo disponibile il video, il podcast e la sintesi dell’incontro.
0:07:57 – Intervento di Giampaolo Azzoni
0:24:00 – Intervento di Piero Bassetti
1:03:17 – Intervento di Francesco Samorè
Nella dottrina costituzionalistica e giuspubblicistica – introduce Alessandro Venturi – le riflessioni su questi temi faticano a cogliere in profondità le sollecitazioni dell’innovazione. Allo stesso tempo, scorgiamo i limiti delle istituzioni che esercitano “un potere privo di potenza”.
E’ il rapporto tra sapere e potere a riconfigurare l’oggetto del governo, o le redini del potere. Va ricordato che gli studenti in queste aule sono nati già al di là dello specchio.
Lo spirito che anima le riflessioni di Bassetti – dice il prorettore Giampaolo Azzoni – è in relazione con quanto sta accadendo intorno a noi: la pandemia ha accelerato tendenze della società che erano in nuce; ci ha collocati in una macchina del tempo, ha spinto alcuni anni avanti le logiche della distribuzione, della mobilità, del modo di lavorare. Cose che vivevano nei convegni, ora sono esperite da milioni di persone. Lo specchio di Alice rappresenta dunque la soglia frantumata dell’innovazione. Un effetto-soglia: dal mondo di ieri al mondo di domani.
A questo concetto è dedicato un capitolo di un altro libro, “Quando la casa brucia”, autore Giorgio Agamben: la soglia non è una linea, è un’area che delimita lo spazio. Ebbene – continua Azzoni – non si rinuncia al paradosso: abbiamo elementi dell’aldiqua (il mondo di ieri) e dell’aldilà (il mondo di domani), e convivono nella stessa area. Lo spazio quantico evocato da Bassetti è una bella immagine che descrive lo stesso concetto.
Inoltre il libro tocca corde che non riguardano solo la sfera della politica. Come in questo passaggio: “A me sembra che ciascuno plachi il proprio demone quando sente di essere sintonizzato – lavorando, scegliendo, vivendo – sulle cose in assoluto importanti“. E la stessa Fondazione Bassetti è testimonianza di questa convivenza tra una missione politica e un’azione culturale nella società civile: “classi dirigenti responsabili alla visione del futuro“, in grado di tenere insieme “sapienza, potenza e valori“.
Azzoni si sofferma su un’ulteriore citazione dal libro: “Le cose più interessanti le facciamo nel reame del non sapere” è, in ambito giuridico, una delle ragioni per cui è nato il principio di precauzione. “La storia si realizza come frutto di azioni, non di accadimenti nè di accidenti“.
Il bisogno di un potere politico capace di mediare tra sapere scientifico e sue ricadute sociali non è mai stato tanto chiaro – conclude Azzoni – come in questo anno segnato dalla pandemia. Ma possiamo essere ottimisti, perchè “c’è sempre qualcuno che ha voglia di correre“, come scrive l’autore.
Piero Bassetti interloquisce partendo dall’essenziale: sapere serve, ma non in senso aprioristico, astratto. Se si sanno le cose che occorrono, si vive meglio che non ignorandole: “E’ uno che sa quello che fa” – dice – mi sembra una buona sintesi di questo concetto.
Nel mondo in cui viviamo, tutti abbiamo l’impressione che chi può non sa. Del potere, o si pensa male, o si pensa che non sappia ciò che vuole. Allo stesso modo il sentire comune è che siamo in un’epoca di svolta, nella quale chi guida dovrebbe essere in pieno controllo della sua funzione.
Come in un passo di montagna, approcciando il quale speriamo che l’autista sia totalmente concentrato sul suo compito. Attrezzarci per disporre della miglior guida possibile della nostra storia è il problema centrale della nostra collettività, una sfida autocritica.
Rivolgendosi agli studenti, Bassetti aggiunge che è una magra soddisfazione pensare che i vecchi sono stati inadeguati. Il problema dell’autorevolezza, nella storia, riguarda la società nel suo complesso, ci riguarda tutti. E’ all’interno di un maggior controllo, legato a una maggior conoscenza, che poi possono compiersi le graduazioni di preferenza, di parte. La nostra capacità di organizzare politicamente la società è in discussione. Vale anche per lo strumento del diritto, così importante nei secoli.
Si tratta di de-sacralizzare o de-mistificare il diritto di fronte alla sfida concreta dell’innovazione. In Fondazione la definiamo “realizzazione dell’improbabile“.
Regolare l’improbabile – attraverso la produzione di norme – è assolutamente difficile. La perfetta funzionalità della norma come strumento di guida della storia è oggi posta in discussione. L’innovazione non è “normale”. L’uso del potere, la sua discrezionalità, è fondamentale in sé, nella sua funzionalità, anche se questa ci è sembrata una grande conquista.
Nella consapevolezza di prendere decisioni drammatiche, come l’innovazione spesso postula, il soggetto libero è oltre la norma. Tema difficilissimo che però può essere posto al vertice di un’istituzione plurisecolare come l’Università di Pavia, conclude l’autore. Andare “oltre lo specchio” significa legittimarsi a questa operazione di rilievo storico.
L’innovazione è politica, perché essendo una forza imprime un senso ai nostri destini. Eppure dopo il trionfo dell’algoritmo, dopo il potere ai social, dopo la rivoluzione delle scienze della vita e della fisica quantistica, stringiamo tra le mani un potere orfano di potenza. Ci eravamo abituati a dire: ciò che non funziona non vale. Eppure l’inanità valoriale di ciò che «potentemente» troviamo, continua ad alimentare il nichilismo. Come Alice, abbiamo spiccato il balzo oltre lo specchio, per approdare nel paese delle meraviglie. Ma qui la vecchia strumentazione di gestione del potere, le sue usurate redini, non tengono più. A chi vada attribuita la funzione di sostituirle è un interrogativo al quale non ci si può sottrarre.
In un mondo trasformato dall’innovazione e dal glocalismo, l’emergere di nuove soggettività e la formazione delle loro volontà politiche interrogano la capacità, da parte delle istituzioni, di trasformarsi conciliando valori e fini: attingendo a mezzi molto diversi da quando furono concepite. Allora l’esercizio provocatorio della ragione non è materia da indovini, ma da classi dirigenti responsabili predisposte alla visione del futuro
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