Contributo al dibattito aperto da Piero Bassetti sulla sfida epocale e la necessità di rileggere il potere a partire dall’oltre.
L’oltre Bassettiano
Il pensiero di Piero Bassetti non è facilmente sintetizzabile. Nemmeno le acute domande poste di recente; tuttavia ci provo: l’emergenza di questi giorni ha imposto l’imprevisto come sostanza dell’essere. L’essere, cioè, non è solo ciò che afferriamo, ma è oltre. L’emergenza ha tolto l’illusione (δόξα) che la realtà consista solo in ciò che sappiamo (ἐπιστήμη): la verità (ἀλήθεια) è oltre, ma dentro le cose; trascendente e immanente. Nella immanenza esercitiamo il potere, nella trascendenza innoviamo.
Ci sono momenti della storia (personale e collettiva) in cui trascendenza e immanenza si toccano e la potenza infinita della innovazione seduce e lascia sgomento il potere finito della politica.
L’oltre Bassettiano e la sanità
“L’innovazione è immersa nella potenza, ma orfana di potere”, recita la terza domanda di Piero Bassetti. Nella sanità la potenza dell’innovazione ha già toccato, sedotto e superato il potere. Il potere è ordine (anche professionale); e in una sorta di suicidio emergenziale lo stato ha tolto l’esame “di stato” per i medici e costringe gli ordini professionali a un ripensamento. Cos’è un ordine nel dis-ordine dell’emergenza? L’irruzione emergenziale della potenza dell’imprevisto offre una chance incredibile di ricostruire (anche gli ordini, se si vuole). E in sanità la possibilità è straordinaria.
Prendiamo il tema del sottofinanziamento del sistema sanitario. Tutto vero; ma se si accetta l’oltre Bassettiano, è vero solo in parte:
- a) La riduzione del finanziamento e dei posti letto era opportuna: troppi sprechi di danaro e strutture.
- b) Il personale medico non è stato significativamente ridotto in questi anni (Ufficio Parlamentare di bilancio, 2019).
Nella prospettiva dell’oltre Bassettiano quello che occorre al sistema sanitario non è innanzitutto ulteriore finanziamento (sempre benvenuto), ma una ridistribuzione delle risorse; ovvero che il sistema sia lasciato libero di svilupparsi responsabilmente senza i vincoli corporativi creati dalla Legge 833 del 1978 (Colombo, 2019).
Un esempio
L’annoso problema della carenza del personale sanitario, per esempio, si potrebbe affrontare senza oneri aggiuntivi cavalcando il dis-ordine. Alcuni spunti:
- a) La rete di offerta ospedaliera è stata rivoluzionata. Anni di attesa per l’attuazione del Decreto Balduzzi DM 70, sono stati bruciati in pochi giorni. Avevamo sistemi con 4 chirurgie nel raggio di 6 km e adesso si sono create strutture che rispondono alla domanda, e non alla offerta; al bisogno di salute e non al potere delle strutture e degli interessi locali.
- b) Dare più competenze agli infermieri: abbiamo medicalizzato tutto. In altri paesi gli infermieri eseguono prestazioni che oggi sono riservate solo ai medici (anestesia, liquido di contrasto, prescrizioni). Oggi, con la laurea specialistica, gli infermieri continuano a fare quello che facevano prima: sono degli OOSS con la laurea.
- c) Riportare la formazione degli specializzandi negli ospedali. Conseguita la laura abilitante (con però vaglio delle autorità regionali e/o degli ordini), i medici svolgono il percorso di specializzazione negli ospedali, con contratti di formazione lavoro; le risorse ci sono: le stesse che finanziano le specialità. Non si tratta di togliere le specialità alle università: accademie regionali regolano il fabbisogno, governano la formazione e si avvalgono naturalmente anche delle università. Fino alla 833 era così!
- d) Togliere il massimale dalla convenzione dei medici di medicina generale. Perché chi non è in grado di gestire 200 pazienti può gestirne 1500 e chi può gestirne anche 3000 non può più di 1500?
- e) Verificare se abbiano senso ruoli professionali finora consolidati. Esempio: il pediatra di libera scelta. I bambini sono uomini piccoli. Esattamente come i vecchi sono uomini vecchi, ma non abbiamo il “geriatra di libera scelta”. Pediatria e geriatria sono specialità indispensabili, ma – appunto – specialità.
- f) I medici di medicina generale sono liberi professionisti contrattualizzati dallo stato, mentre il sistema sanitario è regolato dalle regioni, che hanno dipendenti regionali. Regionalizzare il contratto dei medici di medicina generale?<(ol>
- g) Formazione in medicina generale: eliminare l’attuale corso triennale. Tutti gli ospedalieri che vogliono diventare medici di medicina generale possono dopo “tot” anni lasciare l’ospedale e dedicarsi al territorio, formarsi in 6 mesi (presso Istituzioni regionali di formazione) ed esercitare la professione di medicina di famiglia. Non sono due mondi diversi.
NB: Sono proposte oggettivamente eversive. Appunto: se non ora, quando? Tuttavia, trovando la gradualità eventuale, esse supererebbero anche tremende divisione professionali, tra cui quella tra medici ospedalieri (considerati i “consulenti” specialisti) e di medicina generale (considerati i “curanti”). Una divisione che ha spesso compromesso appropriatezza delle prestazioni, e aderenza terapeutica (con conseguente aumento dei costi).
Ma come?
La domanda è COME, cioè a chi rivolgersi adesso? A chi scrivere, a chi telefonare per dire che sarebbe meglio fare così o in altri modi adatti al cambiamento epocale?
Chi ha potere oggi è in prima linea e non deve essere disturbato (anzi!). D’altra parte l’emergenza mette i detentori dell’ordine costituito in una disposizione psicologica al cambiamento unica. Come non mai, essi sono e saranno pronti al cambiamento.
Quindi?
Forse in questo momento il modo per ricostruire (per passare dalla potenza al potere, per dirla alla Bassetti) è lasciar lavorare chi è al fronte e praticare, da casa e subito, forme alternative. Nella formazione in sanità, che è il mio lavoro, in tre direzioni:
- a) Lavorare con docenti e discenti su nuovi contenuti e metodi. Usare l’esilio forzato per costruire strumenti e programmare percorsi già diversi;
- b) stare vicino, aiutare, servire e ri-fondare la fiducia con chi ha il potere, a livello regionale e nazionale;
- c) formare reti nazionali, regionali, locali e internazionali. Il dramma è comune, esattamente comune. C’è già una solidarietà del buon senso di una classe dirigente che ha diretto il “pre” e dalla quale dipende la possibilità di lasciare spazio alle generazioni nuove per costruire il “post”.
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