La serata “Italics! 260 milioni nel Mondo. La bellezza ci unisce” all’Unicredit Pavillon dell’11 ottobre 2018 ha visto dialogare Ilaria Capua, virologa con cattedra all’Università della Florida che ha lanciato l’idea di #FruttiBassetti, e Piero Bassetti.
L’incontro organizzato da BeyNet – introdotto da Luisa Bagnoli, CEO Beyond International, e moderato dal giornalista del Corriere della Sera Massimo Sideri – ha coinvolto Ilaria Borletti Buitoni, Gabriele Galateri di Genola e Alberto Diaspro (rispettivamente Presidente e Research Director dell’Istituto Italiano di Tecnologia).
La scintilla è il fortunato libro di Piero Bassetti “Svegliamoci italici. Manifesto per un futuro glocal” edito da Marsilio nel 2015.
In questo post proponiamo le riprese integrali (come nostra abitudine suddivise per una più comoda fruizione), alcuni brani estrapolati dal libro e alcuni passaggi dall’articolo di Ilaria Capua.
Indice della pagina:
– I video dell’incontro:
parte 1: Luisa Bagnoli, Massimo Sideri, Piero Bassetti e Ilaria Capua
parte 2: Ilaria Borletti Buitoni , Gabriele Galateri di Genola e Alberto Diaspro
parte 3: Tavola rotonda.
– Brani dal libro “Svegliamoci italici. Manifesto per un futuro glocal”
– Frasi dall’articolo “Fare rete tra Italians” di Ilaria Capua su Corriere Innovazione
– Alcune fotografie dell’evento
Brani dal libro “Svegliamoci italici. Manifesto per un futuro glocal”
Introduzione, pag. 9
“Una sveglia, una chiamata a raccolta. Nascono così queste pagine, un appello per chi nel mondo vorrà ascoltare. un messaggio rivolto ai milioni di persone che nel corso del libro chiamerò «italici». Donne e uomini che da questa lettura auspico possano prendere coscienza della potenziale esistenza di una comunità globale italica e della possibilità di farne un soggetto di storia del mondo.”
Introduzione, pag. 10
“(…) L’esistenza di un «fatto», di una realtà ben determinata, la presenza nel mondo di milioni di persone che dobbiamo abituarci a chiamare «italici».
Una definizione che ho preso corpo nel tempo e che, vincendo inevitabili resistenze, se ormai diffusa.
Gli italici, infatti, non sono soltanto i cittadini italiani in Italia e fuori. Sono anche i ticinesi, i dalmati e i loro discendenti, i sammarinesi, gli italo-americani, quelli delle due Americhe e dell’Australia, nonché gli italofoni e tutti coloro che magari senza avere alcuna parentela o ascendenza italiana, hanno tuttavia abbracciato valori, stili di vita e modelli condivisi nel nostro paese. Volendo fare una stima, parliamo di oltre 250 milioni di persone.
Hanno cittadinanze diverse, vivono in paesi e società distanti di tra loro, culturalmente e geograficamente. Parlano lingue diverse. Ma sentono in modo simile.
L’italicità è questo comune sentire, un modo di stare al mondo, di dare senso al mondo che può trasformarsi, per gli italici, nell’occasione di svolgere un ruolo nuovo, quello di grandi protagonisti della storia globale.
Tanto più urgente appare oggi proporre una tale visione, in quanto consente di effettuare un capovolgimento che assegna all’emigrazione un significato nuovo: la diaspora, essa diventa il processo che permette di porre le basi per nuovi sistemi di aggregazione.”
Oltre le frontiere: idee in evoluzione, pag. 29
” eravamo di fronte a un quadro nuovo. Stava diventando sempre più chiaro che a modificarsi profondamente non erano solo le identità individuali, ma anche quelle collettive: la globalizzazione stava infatti introducendo nella storia politica comunità e istituzioni nuove, poteri che non nascono più soltanto dall’alto, ma si manifestano anche in aggregazioni dal basso (bottom up). Anche in politica processi open source del tutto simili a quelli già presenti nel Web configuravano nuovi schemi di aggregazioni comunitarie o funzionali costruite attorno a strutture istituzionali e politiche diverse da quelle derivanti da soggetti a definizione territoriale. Nuovi modi di aggregarsi culturalmente, socialmente, economicamente, politicamente si affermavano. Se spostarsi non vuole più dire necessariamente migrare, allora anche passaporto può non voler significare cittadinanza e territorio può non essere sinonimo di identità.”
Italiani e italici: un incontro possibile, pag. 51
“La sfida è un’altra: configurare il «nuovo» soggetto organizzativo e politico all’interno del quale, in un aggregato di popolo ben più ampio di quello peninsulare, milioni di italici potrebbero trovarsi ad affrontare insieme il loro avvenire comunitario e politico in un mondo non più internazionale ma glocal.
Una sfida, del resto, già aperta. Per comprenderlo basta guardare al travaglio degli Stati nazionali tormentati dalla riorganizzazione dei propri regionalismi, alle difficoltà della costruzione europea, ostacolata dal rifiuto di confluirvi dei vecchi Stati nazionali, all’insussistenza di ogni assemblea mondiale dopo il fallimento del tentativo di affidarla a un’unione di nazioni.
È questa la sfida a cui vogliamo svegliare gli italici.
Svegliarli a fare cosa? A scoprirsi diaspora? O, piuttosto, hai elaborare un percorso istituzionale e politico nuovo, conforme alle peculiarità del mondo attuale, del quale abbiamo visto come la vera categoria fondante sia appunto l’ibridazione?
È la terza la soluzione migliore. Quella che vorrei si realizzasse al termine del processo che questo appello vuole innescare. Un orizzonte in cui milioni di italici si scoprano catturati dalla convinzione di aver trovato un nuovo contenitore politico che sia all’italicità come lo Stato nazionale stava all’italianità.”
La sfida per tutti gli italici, pag 94
“Il discorso italico, la sua capacità di ispirare sintesi politiche nuove, può infatti assumere una potenzialità storica rilevante solo a patto di indirizzarne lo sguardo e, finalmente, dargli una strategia sul lungo periodo.
Non è semplicemente una questione economica. È invece la necessità – ben più complessa e articolata – di rispondere alle provocazioni del nostro tempo.”
“Ecco, è precisamente questo che bisogna fare: ritornare a guardare al futuro non semplicemente sapendo cogliere gli impulsi del presente continuo in cui viviamo, ma riuscendo a intuire i micro eventi, le nuove sinergie e reti che già stanno guidando il futuro remoto.”
“Lo Stato-nazione sta infatti gradualmente perdendo, a causa dei processi di globalizzazione in corso, il suo primato nella capacità di rispondere al bisogno di nuove appartenenze, oltre che quello nelle politiche di sicurezza, di difesa, sviluppo economico.”
“Da monopolista egemone della violenza legittima, lo Stato-nazione, perduta la sua sovranità, ha da tempo dovuto frantumarsi in una costellazione di funzionalità che operano su diversi piani, ispirandosi ai principi di reticolarità e di sussidiarietà.
È divenuto, quindi, sempre più un’unità funzionale all’interno di un universo composito di reti, poteri locali e regionali, autorità, agenzie, organizzazioni internazionali, associazioni, club, culti.
Di conseguenza, non è più a esso che dobbiamo guardare per percepire un’identità a cui aderire.
Il processo di glocalizzazione in atto ha, infatti, influenzato profondamente non soltanto l’identità individuale, ma anche quella collettiva: il nocciolo stesso, dunque, dell’esistenza e del significato degli Stati nazionali, che si esprimeva e caratterizzava nei concetti di cittadinanza e appartenenza.”
L’idea di un Commonwealth, pag. 99
“La sfida è allora quella di svegliarci alla condizione di italici per interconnettere questa nostra (antica e nuova) soggettività con una diversa statualità.
Ed è alla luce di questa sfida che noi italici di tutto il mondo dobbiamo scegliere di ridefinirci, di raccontarci, di organizzarci per presentarci consapevolmente come costruttori di un’inedita forma di Commonwealth capace di mettere in sequenza la storia italiana e la storia italica.”
I giovani alla conquista della patria italica, pag. 112
“Ai giovani voglio dire, siate parte determinante di questa nuova polis, la cittadinanza pluri-identitaria che offre una dimensione ulteriore al vostro agire. Siate americani, brasiliani, australiani, italiani, argentini, stanziali o globetrotters, makers o studenti, professionisti o classe dirigente del domani. Ma sappiate costruirvi il nuovo mondo dell’italicità. Poiché siete italici, sentitevi anche protagonisti di un grande disegno storico: fare dell’italicità non un potenziale culturale ma un soggetto politico.
A tutti gli italici dico: i vostri successi e le vostre conquiste porteranno valore, identità e appartenenza a questa nuova patria, all’anima di questa civiltà transnazionale, che, quanto più sentirete vostra, tanto più contribuirete a creare.
È all’insegna di questa proposta che voglio svegliare gli italici.
Svegliarli alla consapevolezza della loro esistenza.
Esortarli alle loro responsabilità nelle grandi trasformazioni del mondo che si globalizza.
Farne, come tali, un soggetto di storia.
SVEGLIAMOCI ITALICI”
Frasi dall’articolo “Fare rete tra Italians” di Ilaria Capua su CorriereInnovazione – 29 giugno 2018
“Fare rete tra italians. La virologa lancia dalla Florida un appello per sostenere l’idea di Piero Bassetti: «dovremmo sfruttare i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci per creare delle piccole sinergie a costo zero tra scienziati all’estero»”
“L’avevo promesso nel mio discorso di dimissioni da deputata: vado all’estero a fare ricerca, ma con lo sguardo sempre rivolto all’Italia. Cerco soprattutto di annodare alcuni fili e di raccogliere le opportunità che si presentano. Intorno alla collaborazione scientifica, che però può essere su fronti del tutto inattesi.”
“Pop Microscopy è partila a marzo dall’University of Florida Health Shands Arts in Medicine, un centro universitario di ricerca interdisciplinare. Ora è diventata una mostra liquida: le sue opere sono state appese In venti diversi edifici, qua e là on campus, dove ogni primo del mese avverrà uno scorrimento artistico da un edificio all’altro. Un vero e proprio art traveling show. A gennaio 2019, le opere saranno esposte insieme all’opening di Legacies of Leonardo: Celebrating 500 Years of Inquiry, un’iniziativa organizzata da diversi dipartimenti a UF per celebrare i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci.”
“Questa operazione è stata a costo zero, frutto di piccole sinergie e dalla voglia di mettere in pratica una metodologia, che in italiano non ha neanche una traduzione: la raccolta dei low hanging fruits. Vorrei cogliere questo spunto per unir mi alla sfida dietro l’idea lanciata da Piero Bassetti, ovvero riunire la straordinaria comunità di italiani all’estero come unica risorsa e forza di propulsione verso il futuro. Aggiungo che se il network di italiani volesse sfruttare e rilanciare la collaborazione con gli interlocutori rimasti in patria, potrebbe anche far lo attraverso la ricerca e la valorizzazione dei low hanging fruits, che potremmo ribattezzare proprio a partire da queste pagine che si occupano di innovazione. Proporrei “Frutti Bassetti”.
Qualche immagine dell’evento all’UniCredit Pavillon di Milano:
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