Lo scorso 10 aprile il Collegio dei Probiviri dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani (ANBI) ha pubblicato un parere deontologico sulle più recenti tecnologie di genome editing, con particolare riferimento al sistema CRISPR.
L’editing del genoma è tornato a far parlare di sé da quando, nel 2012, gli scienziati hanno avuto a disposizione una nuova tecnologia: CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats). Questo sistema, preso “in prestito” da un meccanismo immunitario conservato nei batteri e negli archeobatteri per difendersi da alcuni agenti patogeni, consente di modificare il DNA in modo estremamente preciso, flessibile e poco costoso rispetto alle precedenti tecnologie di genome editing. Nel giro di pochi anni, CRISPR è entrata in modo dirompente nei laboratori di biologia molecolare di tutto il mondo, e non solo. La relativa semplicità con cui può essere utilizzata, infatti, ha catturato anche l’attenzione di coloro che operano aldifuori dei luoghi ufficiali della ricerca, e CRISPR è così arrivato rapidamente sul tavolo della citizen science e della DIY biology.
Si tratta di un’enorme opportunità per rispondere ad alcune delle sfide della società in ambiti come l’agricoltura, l’ambiente e, naturalmente, la medicina. Il primo studio clinico sull’uomo è partito in Cina, nel 2016, e nel momento in cui si scrive, le sperimentazioni attive sono otto (7 cinesi, 1 statunitense, mentre in Europa il primo studio dovrebbe partire a fine 2018) e sono focalizzate sullo sviluppo di nuove terapie antitumorali a partire dalla modifica delle cellule del sistema immunitario tramite CRISPR.
Rimanendo nel settore sanitario, oltre che per lo sviluppo dell’oncoimmunoterapia e più in generale per la modifica dirette del genoma, CRISPR si sta rivelando una tecnologia interessante anche in altri ambiti, come quello degli xenotrapianti, dove, più in particolare, si sta rivelando efficace nella riduzione del rischio di rigetto.
Nel 2015, la rivista Protein Cell ha pubblicato il primo studio sull’uso di CRISPR su zigoti umani. Uno studio che è stato rimandato al mittente da Nature e Science per ragioni di carattere etico e che ha definitivamente aperto il dibattito sugli aspetti etici e di responsabilità legati al genome editing. Dopo un dibattito interno alla comunità scientifica, all’interno della quale numerose e autorevoli voci proponevano una moratoria del genome editing applicato alla linea germinale, nel 2015 si è tenuto il primo meeting internazionale sull’argomento (l”International Summit on Human Genome Editing”, a cui hanno partecipato USA, UK e Cina) – che non ha portato alla decisione di una moratoria – e nel 2017 è stato pubblicato il report “Human Genome Editing: Science Ethics and Governance”, che ha aperto all’eventuale uso del genome editing anche su cellule germinali ed embrionali laddove non ci siano alternative terapeutiche.
Da allora sono diversi gli innovatori e i ricercatori, non solo di scienze della vita, che si sono espressi sull’argomento: da Bill Gates, che ha parlato di “genome editing for good”, a Sheila Jasanoff e Benjamin Hurbut, che hanno proposto l’istituzione di un Global Observatory per l’editing del genoma per elicitare istanze sociali non ancora indagate, mentre Simon Burall, in un commento sulla rivista Nature, ha sottolineato l’importanza della consultazione pubblica in ambiti dell’innovazione così dirompenti per la società, come le tecnologie CRISPR.
Ed è proprio nel solco di questa riflessione che si inserisce il parere deontologico dell’Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani, che sottolinea come manchi una vera e ampia riflessione con tutti gli attori della società «in virtù di una rinnovata e allargata discussione etica e sociale, come molti esperti del rapporto scienza e società evidenziano da tempo, reclamando nuovi solidi meccanismi di consultazione e deliberazione a livello internazionale, che possano aprire la porta a diverse voci e istanze della società e che possano spostare la discussione dal “cosa la tecnologia può fare e quindi come regolarla” al come la società voglia disegnare il suo futuro attraverso questa tecnologia e in che grado, ammesso che voglia accoglierla».
L’ANBI, nel suo parere, accoglie con favore il crescente numero di applicazioni della tecnologia in ambito clinico, richiamando la necessità del rispetto delle norme di sicurezza e chiude il parere rimarcando l’importanza dell’inclusione della società in questo dibattito. «La nostra Deontologia – si legge nel documento – invita pertanto a realizzare ogni innovazione non soltanto in modo responsabile ma anche e soprattutto in modo partecipato, coinvolgendo non soltanto gli esperti scientifici e di impatti etici, ma anche i numerosi attori della società civile che sono sempre i destinatari degli avanzamenti e dei benefici che essi portano».
Un’affermazione che certamente non può lasciare indifferente chi, come Fondazione Bassetti, si occupa di disegnare le politiche dell’innovazione attraverso un confronto e un dialogo continuo con la società, come quello instaurato attraverso il progetto SMART-map, a cui l’ANBI partecipa come membro dell’Advisory Board.
Leggi il parere.
Leggi il comunicato stampa.
Vedi anche su ANBI magazine “CRISPR e il dovere dei biotecnologi”
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(immagine: Cas9 from CRISPR – NIH Image Gallery – Flickr)
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