Giovedì 6 aprile 2017 appuntamento con “Lombardia è ricerca e innovazione” in sala “Marco Biagi” di Palazzo Lombardia: gli attori del sistema economico e sociale si confrontano per costruire il Programma Strategico Triennale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico in Lombardia.
All’apertura dei lavori parlerà Carlo Ratti (Direttore Senseable City Lab MIT) con un intervento dal titolo “Il futuro è già presente. Le innovazioni che ci stanno cambiando la vita”. Il programma proseguirà con la presentazione della “Cabina di regia per la ricerca e l’innovazione” e l’intervista a Roberto Maroni (Presidente di Regione Lombardia) e Luca del Gobbo (Assessore all’Università, Ricerca e Open Innovation).
A seguire, dopo “Storie di innovazione – Gli Accordi per la Ricerca”, si svolgeranno una serie di workshop dove esperti di Digital security compliance, Data driven innovation, Open economy, Responsible Research & Innovation, Lombardia R&I 2020, si confronteranno per costruire il Programma Strategico Triennale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico in Lombardia.
Segnaliamo in particolare il workshop “RESPONSIBLE RESEARCH & INNOVATION – Societal Innovation, Social impact, Public engagement e Open science“, che sarà coordinato da Francesco Samoré (Direttore scientifico Fondazione Bassetti). Sotto al video introduttivo che potete vedere qui di seguito, proponiamo alcuni spunti da cui partire.
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INTENDERE L’INNOVAZIONE COME UN PROCESSO CREATIVO È LA SFIDA DEL NOSTRO TEMPO
Partiamo da quattro titoli dai quotidiani degli ultimi 60 giorni.
Avremo cuori stampati in 3D per i trapianti?
(Corriere della Sera, 26 febbraio 2017)
L’Europarlamento si muove per regolamentare le macchine intelligenti: “possono disumanizzarci”
(Corriere della Sera, 14 gennaio 2017)
Prometeo genetista. Salviamo il senso del limite
(La Lettura, 26 febbraio 2017)
L’Europa prepara una legge per farci vivere coi robot
(Pagina 99, 24 febbraio 2017)
Sollevando temi ormai emersi, ma solo in parte “dominati” da cittadini e istituzioni, la stampa mostra come l’opinione pubblica rivolga con sempre maggiore urgenza domande di responsabilità agli attori dell’innovazione.
Oggi l’intelligenza artificiale, la genetica, la robotica, le neuroscienze, rivoluzionano – prima ancora che il modo di lavorare – le culture e le relazioni tra persone. Non è un caso che, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, Zuckerberg abbia promosso un “Manifesto globale” e Gates l’idea di una tassa sui robot per “restituire” posti di lavoro.
Se siamo pronti ad accettare che la storia sia scritta dall’innovazione, in un rapporto nuovo fra conoscenza e “potere”; se abbiamo imparato a non considerare l’innovazione un fine in sé… cerchiamo la pars costruens e la domanda diventa: abbiamo un’idea di istituzioni che possano occuparsi di questo, democraticamente?
È in questa cornice che il concetto di innovazione responsabile (Responsible Research and Innovation) si è affermato in Europa, negli Stati Uniti e oltre. In particolare, è divenuto cardine nelle attuali politiche della ricerca e dell’innovazione dell’UE. Horizon 2020 dedica intere linee di finanziamento (Science with and for society) a progetti che esplorino la pratica della RRI a più livelli; e la rende un tema trasversale per tutti i settori della ricerca e innovazione applicata, sia in ambito industriale sia per la piccola e media impresa.
Oltre a dialogare con le tre “O” del commissario EU Carlos Moedas – Open Innovation, Open Science, Open to the World – le call europee annunciate per i prossimi mesi insistono sui profili etici e sociali di ICT e Big Data, Internet of Things, Robotics, Artificial Intelligence.
Grande attenzione è riservata alla Citizen Science, per esempio in ambito sanitario: nella medicina personalizzata, nella raccolta di dati tramite wearables, nel genetic data sharing, fondamentale appare la partecipazione consapevole dei cittadini/pazienti. I profili di responsabilità – per la governance, per gli operatori – sono evidenti.
Ma può bastare? Il coraggio di intendere l’attività innovativa e le politiche dell’innovazione come un processo creativo è la sfida del nostro tempo; quando le spinte al cambiamento possono generare attese, ma anche paura. Paura dell’innovazione come “realizzazione dell’improbabile”, che genera incertezza e mette in discussione assetti consolidati. Paura di reinventare, nell’ambito delle relazioni sociali, e quindi politiche. Il coraggio della creatività istituzionale è un orizzonte da guadagnare.
Con la legge “Lombardia è Ricerca e innovazione”, approvata nel novembre 2016, la Regione introduce, fin dall’articolo 1 che ne enuncia gli scopi, la Responsabilità nell’innovazione. E il Foro per la Ricerca e l’Innovazione, un organismo indipendente che:
– contribuisce ad alimentare il dibattito pubblico sull’impatto sul tessuto socio-economico degli avanzamenti tecnoscientifici;
– definisce ambiti e metodi di partecipazione pubblica relativamente agli avanzamenti tecno-scientifici;
– valuta e monitora i mutamenti di sensibilità e opinione della società rispetto a tematiche tecno-scientifiche;
– si confronta con le istituzioni per la ricerca e l’innovazione nazionali e internazionali.
All’orizzonte, l’obiettivo di uno sviluppo responsabile per le forze creative che la società esprime: un’innovazione che non punti al solo produrre, ma anche al convivere meglio.
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