Parte III di IV
Nell’attesa di incontrarci l’8 settembre a City + Design In Transition, appuntamento che anticiperà di pochi giorni la chiusura dell’esposizione New Craft, proponiamo il report, i video e le fotografie di Labour versus Labour, rethinking work in a digital society che lo scorso aprile 2016 ha portato un prestigioso gruppo di ospiti a ragionare sulle implicazioni dell’innovazione nell’ambito del lavoro e della manifattura.
Nella lettura del post, i video anticiperanno lo scorrere del report e in coda verranno messe le fotografie. Per comodità abbiamo suddiviso la pubblicazione nelle quattro parti che hanno composto l’evento:
I. 27 aprile 2016: From Innovating with Beauty to New Craft: Connecting the Dots
II. 28 aprile 2016: Models after Models: reversing the innovation pyramid
III. 28 aprile 2016: ADDITTIVE ManifaCURing. DESIGN FOR THE CURE
IV. 28 aprile 2016: Cities and craft: the future of work
(I video precedono la porzione di report che li sintetizza.)
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LABOUR versus LABOUR rethinking work in a digital society
ADDITTIVE ManifaCURing. DESIGN FOR THE CURE
La prima sessione pomeridiana di Labour versus Labour si è sviluppata secondo le modalità di una tavola rotonda moderata da Angela Simone (Fondazione Giannino Bassetti). Coloro che hanno partecipato alla discussione provengono da realtà affermate e attivamente impegnate sul fronte dell’innovazione bio-medicale e della ricerca applicata in questo settore. Con questo incontro è stato dunque fornito il punto di vista di alcuni ‘practitioners’ sia a livello di impresa che a livello di ricerca, per quanto riguarda progetti cutting-edge dove si verificano contaminazioni virtuose fra tecnologia, società e scienze biomediche.
(il post prosegue sotto il video, con l’intervento di Enrico Bassi – Opendot)
(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
Open Dot
Enrico Bassi:
Open Dot è un makerspace, un fablab attivo a Milano che si occupa di innovazione e sperimentazione e che conta sull’appoggio di un network di professionisti eterogeneo e multidisciplinare. Il progetto che hanno presentato in sede di convegno nasce in collaborazione con la ONLUS TOG, centro di eccellenza per la riabilitazione di bambini colpiti da patologie neurologiche complesse. Open Dot e TOG stanno sviluppando insieme una serie di oggetti da stampare in 3D che aiutano i bambini nell’apprendimento di gesti e movimenti specifici, favorendo le attività della vita quotidiana. Il potenziale dell’iniziativa risiede anche nel suo grado di scalabilità. Progettando e prototipando per la stampa 3D, questi oggetti possono essere stampati ovunque nel mondo, quindi espandono le possibilità di aiuto a qualunque centro sia dotato di una stampante 3D. Non solo, all’interno dei processi di progettazione è possibile pensare l’oggetto come una sommatoria di interventi e scambi di pareri fra il progettista e il terapista, spesso lasciando a quest’ultimo la possibilità di modificare l’oggetto secondo i propri correttivi tecnici.
(il post prosegue sotto il video, con l’intervento di Samuele Altruda – Open Biomedical Initiative)
(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
Open biomedical Initiative
Samuele Altruda:
Open biomedical Initiative è una community globale il cui motto è ‘we help’ e che ha come obiettivo quello di rendere accessibile la biomedica al maggior numero di persone possibile. Iniziata da Bruno Lenzi insieme ad un gruppo di persone, sono oggi un’organizzazione no-profit composta da volontari che mettono a disposizione il loro tempo e le loro competenze al servizio dell’iniziativa. Realizzano protesi e device biomedicali progettati in open source e interamente fabbricati con una stampante 3D. L’openness della loro iniziativa ed il fatto che facciano ricorso solo alla stampante 3D per la produzione dei componenti, garantisce all’iniziativa un grado di scalabilità a costi estremamente ridotti. In questo modo riescono a raggiungere ed offrire i loro devices e le loro protesi anche in zone particolarmente svantaggiate del pianeta.
(il post prosegue sotto il video, con l’intervista a Jos Malda – Università di Utrecht)
(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
Stem Cells Program
Jos Malda, dell’Università di Utrecht (intervistato da Jonathan Hankins, Fondazione Giannino Bassetti):
Jos Malda ha sviluppato un sistema per riuscire a stampare in 3D di porzioni di tessuto cartilagineo da impiantare dentro organismi umani. È stato insignito del Nanonica award, premio sulla Responsible Innovation assegnato da Nanonica, una società svizzero-catalana che si occupa di tech-transfer, in collaborazione con Fondazione Giannino Bassetti. Durante l’intervista si è intuito come le ricerche di Jos si trovino ancora ad uno stato embrionale, tuttavia, si possono già osservare alcuni risultati incoraggianti, come ad esempio l’esito positivo dei test tossicologici eseguiti su un fegato ricostruito con tale tecnica.
(il post prosegue sotto il video, con l’intervento di Costantino Bongiorno – WeMAke)
(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
WeMake – progetto Open Care
Costantino Bongiorno:
Il progetto Open Care, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020, si pone l’obiettivo più che di produrre un qualche device, o software in ambito medicale, quello di capire quali siano gli ingredienti ed i mezzi giusti per mettere in grado i cittadini di progettare cose utili sia per loro che per la comunità. In questo senso è importante sottolineare il fatto che si compie un’opera di soggettivizzazione rispetto al concetto di ‘cura’. Questa, letta in negativo, infatti passa ad essere l’espressione di un bisogno di un cittadino legato alla salute, che può essere immediatamente risolvibile se non da lui stesso, dalla comunità all’interno della quale è inserito. Open Care vuole abbassare le barriere all’ingresso che impediscono alla maggioranza delle persone di accedere alla tecnologia in grado di risolvere alcune problematiche legate alla salute, in modo tale che tutti possano riuscire ad innovare e fare qualcosa di utile per sé e per gli altri. L’ opennes delle iniziative in questo caso non ha solo un razionale etico-democratico: dal punto di vista operativo essa accelera i processi legati sia all’ innovazione che all’implementazione delle soluzioni.
(il post prosegue sotto il video, con l’intervento di Francesco Monico – Ars Academy Research)
(I video sono visibili anche nel nostro account in Vimeo)
Ars Academy Research – Ricerca su contaminazioni scienza tecnologia e arte in e-health
Francesco Monico:
La ricerca si concentra attorno ad una serie di esperienze universitarie in America e UK, per produrre una visione aggiornata su temi medicali e del benessere letti attraverso la lente dell’innovazione e dello sviluppo.
I primi risultati hanno illustrato come con la progressiva diffusione dell’ Internet of things in chiave diagnostica o preventiva spingerà gli ospedali a doversi attrezzare di grandi database in grado di gestire ed archiviare l’enorme mole di informazioni sulla salute delle persone raccolta da specifici device. L’unico esempio Italiano di contaminazione fra arte, scienza e tecnologia ci è fornito da Salvatore Iaconese, artista, ma anche ‘hacker’, che proprio relativamente alla gestione dei suoi dati sanitari, a seguito di una grave malattia, ha hackerato la cartella e ha fatto girare i dati in crowd-sourcing per chiedere aiuto alla comunità scientifica internazionale via web. La cartella clinica di Iaconese risultava infatti incompleta e presentava alcuni dati criptati che Iaconese stesso ha deciso di rivelare alla comunità internazionale in cerca di aiuto. Se infatti da un lato assistiamo a grandi progressi in campo biomedicale, dall’altro è vero che questi progressi non sono accessibili di tutti. Un esempio ci è fornito dalla medicina algoritmica (o di precisione) che presenta costi vicini ai 50.000 euro per applicazione e permette di elaborare cure e terapie tarate sul genoma di ognuno. Assistiamo quindi in questo senso all’alba del Bio-internet, inteso come l’insieme di piattaforme web (o cloud) dove raccogliere i dati dei pazienti (in continuo aggiornamento e a diversi livelli di dettaglio) all’interno delle quali possono dialogare ricercatori e medici facendo un utilizzo massiccio di software per il calcolo statistico. Sfumerà quindi sempre più la differenza fra paziente e persona sana, giacché saremo tutti costantemente clinicizzati e coinvolti in uno scambio di informazioni costante tra medico e paziente. Francesco Monico ha concluso l’intervento riportandoci una nota a margine della Commissione Europea in sede di assegnazione della ricerca: divulgarla il più possibile per far capire agli operatori Italiani del medicale che i veri rivali in futuro saranno Google e Apple.
(Le fotografie sono visibili anche nel nostro account in Flickr.)
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