Non molto tempo prima di essere nominata senatrice a vita, Elena Cattaneo, direttrice del laboratorio Stem Cell Biology and Pharamacology of Neurodegenerative Diseases dell’Università di Milano, era stata intervistata per la rivista Tecnoscienza dalla sociologa Assunta Viteritti, dell’Università La Sapienza di Roma. Dal lungo articolo pubblicato nell’ultimo numero, disponibile gratuitamente online, emergono bene le difficoltà che la ricercatrice, che lavora sulle cellule staminali embrionali, ha dovuto affrontare in Italia, Paese che più di altri ha ostacolato quel tipo di studi. Ma quel che a noi più interessa è il confronto fra le idee di Cattaneo sui rapporti fra scienza e società e quelle espresse, nello stesso articolo, da Giuseppe Testa, direttore del laboratorio di epigenetica delle cellule staminali presso l’Istituto europeo di oncologia di Milano, più volte ospite della Fondazione (vedi Consuming Genomes: Constructing the Genetic Consumer in the United States e Ripensare l’uomo nel XXI secolo).
Nell’introduzione all’intervista doppia, Viteritti spiega il contesto nel quale i due scienziati svolgono il loro lavoro: in Italia è possibile fare ricerca sulle cellule staminali embrionali, ma soltanto acquistandole all’estero, giacché produrle è vietato. La situazione è analoga a quella di Austria e Germania, ma molto diversa da Stati Uniti e Regno Unito. Inoltre, nel 2011 la Corte di giustizia europea ha definito immorale l’uso delle staminali embrionali. E, spiega Viteritti “sembra verosimile che sarà proibito brevettare eventuali scoperte derivate dall’impiego di queste cellule” (Elena Cattaneo espone bene la genesi di questa decisione e le possibili ripercussioni sulla competitività del biotech europeo nei confronti, per esempio, di quello made in USA o giapponese).
Una possibile via d’uscita è offerta dalle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS), che hanno la stessa capacità delle embrionali di trasformarsi in tutti i tipi cellulari che compongono il nostro organismo, ma sono ottenute attraverso un procedimento ideato dal ricercatore giapponese Shinya Yamanaka (Nobel per la medicina nel 2012), che non prevede la distruzione di embrioni. Proprio per questo è stato loro attribuito l’appellativo di “staminali etiche”: sono il Santo Graal della medicina rigenerativa. Da punti di vista molto diversi, Testa e Cattaneo sottolineano però che le cellule iPS sono ben lungi dal risolvere i problemi etici della ricerca in questo campo. Testa sottolinea che, se la sacralità dell’embrione è dovuta al fatto che esso è ritenuto persona in potenza, le iPS, per come sono ricavate, rendono in teoria “sacra” ogni cellula del corpo, il ché è evidentemente un paradosso. Cattaneo contesta invece il concetto stesso di staminali etiche, espressione estranea all’ambiente scientifico nel quale si muove la ricercatrice. “Capisco perfettamente che la società ha il diritto di dare etichette di etico o non etico” dice. “Ma la scienza persegue ciò che funziona e che ha una prospettiva affidabile e razionale”.
Entrambi i ricercatori sottolineano comunque che attualmente il nodo cruciale della ricerca sulle staminali non è etico ma tecnico, ed è legato alla mancanza di una standardizzazione dei metodi e delle procedure di laboratorio, necessaria a garantire una futura efficacia e sicurezza di eventuali terapie. E che se l’obiettivo è ottenere quanto prima risultati utili alla medicina, la scienza dovrebbe ora esplorare sia le iPS sia le staminali embrionali.
Una differenza molto chiara della concezione dei rapporti fra scienza e società emerge invece nei rispettivi racconti di come sono state ottenute le prime staminali cosiddette “etiche”. Non si trattava, in realtà, delle iPS di Yamanaka, ma di cellule ottenute attraverso una tecnica nota come Altered Nuclear Transfer (alla quale Testa ha dedicato un’approfondita analisi), inizialmente proposta per evitare la distruzione di embrioni con la creazione di nuove forme di vita che occupavano una sorta di limbo: per taluni semplicemente embrioni difettosi, per altri manufatti tecnologici non assimilabili ad un organismo umano. La ricerca partì da una proposta di un membro del comitato etico nominato da George Bush, attorno alla metà degli anni Duemila. Ma mentre secondo Testa, che pure lo critica nel merito, lo sviluppo di quella tecnica è un esempio di come anche in biologia gli scienziati si trovano a rispondere sempre più alle necessità e ai valori espressi dalla società innestandoli nel proprio lavoro, non diversamente da come fa un ingegnere che progetta un ponte, Cattaneo cita un editoriale pubblicato all’epoca sulla rivista di medicina New England Journal of Medicine, che commentò lo studio parlando di “una relazione distorta fra scienza e politica”.
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(foto: A nascent retina, generated from a 3D embryonic stem cell culture di UCL News da Flickr)
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