Farmaci di origine biologica e biosimilari: quale livello di sicurezza per prodotti innovativi?
Strumenti regolatori per attuare una responsabile research and innovation agenda in campo farmaceutico.
La produzione di artefatti innovativi è, oggi più che mai, al centro delle attenzioni nelle politiche europee. Ricerca ed innovazione rappresentano un pilastro portante della strategia dell’Unione Europea finalizzata a creare una sostenibile ed inclusiva crescita affrontando, al contempo, le sfide sociali dell’Europa e del mondo. Il bisogno di avere un meccanismo nuovo per rispondere ai bisogni sociali in maniera responsabile, eticamente accettabile e sostenibile è, infatti, ben sintetizzato nel paradigma emergente dai recenti documenti strategici di programmazione europea, come la strategia di crescita per il prossimo decennio, c.d. Europe 2020 ed il programma quadro Horizon 2020. Si tratta del criterio di Responsible Research and Innovation (d’ora in poi: RRI) sintetizzato dal commissario europeo Von Schomberg quale «transparent, interactive process by which societal actors and innovators become mutually responsive to each other with a view on the (ethical) acceptability, sustainability and societal desirability of the innovation process and its marketable products (in order to allow a proper embedding of scientific and technological avances in our society). [Cfr.R. Von Schomberg 2011, 11. Si veda anche l’articolo Strengthening Responsible Research and Innovation].
L’ambizione di coniugare ricerca ed innovazione con prodotti innovativi socialmente sostenibili è particolarmente evidente in campo farmaceutico, laddove la RRI aumenta la possibilità di rendere gli investimenti più efficienti affrontando, allo stesso tempo, alcune delle grand challenges sociali, come la questione dell’accesso alle cure e della prevenzione dalle pandemie [cfr. vedi il documento di N. Chuberre e K. Liolis, 2010]. In questa prospettiva, l’Unione Europea ha intrapreso un ruolo leader nel promuovere la produzione di risorse efficienti basate su prodotti di origine biologica [Comunicazione (2009)442].
Anche i farmaci biologici sono oggetto di sviluppo. Naturalmente, come ogni artefatto si tratta di farmaci che racchiudono in sé un grado di rischio spesso ancora imprevedibile o difficilmente calcolabile. O meglio, oltre a quelli normalmente inerenti i prodotti farmaceutici, quelli di nuova generazione comportano anche tutti quei rischi dovuti all’applicazione di tecniche sofisticate derivanti dalle biotecnologie o altre tecnologie che li rendo unici sul piano dell’utilità e dei nuovi impieghi. Essi, infatti, rappresentano spesso una strada terapeutica, e quindi una possibilità di cura inimmaginabile fino a pochi anni fa ma, allo stesso tempo, si caratterizzano per il fatto che l’ordinamento deve predisporre un maggior numero di misure precauzionali, funzionali a garantirne un uso quanto più sicuro per il paziente [sul principio di precauzione si rinvia agli approfondimenti presenti nello stesso sito della Fondazione Bassetti]. Garantire un sistema di regole che possa rispondere alla sicurezza di questi utili artefatti rappresenta oggi un obiettivo centrale, funzionale al mantenimento degli elevati standard di salute garantiti dall’UE ed alla continuazione del processo innovativo di cui sono responsabili i diversi attori sociali coinvolti, tra cui non solo i politici, i diversi gruppi sociali ed i produttori ma anche i professionisti che intervengono nella relazione di cura e nell’impiego pratico di tali prodotti.
Farmaci biologici e biosmilari: la questione giuridica.
I farmaci ottenuti attraverso l’adozione di una o più biotecnologie, quali quella del DNA ricombinante, il controllo dell’espressione genica e gli anticorpi monoclonali, sono usati per trattare un’ampia gamma di malattie gravi e croniche, tra le quali il cancro, l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla [cfr. Documento EMA del 22.06.2007]. Si tratta di farmaci che possono rivelarsi efficaci in modo mirato e selettivo in relazione ad una singola struttura, recettore, proteina o sequenza di DNA dei pazienti, diventando, in tali ipotesi, le c.d. smart o target therapies realizzando un conseguente più efficiente impiego delle risorse pubbliche destinate dal Servizio Sanitario Nazionale [Massimino, 2013; e Guerra, in corso di peer review].
Il controllo di qualità dei principi attivi biologici richiede, a differenza di quelli ottenuti per sintesi chimica, non solo una serie di esami fisico-chimico-biologici, ma anche indicazioni sul processo di produzione: si usa, infatti, riferirsi ai farmaci biologici con l’espressione “the product is the process”, ciò significa che il processo produttivo determina l’unicità del prodotto [si veda il position paper di AIOM].
La delicata questione della sicurezza deriva, pertanto, dal fatto che, essendo i biologici molto più complessi rendono più critiche le varie fasi di produzione: la progettazione, il controllo di qualità e la vigilanza post-market.
Tuttavia, non tutti i biologici presentano le stesse questioni di sicurezza e gli stessi elevati costi di produzione. E’, infatti, doveroso segnalare un’importante distinzione al loro interno: vi sono tipologie di farmaci biologici che differiscono tra loro in modo rilevante a causa del diverso grado di complessità molecolare, tanto che si usa distinguere tra i biologici che sono già in commercio e quelli di prossima commercializzazione, aventi una struttura molecolare molto più complessa. Si tratta in quest’ultimo caso degli anticorpi monoclonali. Si pensi che mentre l’ormone della crescita è composto di circa 3.000 atomi, gli anticorpi monoclonali sono composti di circa 25.000 atomi.
Dal momento che i primi prodotti di origine biologica sono stati immessi nel mercato negli anni ottanta, la copertura brevettuale di alcuni di essi è appena scaduta, ovvero è di prossima scadenza. Circostanza questa, che ha motivato l’aumento delle richieste di autorizzazione per l’immissione in commercio di prodotti biologici con caratteristiche molto simili a quelli originali, denominati biosimilari.
Si utilizza il termine biosimilari e non l’espressione di biologici generici, per enfatizzarne l’impossibilità di replicare i biologici in copie perfette [si rinvia al recente articolo di cronaca apparso in The Wall Street Journal Europe del 28 febbraio 2013].
Secondo quanto riporta l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), nel Concept paper sui farmaci biosimilari del 1 agosto 2012, con il termine biosimilare viene indicato un medicinale simile ad un prodotto biologico di riferimento già autorizzato nell’Unione Europea, in relazione al quale è scaduta la copertura brevettuale [l’art. 10(4) della direttiva 2001/83/CE recepita in Italia con decreto legislativo n. 219 del 24 aprile 2006, e successive modifiche aveva già fornito una definizione implicita di prodotto biosimilare, cui si rinvia]. Proprio la similarità, in luogo dell’identicità, tra biologico c.d. “originator” e biosimilare è all’origine di tutti i dubbi, scientifici e giuridici circa la sostituibilità, questione fondamentale per la commercializzazione e l’impiego dei farmaci equivalenti [AIFA, Concept paper del 31.10.2012, disponibile sul sito Agenziafarmaco].
Le questioni aperte
La similarità tra farmaco biologico e biosimilare pone, di per sé, una serie di questioni concernenti il loro rapporto. Verrebbe, innanzitutto, da chiedersi: quanto “simile” dev’essere il biosimilare al biologico originator per legittimare la sostituzione?
Nel panorama europeo e straniero le principali questioni ruotanti intorno a tale rapporto potrebbero essere sintetizzate come segue:
(a) come valutare la comparabilità tra il farmaco biosimilare ed il suo prodotto di riferimento;
(b) come designare un farmaco biosimilare come intercambiabile con il prodotto originale di riferimento;
(c) come definire i livelli appropriati per i test per l’immonogenicità, la valutazione dei rischi e la farmacovigilanza dei biosimilari;
(d) come valutare se è opportuno nominare il biosimilare come l’originator;
(e) come capire se sia corretto, ai fini dell’approvazione di un biosimilare, estrapolare le indicazioni terapeutiche dal biologico di riferimento;
(f) qual’è la potenziale estensione delle informazioni dei farmaci biologici coperte da segreto industriale ai biosimilari
Con il prospettarsi di queste questioni, le autorità regolatorie si sono servite di strumenti di soft law. L’EMA, per esempio, al fine di “orientare” le industrie farmaceutiche, ha pubblicato dei c.d. concept paper e delle linee guida, periodicamente aggiornate e revisionate, in modo da uniformare il processo di autorizzazione alla luce delle informazioni emerse sulle caratteristiche e sugli aspetti critici propri dei farmaci biosimilari (si vedano le linee guida). I principi adottati dall’EMA per l’autorizzazione dei biosimilari sono volti a cercare un equilibrio tra la sicurezza del paziente ed il costante progresso della scienza.
A livello domestico, invece, la giurisprudenza amministrativa è il principale strumento di intervento e chiarimento delle questioni sopra elencate. Anche se bisogna tener conto che tutte le questioni affrontate ad oggi sono relative al rapporto tra biologici e biosimilari di prima generazione pertanto, probabilmente, il numero e la tipologia di interventi giurisprudenziali aumenteranno con l’entrata in commercio dei biosimilari degli anticorpi monoclonali per l’emergere di nuovi questioni. Molte delle questioni sono attualmente affrontate nel contesto del giudizio di legittimità e solo relative alla composizione dei lotti di gara da parte dell’azienda sanitaria per la fornitura di farmaci biologici [si rinvia a Massimino, 2012 anche per i riferimenti giurisprudenziali].
La regolamentazione europea
Come tutti i farmaci di origine biotecnologica, sia i biologici che i loro biosimilari sono sottoposti alla procedura di approvazione centralizzata: in base ai Reg. (CE) n. 726/2004 e Reg. 1394/2007, anch’essi sottostanno a regole severe di controllo per la necessità di dover gestire l’emersione di eventuali nuovi rischi.
L’iter di approvazione di un biosimilare, però, si differenzia dalle procedure europee previste per i farmaci generici a sintesi chimica, per i quali è sufficiente dimostrare l’equivalenza in ragione della loro perfetta replicabilità che la scienza farmaceutica può garantire. Proprio in virtù delle peculiarità descritte, oltre agli studi di biosimilarità clinica, le guidelines europee richiedono che si dimostri la comparabilità in termini di efficacia, sicurezza e le potenziali reazioni immunogeniche. Laddove vi fossero reazioni diverse, pur in presenza di un’asserita biosimilarità, sono richiesti studi approfonditi in merito al tipo, alla severità ed alla frequenza delle diverse reazioni.
In genere, si può notare che la Commissione Europea ha seguito l’orientamento di cautela espresso nei documenti di indirizzo dell’EMA, adottando la Direttiva di esecuzione 2012/52/UE della Commissione, del 20 dicembre 2012, comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro, in base alla quale sono state introdotte molte eccezioni per i farmaci biologici. Essa, per esempio, in punto di denominazione ha stabilito che i farmaci biologici facciano eccezione alla regola in base alla quale i prodotti medicinali devono essere indicati con la loro denominazione generica in modo da agevolare la corretta identificazione dei prodotti commercializzati nell’Unione sotto diverse denominazioni commerciali.
Sono molto significativi in questo senso anche i recenti interventi che autorizzano alcune tipologie di farmaci, tra i quali rientrano i biologici ed i biosimilari, richiedendo, però, ulteriori misure precauzionali durante il periodo di commercializzazione. Si tratta di una procedura europea, il cui iter è simile all’accelerated approval dell’Fda, in base alla quale l’immissione in commercio è autorizzata anche se non sono ancora disponibili tutti i dati normalmente necessari al regolare iter approvativo. Tale autorizzazione può essere rinnovata annualmente e prevede la presentazione dei dati aggiuntivi richiesti non appena disponibili [cfr. art. 14 par. 8 del Regolamento (ce) n. 726/2004; e del Regolamento (CE) n. 507/2006 della Commissione].
Vi sono, poi, altri recenti interventi, come l’art. 10 della Direttiva 2010/84/EU ed il Reg. 1235/2010 che stabiliscono ulteriori misure precauzionali per riconoscere, anche visibilmente, la confezione contenente farmaci soggetti a monitoraggio aggiuntivo. Si tratta di un triangolo nero rovesciato apposto sulla confezione e nel foglietto illustrativo (Reg. 198/2013. Si veda anche post successivo dedicato ai profili di responsabilità medica connessi ai farmaci biologici).
In sintesi, i principali capi saldi espressi nelle regole finora dedicate alla disciplina dei biosimilari sono i seguenti.
La biosimilarità. L’EMA ha richiesto studi analitici, clinici e non clinici al fine di rilevare differenze significative in termini di efficacia e sicurezza tra i biosimilari ed il prodotto originator, prima che il farmaco biosimilare sia approvato.
La comparabilità con il prodotto di riferimento. Il primo requisito che il farmaco biosimilare deve rispettare è quello di riferirsi ad un farmaco biologico che ha già ottenuto l’autorizzazione per il mercato europeo ai sensi dell’art. 8 della Direttiva 2001/83/EC. L’insieme della serie di procedure di confronto, di cui si deve far carico l’industria farmaceutica che aspira a commercializzare un biosimilare deve avere come riferimento un farmaco biologico originator già autorizzato in UE. Altri studi riferiti a farmaci non autorizzati nel mercato europeo possono servire solo come informazioni di supporto.
Dati clinici ed analitici. Premettendo che vi è ormai piena consapevolezza che prodotti biologici simili possono avere un grado di sicurezza ed efficacia diverso, le disposizioni europee richiedono una rigorosa valutazione delle caratteristiche fisico-chimiche e delle proprietà dei prodotti. L’iter di registrazione dei biosimilari è molto diverso da quello dei farmaci equivalenti, per i quali è sufficiente presentare ulteriori risultati circa gli studi di bioequivalenza e degli studi di comparabilità. Oltre agli studi di similarità clinica, le guidelines europee richiedono che si dimostri la comparabilità in termini di efficacia, sicurezza e le potenziali reazioni immunogeniche. Laddove vi fossero reazioni diverse, pur in presenza di un’asserita biosimilarità, sono richiesti studi approfonditi in merito al tipo, alla severità ed alla frequenza delle diverse reazioni. Per questo, in molti casi, si rende necessaria una maggior fase di sorveglianza post-market.
Intercambiabilità. Si riferisce al fatto che il biosimilare possa essere sostituito con il prodotto di riferimento senza il consenso del medico. Nell’UE la concessione dell’intercambialità ai biosimilari è lasciata agli Stati membri, i quali, nella maggior parte dei casi hanno limitato la sostituzione automatica, ad opera dell’ente acquirente o del farmacista, ossia senza il consenso del medico. Anche l’AIFA ha adottato questo orientamento non includendo i medicinali biosimilari nelle liste di trasparenza che consentono la sostituibilità automatica [si veda l’art. 13-bis della Legge 221/2012 (Decreto Sviluppo) che modifica la Legge 135/2012].
Denominazione e Labels. L’identificazione del prodotto è molto importante ai fini di mantenere la sicurezza del paziente. L’EMA non ha ancora una regola specifica che imponga una denominazione unica per i biosimilari. Le linee guida dell’ONU promuovono, invece, l’uso di nomi specifici che identifichino chiaramente i biosimilari. La questione del label, invece, e cioè se sia appropriato che il prodotto biosimilare abbia la stessa etichetta del biologico di riferimento, è ancora aperta [Si rinvia al sito del World Health Organization].
Sicurezza e farmacovigilanza. La vigilanza post-market è di fondamentale importanza per garantire la sicurezza del paziente, poichè tutti i prodotti biologici possono potenzialmente causare problemi di interazione con la risposta immunitaria dell’organismo. Per questo motivo gli studi preclinici sono generalmente insufficienti per identificare le possibili reazioni avverse.
La farmacovigilanza si rivela ancor più importante nella valutazione dei farmaci biologici di seconda generazione e degli eventuali biosimilari di questi ultimi. I ritrovati più recenti hanno, infatti, scopo curativo, non più meramente di supporto ad altre terapie. Peraltro, la letteratura scientifica ha già sottolineato la presenza di una forte criticità metodologica nell’ambito della valutazione della similarità tra farmaci biologici di anticorpi monoclonali e i rispettivi originators [Reicher, 2011]. Ciò motiva la necessità di un più serrato controllo, in grado di poter fornire un immediato feedback al medico. Quest’ultimo, infatti, opta per l’utilizzo di farmaci biologici di seconda generazione, talvolta ancora soggetti all’immissione in commercio condizionata, proprio in casi clinici molto critici. Si pensi ai casi oncologici ed a circostanze, cioè, in cui intraprendere una strada terapeutica esclude la possibilità di poter utilizzare altre soluzioni nell’ipotesi in cui la prima non dia la risposta sperata.
Sicurezza: sintesi di onesta e responsabile collaborazione tra gli attori sociali coinvolti
Le preoccupazioni relative alla sicurezza dei farmaci biologici richiedono di essere affrontate con responsabilità attraverso azioni regolatorie, probabilmente destinate ad aumentare sempre più con l’entrata in commercio dei farmaci biosimilari dei biologici più complessi e cioè gli anticorpi monoclonali.
La prontezza della risposta europea in materia ha fatto si che il modello regolatorio predisposto alla nostra latitudine sia diventato un modello ispiratore per molte altre aree geografiche e per organi internazionali [v. Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale, ad esempio, nel tracciare le recenti linee guida per le autorità nazionali si è ispirata ai principi espressi proprio nella normativa europea].
Si tratta di un modello sviluppatosi attraverso un considerevole utilizzo di strumenti di soft law e di procedure di consultazione pubblica, il quale ha permesso di creare le condizioni di dialogo e di confronto tra i soggetti coinvolti nella loro commercializzazione ed impiego al fine di
(i) non regolamentare i biosimilari attraverso le procedure previste per i farmaci equivalenti a sintesi chimica e di
(ii) introdurre i necessari caveat per distinguere i farmaci biologici originator dai relativi biosimilari (si vedano, per esempio, i risultati della una recente consultazione pubblica promossa dalla Commissione Europea in merito all’adozione del blacksymbol).
Queste scelte confermano che l’adozione di misure precauzionali non è più interpretata come un segnale di soffocamento dell’innovazione ma, al contrario, come uno strumento per incoraggiarla. Ciò avviene anche grazie ad un’aumentata consapevolezza circa il fatto che l’incertezza scientifica caratterizza soprattutto ambiti in cui i rischi emergenti sono intrinseci alla tipologia di prodotti o al procedimento di produzione.
L’adozione di misure precauzione sulla base dei primi, fondati, segnali di pericoli, porterebbe a correggere o indirizzare tempestivamente l’azione regolatoria verso aspetti di cruciale importanza, al fine di evitare, o quanto meno limitare, danni alle persone o all’ecosistema e di incoraggiare, al contempo, la continuità nella produzione innovativa [EEA Report, 2013].
Bibliografia
– AIFA, I farmaci biosimilari. Concept paper del 31.10.2012 disponibile nel sito di Agenziafarmaco
– Chuberre N., Liolis K., 2010 Isi Contribution to Grand Societal Challnges. European Technology Platform.
– Comunicazione della commissione, Rivedere la politica comunitaria a favore dell’innovazione nella prospettiva di un mondo che cambia, Bruxelles, 2.9.2009 COM(2009) 442 def.
– Commissione europea, direttiva di esecuzione 2012/52/ue del 20 dicembre 2012 comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro, in G.U. L. 356/68 del 22.12.2012
– Commissione europea, Reviewing Community innovation policy in a changing world, COM(2009)442 final
– Direttiva 2010/84/ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2010 che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, in G.U. L 348/74 del 31.12.2010
– Documento EMA del 22.06.2007 sul tema del biosimilari (prodotti medicinali biologici simili), reperibile sul sito di EMA
– European Environmental Agency, Late Lessons form early warnings: science, precaution, innovation, report 1/2013
– Guerra, La tutela della libertà terapeutica nella prescrizione di medicinali: spunti di analisi comparatistica sul caso dei farmaci biologici e biosimilari. In corso di peer review per la rivista “Salute Persona Cittadinanza”.
– Massimino 2012. Farmaci biologici e biosimilari e tutela della salute e della concorrenza. In Diritto industriale, Milano:Ipsoa, 328.
– Massimino 2013. La responsabilità nella prescrizione dei farmaci tra scienza, coscienza e condizionamenti normativi. In Danno e resp., Milano:Ipsoa, 5.
– Regolamento (ce) n. 1394/2007 del parlamento europeo e del consiglio del 13 novembre 2007 sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004, in GUCE L. 324/121 del 10.12.2007.
– Regolamento di esecuzione (ue) n. 198/2013 della commissione del 7 marzo 2013 relativo alla selezione di un simbolo che identifichi i medicinali per uso umano sottoposti a monitoraggio supplementare, in G.U. L 65/17 del 8.3.2013.
– Regolamento (CE) n. 1394/2007 sui medicinali per terapie avanzate in G.U. L 348 del 31.12.2010
– Regolamento (CE) n. 507/2006 della commissione, relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del parlamento europeo e del consiglio, in GU L 92 del 30.03.2006, 6
– Regolamento (ce) n. 726/2004 del parlamento europeo e del consiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali in GU L 136 del 30.4.2004, 1.
– Regolamento (ce) n. 726/2004 del parlamento europeo e del consiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali, in GU L 136 del 30.4.2004, 1.
– Regolamento (UE) n. 1235/2010 del parlamento europeo e del consiglio, del 15 dicembre 2010, che modifica, per quanto riguarda la farmacovigilanza dei medicinali per uso umano, il regolamento (CE) n. 726/2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali
– Reichert 2011. Next generation and biosimilar monoclonal antibodies. Essential considerations toward regulatory acceptance in Europe. In Landes Bioscence, 3, 223.
(continua)
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(foto: Xplore Health 4 di =mc2 da Flickr)
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