Quando penso ad Arduino sento i confini allargarsi. Ecco cosa intendo:
Arduino si pone in zona nevralgica rispetto a molte innovazioni. A livello globale. Se si inizia a parlare di Arduino si finisce per discutere di economia, di globalizzazione, di stampa 3D, makers, diritti d’autore e open source, comunità, storia industriale, artigianato… insomma non si finisce, i confini sono aperti.
Dal sito arduino.cc : “Arduino is an open-source electronics prototyping platform based on flexible, easy-to-use hardware and software. It’s intended for artists, designers, hobbyists, and anyone interested in creating interactive objects or environments.”
Parlando di Arduino si parte da Ivrea, si fa un passo indietro fino ad Olivetti e, come lanciati da una fionda, si finisce al futuro. Perché è ad Ivrea che Massimo Banzi ha cominciato, nel 2002, a sviluppare il progetto Arduino, stimolato dalla necessità di offrire ai suoi studenti strumenti semplici per progetti complessi. Ma Ivrea ora fa parte del racconto, Arduino è acquisito da una comunità globale di persone che progettano e realizzano. Una comunità fatta di appassionati ma anche di imprenditori, di artisti e designer. Aperti i confini sul fare, minimizzati i confini tra le discipline.
Leggendo l’intervista a Banzi pubblicata da Linkiesta si trova conferma di quanto sto dicendo: come un vero proprio hardware, su Arduino incrociano molti dei fenomeni che si stanno proponendo come innovazioni globali sul fronte della produzione di oggetti.
Si incrociano ad esempio le idee di Stefano Micelli espresse in “Futuro artigiano“, il ripensamento e la riconsiderazione del ruolo dell’artigiano in Italia e all’estero; la grande differenza e, ancora, l’apertura dei confini.
Si innesta a livello hardware ma anche di logica di mercato, con le stampanti 3D che, grazie al liberarsi di alcuni brevetti, al basso costo dei componenti e anche all’uso di Arduino si offrono come nuova frontiera delle dinamiche di produzione.
Si specchia, con la sua comunità, con il movimento dei makers (ben descritto da Chris Anderson), intrecciandosi saldamente.
Tutto questo con un oculato e sapiente uso delle licenze Creative Commons, dell’open source e dei sistemi tradizionali di copyright. Il nome Arduino è protetto per permettere di riconoscere cosa è Arduino e cosa no, il resto è open source condivisibile nelle varie forme date dalle licenze che anche noi utilizziamo in questo sito. Anche qui i confini si allargano e permettono la massima condivisione del sapere e del fare.
Le grandi produzioni sono un’altra cosa, ma in un paese come il nostro, dove le piccole aziende e l’artigianato industriale hanno un ruolo importante nel tessuto produttivo ed economico, è un fenomeno che va considerato attentamente. Eppure Arduino è decisamente più conosciuto all’estero che presso di noi.
Qui sotto il talk di Massimo Banzi al TEDglobal 2012: Come Arduino rende open-source l’immaginazione.
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(Foto: arduino Uno mega di yourbartender da Flickr)