L’impegno per l’accesso libero alle pubblicazioni scientifiche da parte di Aaron Swartz è stato ricordato dalla rete in un tributo alla sua morte, avvenuta qualche giorno fa. Anche noi non vogliamo dimenticare quanto Aaron ha fatto per l’open science, l’open access e il diritto all’informazione.
Il seguente articolo è stato pubblicato in forma di Storify.
Scriviamo da tempo sulle pagine del sito della Fondazione Giannino Bassetti di open access e open science, e in generale dei movimenti di open culture e di open civic actions, perché segni inequivocabili di una spinta che parte dal basso, cioè dai cittadini, per liberare l’informazione (in tutte le sue forme) e la cultura e il loro accesso ad esse.
Leggiamo questi processi in continua evoluzione come momenti di innovazione intrinsecamente responsabile, il cui innesco parte da attivisti civici, che nella maggior parte dei casi trovano nella rete il canale più congeniale per il confronto e la condivisione di idee e strumenti. Processi dall’impatto dirompente, tanto da spingere negli ultimi mesi le istituzioni di tutto il mondo ad abbracciare e, in alcuni casi, promuovere dall’alto, con scelte politiche e di governance, l’accesso libero a set di dati prodotti dalle pubbliche amministrazioni (open government e opendata) o a pubblicazioni scientifiche che derivano da ricerche finanziate con fondi pubblici (open science e open access).
Innumerevoli persone contribuiscono ogni giorno a costruire e diffondere in tutto il mondo gli strumenti attraverso cui la cultura, la ricerca e l’informazione possano essere libere, accessibili e condivisi da tutti. Ma ci sono singoli cittadini, attivi e attivisti, che più di altri incarnano l’essenza dell’open culture. Alcuni sono esperti di diritti civili, altri sono geek, altri sono giornalisti o attori dell’informazione. E molti racchiudono diverse di queste sfaccettature nei loro gesti diventando punti di riferimento per tutte le comunità che si riconoscono nel principio dell’accesso libero.
Una di queste persone era Aaron Swartz.
Coder per vocazione, attivista per natura, nella sua breve vita terminata dal suicidio, il "ragazzo geniale" ha trascorso maggior parte del suo tempo leggendo e programmando, costruendo cybercose che avrebbero migliorato il mondo in cui viviamo, come racconta chi lo ha conosciuto bene.
Per esempio, Lawrence Lessig, professore di diritto esperto in diritto d’autore e direttore dell’Edmond J.Safra for Ethics ad Harvard, amico, ex avvocato e suo mentore (Aaron era un suo fellow). Nel 2001, insieme a Lessig, allora a capo del Center of Internet and Society,ha iniziato a mettere concretamente in piedi il progetto sulle licenze Creative Commons (CC).
Le licenze CC hanno lo scopo di aprire ed estendere il diritto d’autore di opere intellettuali alla condivisione e alla diffusione, con vari gradi, preservando il solo riconoscimento della parternità (attribuzione) dell’idea.
L’idea dei CC ormai è ampiamente diffusa e utilizzata per diversi prodotti d’autore (anche il sito della Fondazione Bassetti è interamente sotto Creative Commons) e ha rivoluzionato il modo di concepire e usufruire la produzione intellettuale.
Nel 2000, Aaron era già stato co-autore della specifica RSS (RDF Site Summary o Real Symple Syndication) il formato per la distribuzione dei contenuti web, basato su XML, nella versione 1.0, affermandosi come uno dei più giovani geek talentuosi.
Inizia quindi un periodo di produzione continua di architettura informatica, partecipando alla creazione di start-up e collaborando al miglioramento al sito di social news (un vero e proprio social network di condivisione di news) Reddit, a cui è approdato Barack Obama per un confronto con gli utenti nella sua ultima campagna elettorale.
Ma il vero impegno da cyberattivista degli ultimi anni di Aaron è stato sull’accesso libero all’informazione come diritto civile, fondando Demand Progress.
La battaglia per l’open access è stato lo scontro più grande che Aaron ha dovuto combattere, anche per vie legali. Fervente sostenitore dell’open science, ha scritto anche un Guerrilla Manifesto, recentemente tradotto collettivamente in italiano.
(Da twitter: Andrea @AubreyMcFato : @demartin qui abbiamo tradotto il manifesto guerrilla #openaccess di Aaron Swartz. docs.google.com/document/d/… #pdftribute )
Proprio un anno fa, ai primi di gennaio 2011, Aaron Swartz veniva arrestato per essere entrato all’interno della repository americana Jstor, accessibile dietro pagamento, attraverso un computer del MIT e aver scaricato un’enorme quantitativo di papers scientifici. Il reato contestato è di aver violato l’accesso perché in quanto fellow di Harvard non poteva entrare in Jstore con credenziali MIT (tutte le università forniscono accesso gratuito a riviste e repositories di pubblicazioni scientfiiche a pagamento ai propri studenti e ricercatori) e soprattutto di essersi impossessato di articoli scientfiici per una presunta successiva pubblicazione o una presumibile ‘rivendita’ degli articoli. In pratica, veniva richiesta una pena di 35 anni di reclusione più il pagamento di una cifra spropositata come risarcimento.
Il rilascio dietro cauzione aveva fatto tornare in libertà Aaron in attesa del processo, ma da più parti il processo era stato dichiarato da molti assurdo e sproporzionato per un ragazzo di 26 anni incensurato per dei reati presunti e non commessi, se non quelli di accesso illegale a Jstor.
La tragedia ha posto fine al processo, su cui ancora si discute molto, anche in collegamento del gesto di Aaron. Ma quello che più conta in questa vicenda è il lascito che questo ragazzo prodigio dell’informatica ha consegnato alla comunità della rete e non solo.
Lessig, lo ha ricordato criticando aspramente il sistema giudiziario americano di cui Aaron si è sentito vittima e probabilmente capro espiatorio per tutti coloro che combattono per l’open access.
Ethan Zuckerman, direttore del MIT civic center for media, ne ricorda i lati personali, da quelli più spigolosi a quelli che lo hanno reso così popolare, come la passione per la lettura.
Tim-Berners Lee, padre del world wide web, invece parla alla comunità del web in una breve lettera commossa ricordandolo come un hacker per i diritti civili.
Ma proprio gli abitanti della casa di Aaron, la rete, gli hanno tributato l’onore che forse avrebbe potuto gradre di più: in un appelo spontaneo e collettivo, a poche ore della notizia della sua morte, gli utenti di twitter hanno postato le proprie pubblicazioni scientifiche in formato pdf usando l’hashtag #pdftribute, creando una serie lunghissima di storie concatenate in onore di Aaron.
L’impegno di Aaron Swartz per l’openscience e i diritti civili avrà ancora un’eco molto grande e forse l’esperienza che ha lasciato riuscirà ad insegnare ai cittadini di tutto il mondo, furoi e dentro la rete, a rendere il mondo migliore, così come Aaron avrebbe desiderato.
ADDENDUM per chi volesse saperne di più sull’open science. Qui di seguito alcuni articoli pubblicati sul sito della Fondazione Bassetti.
Ho scritto in prima persona di open science a partire dalla "rivoluzione", soprannominata dai media ‘primavera accademica’ e portata avanti dalla comunità scientifica, in primis quella statunitense, nei primi mesi del 2012 per boicottare una delle più grandi case editrici di journals scientifici che basano il loro business sull’accesso ai papers dietro pagamento.
"Primavera accademica?"
Ho poi raccontato come le istituzioni stiano incamerando il concetto di open science, declinandolo secondo le proprie scelte politiche e di governance. Da una parte l’Unione Europea, e in particolare la Commissione, sta lavorando su più fronti per permettere un accesso libero per chiunque ai lavori di ricerca finanziati dalle istituzioni europee.
Opening European Science
Dall’altra, anche il Regno Unito sta tentando di rinnovare la sua credibilità in campo scientifico anche attraverso scelte politiche che portano verso l’accesso aperto.
Open Science: London Calling.
(Immagine: il simbolo delle Licenze Creative Commons)